Il Papa: «Non solo la Chiesa deve fare mea culpa» di Marco Tosatti

Il Papa: «Non solo la Chiesa deve fare mea culpa» Vaticano, prima di un pronunciamento ufficiale sui roghi sarà chiesta l'opinione obiettiva degli storici Il Papa: «Non solo la Chiesa deve fare mea culpa» Al convegno sull'Inquisizione un appello a politici e popoli CITTA' DEL VATICANO. Prima di chiedere perdono per i roghi dell'Inquisizione, la Chiesa vuole vedere le carte, e vuole sapere dagli storici come sono andate realmente le cose nei sette secoli in cui, con l'aiuto del potere temporale, indagava sulla coscienza dei sospetti di eresia o di altre devianze religiose. Un «mea culpa» verrà pronunciato, quasi sicuramente, ma - fa capire il Pontefice - sarà basato sull'opinione distaccata degli studiosi che hanno dato il loro contributo al «Simposio», chiuso ieri in Vaticano. L'esempio della Chiesa - aggiunge - aiuti i politici di oggi a risolvere con il dialogo i loro contrasti. Forse Giovanni Paolo II vorrebbe fare un passo ulteriore, chiedendo che i politici chiedano perdono anche per quello che è stato commesso nel passato; ma questa richiesta, che avrebbe potuto sembrare polemica, non l'ha pronunciata; e d'altronde è diversa la posizione di una Chiesa che rivendica di aver sempre predicato un messaggio di amore, e un qualsiasi sistema politico. Le parole che ieri il Papa aveva sulla punta della lingua gli erano sfuggite un anno fa in un breve scambio di battute con i giornalisti sull'aereo per Rio de Janeiro: «Si è già chiesto molte volte perdono per il passato e per i tempi recenti - aveva risposto, in relazione all'antisemitismo -. Interessante è che sono sempre il Papa e la Chiesa cattolica che chiedono perdono, e gli altri restano in silenzio. Ma forse è giusto». «Il problema dell'Inquisizione ha detto il Pontefice, ricevendo le varie decine di partecipanti al Simposio - appartiene a una fase travagliata della storia della Chiesa, su cui ho invitato i cristiani a ritornare con animo sincero». L'ha definita «un capitolo doloroso», su cui tornare «con animo aperto al pentimento». E' una questione che interessa «l'ambito culturale e le concezioni politiche del tempo», ma non solo: «E' nella sua radice teologica afferma Giovanni Paolo II - e presuppone uno sguardo di fede sull'essenza della Chiesa e sulle esigenze evangeliche che ne regolano la vita». Quindi, se il Papa vuole chiedere perdono per errori ed orrori del passato, deve «interrogare gli stori¬ ci», chiedendo loro di «offrire un aiuto alla ricostruzione il più possibile precisa degli avvenimenti, degli usi, della mentalità, alla luce del contesto storico dell'epoca». Un esame nuovo, perché il magistero non può «appoggiarsi sulle immagini del passato veicolate dalla pubblica opinione, giacché sono spesso sovraccariche di un'emotività occasionale che impedisce la diagnosi serena ed obiettiva. Solo quando la scienza storica ha avuto modo di ristabilire la verità dei fatti, i teologi e lo stesso magistero della Chiesa sono posti in condizione di esprimere un giudizio oggettivamente fondato». I «mea culpa» di fine millennio non devono, nella speranza del Papa, limitarsi alla Chiesa, anche se «la richiesta di perdono riguarda in primo luogo la sua vita». Ma la forza del suo messaggio può incidere sulla società civile: ((Alle soglie del terzo millennio è legittimo sperare che i responsabili politici e i popoli, soprattutto quelli coinvolti in drammatici conflitti, si lascino guidare dallo spirito di perdono e di riconciliazione testimoniato dalla Chiesa». Marco Tosatti Il Papa ascolta la relazione del cardinale Etchegaray sull'Inquisizione

Persone citate: Etchegaray, Giovanni Paolo Ii

Luoghi citati: Citta' Del Vaticano, Rio De Janeiro