Gli Usa: «Pronti a colpire l'Iraq»
Gli Usa: «Pronti a colpire l'Iraq» GOLFO PERSICO Ma per Aziz «Baghdad non teme la guerra, non è peggio di quest'embargo infinito» Gli Usa: «Pronti a colpire l'Iraq» lì Pentagono:con o senza Vautorizzazione Onu BAGHDAD. Ancora una volta, Saddam Hussein sfida il mondo. L'Iraq - ha detto il vicepresidente Taha Yassin Ramadan non solo «non intende revocare la sua decisione» di non cooperare più in alcun modo con gli ispettori dell'Orni, «ma la manterrà finché non sarà revocato l'embargo» internazionale che gli fu imposto nel 1990, dopo la sua invasione del Kuwait. A rendere più esplicita la determinazione irachena è intervenuto anche il vicepremier Tareq Aziz, secondo cui Baghdad «non teme reazioni né minacce» di attacchi militari, «perché nulla può essere peggio della situazione attuale». Di più. Ramadan ha detto con forza che la leadership irachena «respinge le dichiarazioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu», che in una riunione di emergenza, la notte scorsa, aveva condannato all'unanimità la decisione di Baghdad. Per lanciare le sue dichiarazioni di sfida Ramadan ha scelto come podio la cerimonia di inaugurazione della 31a Fiera internazionale di Baghdad, cui partecipano centinaia di aziende e funzionari venuti da numerosi Paesi della regione e del mondo desiderosi di tornare a fare affari in Iraq. Ma l'Iraq, ha scritto il quotidiano al-Thawra, «non abbandona i suoi impegni, non chiude la porta in faccia all'Onu». Baghdad «ha dato al Consiglio un'altra occasione di ripensare il suo atteggiamento, per prendere una posizione nella legalità e in libertà dalle pressioni americane». E anche Ramadan ha precisato che gli ispettori dell'Unscom (la commissione Onu incaricata di verificare il disarmo iracheno) non devono andarsene e che le telecamere di controllo che hanno messo in siti militari e industriali non debbono essere rimosse. Infatti le telecamere «funzionano normalmente», finora «non abbiamo avuto alcun problema», ha detto il direttore del centro di sorveglianza dell'Onu a Baghdad, Nils Carlstrom, il quale ha aggiunto che, se le apparecchiature si guastassero, i tecnici sono autorizzati a ripararle. L'Unscom ha reso noto che gli ispettori rimmarranno in Iraq sperando che Baghdad revochi la sua decisione e si possa tornare al lavoro. Richard Butler, IL direttore dell'Unscom di cui Baghdad chiede il licenziamento, ha definito «sciocchezze» le accuse mossegli dall'Iraq di essere una spia degli americani e degli israeliani. Gli Usa non sono accomodanti. Il segretario alla Difesa William Cohen ha accorciato il suo attuale viaggio in Asia per tornare a Washington dove ha fatto capire che comportandosi in questo modo l'Iraq si espone al rischio di una reazione militare americana. «Cominciamo ad averne abbastanza di Saddam Hussein» ha detto il responsabile del Pentagono, aggiungendo che qualsiasi iniziativa contro l'Iraq normalmente deve essere concordata con gli alleati e l'Onu, ma ha concluso: «Noi possiamo anche agire da soli». E anche la Russia, che da tempo all'Onu auspica con Francia e Cina una politica di apertura verso l'Iraq, ha affermato ieri che l'atteggiamento di Baghdad «rischia di mettere a repentaglio gli sforzi per risolvere il problema iracheno, perché viola gli accordi raggiunti tra il segretario generale dell'Onu e l'Iraq», accordi che a febbraio riuscirono all'ultimo momento a scongiurare un attacco militare Usa all'Iraq. Il vice premier Tareq Aziz ha però negato che la decisione di Baghdad sia una violazione di quegli accordi e in una intervista alla tv americana «Cnn» ha ribadito la posizione irachena, secondo cui l'Unscom «non è un organismo imparziale» (perché controllato dagli Stati Uniti), è «un covo di spie» e deve essere «totalmente riformato». Ma una riforma dell'Unscom, il cui giudizio è fondamentale per la revoca dell'embargo all'Iraq, appare molto improbabile, e forse anche per questo Aziz ha affermato che quest'ennesima crisi tra Onu e Baghdad «non può essere risolta in 24 ore». [Ansa]
Persone citate: Aziz, Nils Carlstrom, Richard Butler, Saddam Hussein, Taha Yassin Ramadan, Tareq Aziz, William Cohen
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