DALLA MOGLIE ALL'AZIENDA RIFIUTI IL SIGNOR ROSSI SCALA LA FELICITA' di Giovanni Tesio

DALLA MOGLIE ALL'AZIENDA RIFIUTI IL SIGNOR ROSSI SCALA LA FELICITA' DALLA MOGLIE ALL'AZIENDA RIFIUTI IL SIGNOR ROSSI SCALA LA FELICITA' LA DISCARICA Paolo Teobaldi e/o pp. 189 L 25.000 I fu un tempo in cui si diceva: «letteratura del rifiuto». Leggendo il romanzo di Paolo Teobaldi, La discarica viene in mente che oggi si potrebbe piuttosto parlare di «letteratura dei rifiuti». Non certo per alludere alle risorse modaiole del cult o del trash, ma proprio per dire che sono ormai molti gli scrittori, da Ginevra Bompiani a Marco Bosonetto, che all'importanza emblematica dei «rifiuti» hanno legato lo spunto di un racconto o di un romanzo. Nel caso di Teobaldi, cinquantunenne pesarese alla sua terza prova narrativa, il motivo è esplicito fin dal titolo. Il suo è un romanzo onesto, che avvita un'idea altamente simbolica con scelta esatta di scrittura. Nessuna deformazione linguistica, nessun grottesco verbale. Piuttosto qualche citazione ammiccante, qualche voce di uso locale mista ad un controlla di uso locale mista ad un controllato gusto del gioco di parola. Ma tutt'insieme un passo nitido che regola il ritmo alla cadenza dell'ironia. L'epigrafe da Raffaello Baldini, grande inventore dialettale di solitari in preda a fissazioni divoranti, farebbe pensare a una storia di ordinaria follia. Ma cosi non è perché il «nostro eroe», quantunque non proprio mediano, è un uomo in crescita: proprio come quei personag¬ gi che sopportano con pazienza certosina e che alla fine rovesciano in quello che sembra un attimo la sterilità di una lunga schiavitù. Tiziano Rossi, detto Tizio - cinquantatré anni, trenta di matrimonio, begli studi, un'intelligenza acuta, ma un'esistenza mediocre, ha appena fatto alla moglie Lia la sua dichiarazione di disamore rice¬ vendone il contraccambio. E noi lo troviamo sul punto in cui si accinge a sgomberare l'appartamento d'ogni cosa che vi è stata da lei stipata. Un vero e proprio delirio di oggetti consueti e desueti, di indumenti e biancheria, di provviste alimentari, che Tizio ehmìna con metodo e determinazione, sentendosi via via più libero e beve. Tanto che nemmeno la notifica del suo trasferimento all'azienda rifiuti, ennesimo atto di una frustrante peregrinazione professionale, può più turbarne i sonni e l'appetito. Anzi, proprio questo diventa il principio di un'imprevedibile ascesa. Il nuovo ardore professionale, la competenza acquisita nel campo della nettezza urbana e dell'«accumulazione terziaria», la buona salute e la fortuna finalmente benigna conducono Tizio ad una svolta, improvvisa e casuale come un dono. Prima la promozione a direttore della nuova discarica e poi l'intero mondo di puzze e di odori finalmente riscattato dal ritorno di un'antica traccia di profumo di calicanto che annuncia, come l'indizio di un'apparizione luminosa (la femme, è naturale), l'affrancamento definitivo. La narrazione piega dunque un poco alla favola, anche se è favola che non stona. La misura del romanzo consiste infatti soprattutto nella capacità che ha Teobaldi di impastare la storia di Tizio con la memoria delle vicende di Lia e della sua famiglia d'origine, tutta tesa ad arricchire e ad accumulare. Con animo sempre più remoto Tizio ne ripassa mentalmente le gesta cogliendo in controluce il profilo di una società avida e arrogante, che dagli Anni Sessanta a oggi ha alimentato le mitologie più volgari. Una lunga scia di amaro, insomma, che però finisce a partorire un accattivante profumo di speranza. Finale esageratamente ottimistico? Forse, ma solo se non fosse proposto con una dose calibrata di malizia e un po' di incanto. Giovanni Tesio LA DISCARICA Paolo Teobaldi e/o pp. 189 L 25.000

Persone citate: Ginevra Bompiani, Marco Bosonetto, Paolo Teobaldi, Raffaello Baldini, Teobaldi, Tiziano Rossi