L'ANATOMISTA E LA CLITORIDE di Gabriella Bosco

L'ANATOMISTA E LA CLITORIDE L'ANATOMISTA E LA CLITORIDE 77 romanzo di uno psicoanalista L'ANATOMISTA Federico Andahazi Traduzione e postfazione: Alessandra Riccio Frassinelli pp. 213 L 26.500 I aggira tra Venezia, Padova e Firenze, L'anatomista dell'argentino Federico Andahazi, romanzo che racconta una storia «pseudostorica e pseudoscientifica» (così scrive la curatrice Alessandra Riccio), torbida vicenda a doppio senso nei nomi e nelle cose. A doppio senso lo si deve intendere in maniera molto lata. Matteo Colombo è un cattedratico cinquecentesco che insegna anatomia all'Università di Padova. Di Cristoforo porta il nome non a caso. Come lui è scopritore di un continente. Come lui vorrà utilizzare la sua scoperta a fini di conquista. Come lui tenterà di servirsene per esercitare un potere. L'America di Matteo Colombo è materialmente molto più piccola di quella di Cristoforo. Simbolicamente, molto più grande. Si trova tra le gambe della donna, al centro della sua vulva. E' il luogo del piacere femminile, la clitoride. Andahazi racconta che Matteo Colombo la scoprì per merito non suo, chiamato al capezzale di una nobil signora, Inés de Torremolinos, manipolando il piccolo organo erettile, mostruosa deformità, minuscola mostruosità, dal cui involontario stato di eccitazione cronica la malattia della donna pareva dipendere. Dando soddisfazione con esperta manualità alla tumescente protuberanza, Colombo guarì la donna e simultaneamente divenne padrone del suo cuore. Convincendosi così di aver scoperto non solo l'organo, cui diede nome di Amor Veneris, ma anche che da quell'organo dipende la volontà femminea. E maturando il progetto di impossessarsi della dònna amata, splendida prostituta indifferente e indipendente, passando per la sua clitoride. La vicenda volge poi per più versi in tragedia: donna Inés da pia donna diventerà puttana e finirà malamente, mentre a Monna Sofia l'anatomista arriverà troppo tardi. Corpo centrale del romanzo è il giudizio del tribunale ecclesiastico, cui Matteo Colombo si presenta con una lunga autodifesa razionalista e filosofica. L'alternativa sarà tra la morte sul rogo e il silenzio sulla scoperta fatta. In Argentina il romanzo ha scalato le classifiche («sbaragliando Mario Vargas Llosa e Susanna Tamaro» dice la curatrice), ha fruttato all'autore - esordiente - contratti. ^olqsùsimi hi patria efuori, è (uvéntàtaùn'caso. Godendo di un battage pubblicitario fuorviarne, va detto, che l'ha per lo più fatto passare per un libro pornografico, o con sottile distinzione erotico, in ogni modo prezioso di svelamenti sulla sessualità femminile e la sua precisa localizzazione. Federico Andahazi forse è stato al gioco, non poteva che giovargli. Certo non aveva in mente un libro di quel genere, stando al risultato e alle dichiarazioni d'intenti. Psicanalista di mestiere, figlio di uno psicanalista, è per lui prassi quotidiana partire dal sesso per arrivare altrove. La sua sarebbe in altri termini una scelta di metaforizzazione. Nella postfazione della curatrice leggiamo che la storia è stata costruita da Andahazi su tale scenario, e così «esagerata, pulp, erotica, appassionata quanto basta a tener desta l'eccitazione del lettore», allo scopo di «far passare alcuni discorsi fortemente demistificatori su morale, filosofia, scienza e perfino sulla letteratura». Più nello specifico, «per distruggere con ricercata ironia la produzione scientifica e filosofica dell'Europa dei secoli d'oro». Per farlo Andahazi si è servito di una minima traccia forse vera forse no, letta (pare) in una vaga Storia del corpo umano, senza riscontri nei testi di comune consultazione, deliberatamente pretestuosa, usata «per abbattere molti degli schemi culturali che hanno attribuito, e attribuiscono ancora oggi, alla cultura europea l'assoluta supremazia intellettuale sul resto del mondo grazie alla sua scientificità e ai suoi ineccepibili procedimenti logici». Andahazi, di origine magiara, sarebbe - leggiamo - fortemente critico nei confronti del «Verbo dell'Occidente europeo che insegna a sottomettere, a dominare, a colonizzare». Nato nel 1963, dunque troppo tardi (dice lui) per una scrittura di tipo militante, sarebbe stato indotto a una narrazione di questo genere anche dalla «banalità degli Anni Novanta» e dalla «volgarità del menemismo». C'è la pederastia, ci sono scene di sanguinosa autoamputazione, membri divelti e clitoridi resecate, macabre pratiche e innegabile compiacimento nel soffermarsi su corruzione e oscurantismo. Basta la sottesa ironia dell'autore a far passare l'apparato fortemente ideologico? Un romanzo sulla clitoride è indubbiamente di grande richiamo. Ma scriverlo sulla clitoride per parlare d'altro è una bella occasione sprecata. Gabriella Bosco L'ANATOMISTA Federico Andahazi Traduzione e postfazione: Alessandra Riccio Frassinelli pp. 213 L 26.500

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