LA VAMPIRA MURATA VISSE PER TRE ANNI

LA VAMPIRA MURATA VISSE PER TRE ANNI ■ fBiu LA VAMPIRA MURATA VISSE PER TRE ANNI Atti e misfatti della contessa Bàthory EMBRA Meryl Streep la più autorevole candidata ad incarnare sullo schermo i torbidi misteri della contessa ungherese Erzsébet Bàthory, morta nel 1614 non lontano dalle rovine dei castelli di quel Vlad l'Impalatore, cui Bram Stoker si sarebbe molto liberamente ispirato per il suo Dracula. E' curioso che l'industria dell'intrattenimento non si sia ancora impossessata del personaggio che ha anticipato di duecento anni le fantasie del marchese de Sade: la ricca e potente signora che sacrifica centinaia di fanciulle a raffinati piaceri sadici, e ne usa il sangue a scopi cosmetici. E sì che gli ingredienti c'erano tutti: sinistri manieri transilvani, piccole corti tra lusso e incubo, riti splatter, erotismo, perversioni: un cocktail ideale di «gotico», horror e kitsch. Scarsa, invece, la produzione sulla Bàthory: uno studio divulgativo del saggista austria¬ co van Elsberg, La contessa sanguinaria, a fine '800; un racconto di von Sacher-Masoch: L'eterna giovinezza (1874); un romanzo finto-perverso di Valentine Penrose (prima moglie del critico inglese Roland Penrose) uscito a Parigi nel 1962; i racconti di una scrittrice surrealista argentina, Alejandra Pizarnik, negli stessi anni; il film Racconti immorali, di Walerian Borowczyk (1974), sempre sul filo di un soft-core un po' tirato via, conPaloma Picasso che si bagna nel sangue in candide vasche di marmo; un film inglese, Countess Dracula, opera di due ungheresi espatriati, Paal e Sasdy (1970). Oltre, s'intende, le pagine di George Bataille (les larmes d'Eros): il guru della trasgressione non poteva certo lasciarsi scappare un caso come questo. Ma Dracula, comunque, non c'entra niente. Il perché di questa fortuna abbastanza modesta ce lo spiega adesso il linguista inglese Tony Thorne in quella che è la prima ricostruzione seria dedicata alla Bàthory, esaustiva al punto che sembra difficile far di meglio; la documentazione reperibile è scarsa (verbali di interrogatori, poche lettere), l'epoca storicamente molto complessa; e la difficoltà di padroneggiare l'ungherese. Thorne procede con probità anglosassone e rigorosa empiria, senza cedere di un pollice al grand-guignol. Si parte dalla fine, o quasi: dall'irruzione che il conte palatino Gyorgy Thurzó, massima autorità legale del regno di Ungheria, compie la sera del 29 dicembre 1610 nel castello di Cachtice. Thurzó, che sulla base delle voci raccolte ha preparato il colpo da almeno un anno, sostiene d'aver sorpreso l'accusata in flagrante delitto: una ragazza appena uccisa, un'altra gravemente ferita, altre ancora pronte ad essere sacrificate. Tre donne e un paggio, interrogati - cioè debitamente torturati -, ammettono la loro complicità e vengono immediatamente giustiziati; per la contessa non si dà processo, ma una segregazione nella torre del castello, dove viene murata viva: sopravviverà tre anni e mezzo. Il caso si insabbia lentamente. A questo punto Thorne esce dai cupi interni del castello, e inquadra con ridondanza di dettagli l'epoca, che è perfettamente omologa: un'Ungheria occupata per metà dai Turchi e dalla Riforma, devastata da una guerra feroce e dalle lotte interne tra grandi feudatari. Erzsébet viene da una famiglia illustre, ma indebolita da troppi matrimoni consanguinei. La madre Anna è sorella di Stefano re di Polonia, il padre governatore di varie contee. Lei sposa a quattordici anni lo scapolo più ambito d'Ungheria, Ferenc Nàdasdy, «il bey nero», torvo guerriero barbuto che gioca a bocce con le teste dei Turchi uccisi. Lui morto nel 1604, Erzsébet assume con vigore l'amministrazione delle vastissime proprietà. «Troverete in me un uomo», scrive ad un vicino con cui era il lite. E fatalmente entra in conflitto d'interes¬ si con il suo futuro accusatore, il Thurzó, braccio armato di re Mattia, il quale vuole indebolire gli aristocratici contrari agli Asburgo. Credevamo di calarci in un abisso di perversioni modernissime, e invece ci ritroviamo nel bel mezzo di un caso giudiziario. L'autore sottopone la documentazione a un vaglio stringente, ma non riesce a trovare vere prove di colpevolezza. La storia dei bagni di sangue compare in una sorta di guida turistica solò nel 1744. Strano che non sia stato fatto un vero processo, che nessuno abbia interrogato l'imputata, che i parenti delle vittime non si siano fatti vivi; curioso che non si parli della contessa in lettere, opuscoli, libelli, che il suo caso non venga nemmeno utilizzato dai controriformisti, i quali avrebbero avuto tutto l'interesse a documentare di quali nequizie fossero capaci i protestanti. Co- me nel caso di Gilles de Rais, con cui Yaffaire Bàthory presenta somiglianze notevoli, l'accanimento degli inquisitori nasce dalla appetibilità delle immense ricchezze delle prede: tanto più che per una vedova non c'era posto nella scacchiera del gioco del potere. E' probabile, sostiene Thorne, che le ragazze della piccola corte siano state sottoposte dalla contessa e dalle sue governanti a punizioni anche duramente sadiche per.,; piccole mancanze: bruciature, punture, bagni gelati, fustigazioni con ortiche. Un repertorio frequente in un'epoca d'ordinaria ferocia, e ricorrente nelle istituzioni concentrazionarie, come i riformatori, i collegi, le ca¬ serme. All'entourage Bàthory deve essere insomma scappata la mano, e l'avidità dei suoi nemici ha fatto il resto; ma le efferatezze che le sono attribuite sono quelle che si vedono negli inferni di Bosch. Così il mistero della contessa sanguinaria continua a essere custodito negli occhi un po' torbidi, ma anche smarriti, che ci guardano dal ritratto conservato al Museo Nazionale di Budapest. Non ci sarà giustizia né per lei né per le sue vittimje. Da qui in avanti, cinema incluso, non c'è che da aspettarsi il peggio: magari, dopo Ramses e Alessandro Magno, un bel serial sadico tutto rigorosamente inventato. Ernesto Ferrerò Storia della donna che sacrificando centinaia di fanciulle anticipa di 200 anni le fantasie del marchese de Sade LA CONTESSA DRACULA Tony Thorne Mondadori pp. 282 L. 32.000 Una scena del film «Dracula morto e contento» Quella di Thorne è la prima ricostruzione seria dedicata alla Bàthory. Difficile far meglio: la documentazione è scarsa (verbali di interrogatori, lettere), e l'epoca storicamente complessa

Luoghi citati: Budapest, Parigi, Polonia, Ungheria