Jovanotti: ho cuore di nomade ma voglio essere un bravo papà

Jovanotti: ho cuore di nomade ma voglio essere un bravo papà Il cantautore: «Teresa sarà il mio regalo di Natale, ma per ora non penso al matrimonio» Jovanotti: ho cuore di nomade ma voglio essere un bravo papà ARRIVANO nel cortile del cinema Orione di Roma due pulmini, ne scendono lo scrittore cileno Luis Sepùlveda e Jovanotti. Sono stanchi, dopo il viaggio di otto ore da Milano. Li aspetta un gruppo di ammiratori. Jovanotti si dirige verso il palco del teatro con un cappellino in testa, un giubbetto nero, una camicia azzurra con le maniche corte, pantaloni kaki, e presenta ai ragazzi della sua città il suo nuovo libro «Il grande Boh!», pubblicato da Feltrinelli. Lei ha appena presentato il suo libro a Roma. Che effetto le fa? «La cosa che mi fa più effetto è che tra il pubblico c'era mio padre. Io ho molta forza all'esterno, ma davanti a mio padre è un po' diverso». Suo padre è un uomo severo? «Decisamente sì». Oggi è contento di se stesso? «Penso di sì. Credo che la sua severità fosse accompagnata da molto amore, forse troppo. Ma oggi tutto è stato perdonato». E la mamma? «E' rimasta a casa a cucinare, perché andiamo tutti a mangiare da lei. Lei è la meno severa». Quanti siete? «Tre maschi e una femmina. Devo dire che una volta parlavamo poco, ma ora si parla molto di più». Ci saranno i suoi fratelli? «Mancherà solo mio fratello grande, l'unico di noi che è sposato». Lei sta aspettando una figlia. «Si chiamerà Teresa». E' vero che se fosse stato un maschio avrebbe voluto chiamarlo Finocchio? «Sì, ho chiesto se era possibile, ma in fondo era uno scherzo. E così ho chiamato Pinocchio il mio cane. Io vorrei essere Pinocchio». E' bugiardo come Finocchio? «Sì. Con le bugie credo di mettere a posto le cose, ma mi scoprono subito. Le mie bugie hanno le gambe corte. In fondo, sono sempre stato un inventore di storie, un affabulatore». Ma la realtà le piace? «Non è importante se mi piace, essendo tale. Bisogna affrontarla» Che cosa non le piace? «Non mi piace non avere una via d'uscita. Io ho un lato del carattere positivo, costruttivo». Per mettere alla prova la sua volontà, lei fa viaggi difficili, da solo, in Patagonia e in Africa. «Sì, sono ricerche di un po' di senso eroico ed epico, in un'epoca che non compie più gesti epici. L'epica è solo nei film, all'acqua di rosa. Una volta gli uomini partivano, andava no in guerra. Io appartengo a una generazione con troppi ma. Il servi zio militare oggi non ha più senso, o ne ha sempre meno». Ha fatto il servizio militare? «Sì, ho fatto l'artigliere. Sono stato in un carro armato e non aveva senso. Io però non sono nemmeno d'accordo con il servizio civile. Credo che ci sia bisogno di volontariato, però bisognerebbe retribuirlo». I giovani, i suoi fans, li ama? «Sì. Sento gratitudine verso il mio pubblico e grazie al fatto che mi sta a sentire ho potuto pubblicare un libro». Si sente più scrittore o cantautore? «Mah, sono un cantante che scrive le pai-ole delle canzoni. Ho delle cose da dire, e quando ho da dirle le esprimo». E' diverso presentare un libro o fare un concerto? «Sì, perché per presentare un libro si improvvisa, mentre il concerto è lo spettacolo già organizzato. Direi che è una celebrazione, un rito, con le sue pratiche». Essere un idolo che effetto le fa? «Non fa effetto. Con questa idea con ho nessun rapporto». Si definirebbe un bravo ragazzo? «Non so che cosa vuol dire. Io non rassicuravo la mia famiglia, quando vivevo in casa. Lavoravo in discoteca tutta la notte, frequentavo cattive compagnie fino all'alba. Dopo, però, ho rassicurato la mia famiglia perché sono andato a vivere fuori casa ed è andato tutto bene. Direi che io non sono la persona adatta per parlare del disagio giovanile. Ho avuto troppa fortuna. Però mi con sidero un osservatore». Che effetto le fa essere sul punto di avere una figlia? «E' una cosa meravigliosa. Nascerà prima di Natale e sarà il mio regalo». Non si sposa? «Non abbiamo ancora avuto il tempo di farlo. Non voglio assolutamente fare un matrimonio riparatore. Perché Francesca e io siamo più che sposati: viviamo insieme da oltre quattro anni». Dove? «Tra Forlì e Milano. A Forlì ho il mio studio di registrazione». Le recensioni di Edoardo Raspelli questa settimana non vengono pubblicate. Ci scusiamo con i lettori Come Bruce Chatwin si considera un nomade? «Sì. Sono un suo grande ammiratore. Ma devo dire che molti uomini sono nomadi». Che cosa vuol dire essere nomade? «E' semplice: un uomo sta in riva al fiume o si muove. Deve scegliere. Io sono uno che si muove e ritengo che il movimento sia necessario». Vorrebbe essere un cantante inglese o americano? «Certo, avrei più possibilità di farmi sentire nel mondo. Ma devo dire che il mio ultimo disco ha avuto successo anche in altri Paesi, come in Germania e in Sudamerica. E forse farò un disco in spagnolo». I ragazzi sono diversi da un Paese all'altro? «Hanno un elemento che li accomuna: vivere in un mondo tecnologico. E poi hanno la musica, che è il loro linguaggio preferito». Lei che difetti ha? «Sarebbe poco carino che li dicessi io. Però devo dire che so di essere distratto, confusionario e forse non ho abbastanza determinazione». E' religioso? «Sono religioso, sì. Ma tra qualche anno potrò rispondere meglio a questa domanda, perché per il momento non posso dire di avere una posizione definitiva». Dà molta importanza al sacro. «E' vero. Il sacro è la cosa oltre la cosa. Nel sacro mi perdo». Che cosa le ispira il Papa? «Mi sembra il grande nonno di fine millennio. Un uomo che urla a un mondo che non lo sente». Ha sempre scritto le sue canzoni? «Sì. Le mie canzoni nascono sempre dopo moltissimo lavoro». Ha letto molti libri? «Quando facevo il dj non avevo l'esigenza di leggere, ma poi un giorno ho letto il "Siddartha", che mi è piaciuto moltissimo, e così la lettura da qua! giorno è diventata parte della mia giornata». Dopo il libro, che cosa ha in programma? «Essere un babbo nel migliore dei modi. Scoprire questa figlia che sta per nascere. E poi voglio continuare naturalmente a scrivere, a cantare, a essere presente nel presente». Alain Elkann Se avessi avuto un maschio avrei voluto chiamarlo Pinocchio Ho chiesto se era possibile, ma infondo era solo uno scherzo Così ho battezzato Pinocchio il cane Anch'io dico bugie dalle gambe corte j j iÌHofatto viaggi da solo in Patagonia e in Africa: sono ricerche di un po' di senso eroico in un'epoca che non ha più gesti epici Io appartengo a una generazione con troppi dubbi p f| DOMENICA CON Lorenzo Cherubini, in arte jovanotti: ha appena pubblicato un libro Si intitola «Il grande Boh!»

Persone citate: Alain Elkann, Bruce Chatwin, Edoardo Raspelli, Finocchio, Lorenzo Cherubini, Luis Sepùlveda, Orione