«Legge elettorale, si può cominciale» di Antonella Rampino

«Legge elettorale, si può cominciale» Il ministro per le Riforme: sono indispensabili al Paese, e nessuna parte politica può ignorare l'altra «Legge elettorale, si può cominciale» Amato: apprezzo la posizione del Cavaliere ORVIETO DAL NOSTRO INVIATO Tra il recupero dell'idealità e dei valori, mentre dal palco dei «Riformisti al governo dell'Europa» si alza più di una voce a non abbandonare il Welfare, che ormai nel Vecchio Continente è assunto come idea stessa della democrazia, Giuliano Amato resta padrone della scena. E mentre si smobilita il Palazzo del capitano del Popolo, mentre i papers dei relatori vengono rinfoderati nelle cartelline, per la prima volta accetta di calarsi nei panni, da poco assunti, di ministro per le Riforme Istituzionali. E, dunque, commenta l'apertura di Berlusconi sulla legge elettorale. Una posizione che forse da Amato era attesa, perché già nei contatti informali avuti nei giorni scorsi, dal Polo erano giunti segnali di disponibilità. «Ho molto apprezzato la posizione di Berlusconi, il Paese ha bisogno di una legge elettorale che stabilisca nuove regole, e nessuna parte politica la può fare ignorando l'altra» ha detto il ministro, ricordando però che era stato D'Alema a fare il primo passo verso Berlusconi in questa materia, e sottolineando che «il leader del Polo si limita ad indicare il fine della legge elettorale, e su questo siamo tutti d'accordo». Essa è d'uopo perché «serve in ogni caso a rafforzare il bipolarismo, sul quale mi pare vi sia un consenso generale: il punto è come ci si arriva». E poiché nel suo intervento a chiusura del convegno Amato aveva infilzato i referendum, «uno strumento che rischia di diventare espressione di un rapporto tra istituzioni e società che non mi convince», molti hanno letto in quella frase un velato attacco al quesito a favore del sistema maggioritario uninominale di Segni e Di Pietro. Niente affatto, ha precisato il ministro per le Riforme Istituzionali: «Se si farà la legge o se si procederà al referendum dipenderà dai tempi e dalle circostanze». Ma per U momento, a parte il viatico di D'Alema e Berlusconi, «non ci siamo dati ancora i tempi per trovare un accordo», né è ancora chiaro attraverso quali modalità si potrà procedere. Per il resto, l'ex presidente del Consiglio che ha spianato la via del risamento dei conti pubblici, il riformista a tutto tondo che da Orvieto ha dettato alla nuova sinistra la sua agenda di governo, allargandone anche gli orizzonti all'Europa, ha ribadito nell'ultimo intervento del convegno alcuni punti forti. Il ritorno alla politica, innanzi tutto: «Anche la sinistra è caduta nell'ubriacatura della società civile virtuosa che sa da sé cosa è bene fare, purché svincolata dalla politica che è cosa impura». Questo è «pericoloso populismo», ha detto Amato, consigliando alla nuova sinistra di far proprio un insegnamento della vecchia: «L'impegno collettivo». E comunque, la nuova sinistra di governo deve sapere che essere al timone di 13 Paesi europei su 15 non deve farla riposare sugli allori, e adagiarsi sui festeggiamenti, «piuttosto, abbiamo di fronte un compito immane, e i rischi enormi che comporta un'enorme opportunità storica». Amato parlava a braccio, e come sempre in questi casi il Dottor Sottile cede il passo all'oratore che addenta l'uditorio con'immagini vivide. La sfida enorme è quella di un'Europa davvero politicamente unita, «sennò continuerà a succedere come in Macedonia, dove in un sol giorno sono arrivati 13 politici di 13 nazioni diverse, ognuno portatore di un'idea diversa d'Europa: se non li hanno rimandati indietro in gommone, è perché i gommoni avevano ben altro da fare a Valona». Poi, Amato è tornato su un punto che reputa strategico nella nuova agenda della politica. Riprendendo un passaggio della collega di governo Livia Turco, ha rilanciato l'idea di una donna al Quirinale. «Io non ho proposto un coleottero come Capo dello Stato. Nessuno è mai stato contrario come me alle quote, ma vedo invece che esse servono, perché la quota strutturale è al cento per cento maschile». Amato ha bacchettato i leader politici, dà sempre restii, e «i mass media, complici collusivi e vilmente silenziosi». Perché i mezzi di comunicazione di massa, «prevalentemente nelle mani di maschi, non mettono al muro i leader politici maschi chiedendo loro se sono d'accordo a mandare una donna al Quirinale, pungolandoli fino a costringerli a rispondere?». Amato incastona questa proposta nella necessità che la politica ha di stringersi alla società, anche per evitare il rischio di «essiccarsi con grande rapidità in ragione delle esperienze di governo». Perché questa esperienza non si ripeta, il contributo delle donne è indispensabile. Ma abbiamo dei nemici, ha detto Amato: «Nel sindacato, un sindacato di maschi che si occupa solo dei lavoratori maschi, e non tiene mai presenti le esigenze delle donne». Perché le donne hanno diritto di lavorare, hanno diritto di essere madri, e hanno diritto di avere il tempo di occuparsi di politica. Senza di loro, ha ammonito, la politica corre il rischio di arrendersi al proprio sradicamento dalla società. Quello sradicamento di cui soffre anche Botteghe Oscure: «Come si fa a dire di aver aspettato cinquantanni per andare al governo, quando non si è più comunisti da tre?». Antonella Rampino «Sul bipolarismo mi pare ci sia consenso unanime ma il punto ora è come arrivarci» L'ex premier insiste «Mi piacerebbe vedere unadonna al Quirinale» «Anche il sindacato è ancora troppo maschilista Siamo poco radicati nella società» Il ministro per le Riforme Giuliano Amato

Persone citate: Berlusconi, D'alema, Di Pietro, Giuliano Amato, Livia Turco

Luoghi citati: Europa, Macedonia, Orvieto, Vecchio Continente