D'Alema lancia il nuovo patto sociale di Antonella Rampino

D'Alema lancia il nuovo patto sociale Apertura verso i «ceti medi» mentre si avvicina la «fase due» dell'Euro, quella dello sviluppo D'Alema lancia il nuovo patto sociale «Concertazione anche con piccole imprese e terzo settore» ORVIETO DAL NOSTRO INVIATO E' il centrosinistra il punto di vista da cui si governa oggi l'Europa, non foss'altro perché 13 su 15 governi del Vecchio Continente hanno quell'impronta. E dunque, in un'Europa resa più forte dalla moneta unica, evento che è stato a torto deprivato di un significato politico che gli spetta invece a pieno titolo, all'ordine del giorno passa lo sviluppo, la crescita economica, quelle che sono le condizioni di base per la lotta alla disoccupazione. Massimo D'Alema, alla prima uscita pubblica da presidente del Consiglio, incastona l'Italia e i suoi problemi nel nuovo ordine mondiale, lancia uno sguardo al futuro, con dollaro ed Euro che sono insieme moneta di riserva e di scambio internazionale, in un nuovo quadro dei rapporti transatlantici. I temi e le opinioni sono di tale rilievo che il premier mette le mani avanti: «Parlo a titolo personale». E allora, ecco un Euro capace di trascinare nell'Europa unita anche la Gran Bretagna di Tony Blair. E un'Europa forte al punto da avere una propria forza di sicurezza, pilastro della Nato, e tutela armata dei diritti umani. Nell'ellittico discorso, mentre abbatteva alcuni tabù della sinistra, D'Alema lanciava messaggi al Paese. In platea, al convegno dei riformisti alla prova di governo che con Giuliano Amato ha preparato lo stesso D'Alema, c'era tutto l'establishment progressista, Veltroni che chiacchierava fittamente con Giorgio Napolitano, Tullia Zevi e Rita Levi Montatemi, Pietro Polena e Ginni Billia. Anzitutto, D'Alema ha annunciato la famosa fase due dell'Euro, dopo l'impegno monetarista, quello per lo sviluppo: «Bisogna ripensare l'azione pubblica, conciliarla con la politica delle privatizzazioni», ha detto. E queste «non devono finire sempre in un imbuto ristretto: chi sbaglia paga, ma in Ita ha, dove pure c'è bisogno di capitalisti che facciano il loro lavoro, chissà perché gli imprenditori non pagano mai». Rilanciare lo sviluppo non significa poi rinnegare la stagione del risanamento, che sola ci ha permesso di entrare in Europa: D'Alema taglia di netto le polemiche - che nella stagione del governo Prodi hanno creato ferite nella maggioranza - sull'eccessiva rigidità dei parametri di Maastricht, sulla necessità di una «fase due» dedicata alla lotta alla disoccupazione. Tagliando anche la strada alle voci, «riferite da giornali che guardano la politica dal buco della serratura», di dissidi con Ciampi in Consiglio dei ministri. D'Alema si spinge anche oltre il «patto sociale» che Ciampi propose poco prima della caduta del governo Prodi: «Al tavolo quadrangolare della concertazione, con l'obiettivo dello sviluppo, devono sedere oltre a governo, sindacati, Confindustria e governanti locali, anche le piccole e medie imprese e il terzo settore». E' l'apertura ai ceti medi. Non deve essere piaciuta a Giuliano Amato che nella sua ampia prolusione aveva ammonito: «Una sinistra riformista che arriva a sintonizzarsi soltanto sui ceti medi non è più se stessa». Per spiegare che una moderna società ha bisogno di un riformismo a due anime, Amato ha citato Luigi Einaudi, il quale riteneva i socialisti indispensabili per garantire coesione sociale. E ha proseguito ricordando che «la legittimazione politica e morale della sinistra, e la funzione storica che ne è derivata, sono entrambe legate alla rappresentanza degli esclusi, alla capacità di rafforzare i diritti di cittadinanza». Dunque, recupero di idealità e nuova autodeterminazione di fronte alla sfida della modernità dovranno portare il nuovo riformismo a dare certezza e futuro alle nostre incerte società. Un'incertezza che viene anzitutto dalla globalizzazione, ma non solo. Se Sergio Cofferati, di fronte al leader della sinistra appena diventato presidente del Consiglio, ha rilanciato «il lavoro come valore» e ribadito l'autonomia del sindacato dalla politica, Giorgio Ruffolo ha parlato di programmazione economica, nella moderna formula statunitense della «regolazione della spesa pubblica». Piero Fassino ha citato un esempio lampante di quanto la globalizzazione inciderà sulle politiche: «La grande battaglia dell'Organizzazione mondiale della sanità sarà contro il lavoro minorile perché esso è il più forte fattore di dumping sui mercati». Giorgio Napolitano, ex ministro dell'Interno, ha ricordato che «effetto collaterale della globalizzazione è la mondializzazione della cràninalità»: anche per questo, «non dobbiamo appiattirci su un riformismo a breve termine». Michele Salvati ha, con dura eleganza, polemizzato con Amato: «Chi sottovaluta i costi del riformismo paga prezzi politici altissimi. Non illudiamoci: non è possibile avere la quasi piena occupazione americana e le condizioni del lavoro che ci sono in Europa». Tutti consigli per un nuovo riformismo, adesso che per la prima volta le sinistre sono a Palazzo Chigi. Antonella Rampino Qui sopra il ministro per le Riforme Giuliano Amato

Luoghi citati: Europa, Gran Bretagna, Italia, Vecchio Continente