Borrelli frena: in Italia non è ancora inquisito

Borrelli frena: in Italia non è ancora inquisito Borrelli frena: in Italia non è ancora inquisito ROMA. «Non c'è ancora nessun indagato, il nome Augusto Pinochet non è ancora stato iscritto sul fascicolo affidato al procuratore aggiunto Pomarici». Francesco Saverio Borrelli ha deciso di prendere tempo, di muoversi con estrema cautela. E' questa, per adesso, la risposta del procuratore capo di Milano alla richiesta «politica» del ministro della Giustizia Diliberto, alla denuncia di Vicente Vergara Taquias, alias «Urbano», alla stampa che aveva inserito l'ex dittatore nel registro degli indagati. «E' necessario - ha affermato Borrelli - affrontare un esame attento, le questioni sono numerose, si affollano». E sulle «questioni» che riguardano «la qualificazione giuridica del fatto» e «la giurisdizione dello Stato italiano per un reato commesso all'estero in danno di cittadini stranieri», si è ormai scatenata una vera battaglia giudiziaria. La denuncia che il cileno ha presentato in Italia, infatti, si riferisce a violazioni avvenute in Cile. E inoltre non parla di strage reato ipotizzato dal Guardasigilli e imprescrittibile anche dopo i venticinque anni intercorsi - ma di omicidio volontario. «Quindi - conclude l'ex capo del pool Mani Pulite - una volta stabilito che l'episodio accaduto a Santiago e costato la vita a numerosi civili sia riconducibile alla persona di Pinochet, bisognerà verificare le interpretazioni dell'art. 8 del Codice Penale che contempla i reati politici commessi all'estero». Per adesso, quindi, solo ipotesi di reato, ma nessun procedimento aperto. Ma il procuratore Borrelli ha voluto precisare: «Non è però escluso che Augusto Pinochet possa essere inquisito nelle prossime ore». Apprezzamenti per la «fase di attesa» sono venuti dall'ex ministro della Giustizia Vincenzo Caianiello, per il quale «biso¬ gna evitare che la giusta emotività delle vittime finisca per ricadere sull'operato dei magistrati». Il presidente emerito della Consulta, elogiando Borrelli e il procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio e considerando legittima l'iniziativa di Diliberto «in quanto espressamente prevista dal codice penale», ricorda che «l'instaurazione di un regime totalitario in sé non è sufficiente ad attribuire ogni delitto commesso durante quel regime al capo dello Stato», e che «non è possibile cambiare imputazione se non compaiono elementi tali da far configurare un reato diverso». «Tra il dire che bisogna processare l'ex dittatore e il processo vero e proprio sentenzia Caianiello - c'è un'enorme differenza». Non così per gli esuli cileni residenti in Lombardia, che ieri hanno manifestato davanti al Consolato di Milano chiedendo «giustizia per le mi- gliaia di cittadini di tutto il mondo torturati, incarcerati e sterminati da Augusto Pinochet». E non così per i Verdi, che con lo slogan «Processate Pinochet: per la giustizia e per non dimenticare» hanno inscenato un sit-in davanti all'ambasciata inglese a Roma. E una delegazione presieduta da Athos De Luca ha presentato una denuncia alla Procura di Roma per la scomparsa di tre cittadini italiani. Omar Roberto Venturelli Leonelli, Bruno Deipero Panizza e Maino Cana- les Juan sarebbero «svaniti nel nulla» dopo essere stati arrestati durante il regime di Pinochet. E intanto Alleanza Nazionale si spinge anche oltre. Maurizio Gasparri con una interrogazione parlamentare rivolta al ministro della Giustizia Diliberto chiede: «Perché perseguire in sede giudiziaria Augusto Pinochet e non il subcomandante Marcos, capo guerrigliero sudamericano, e il dittatore cubano FidelCastro?». Giovanni Lamberti Caianiello: ogni delitto commesso in un regime totalitario non è da imputare per forza al capo dello Stato Sit-in Verde davanti alla ambasciata britannica a Roma. De Luca presenta denuncia per tre desaparecidos italiani

Luoghi citati: Cile, Italia, Lombardia, Milano, Roma, Santiago