«Padre Mario ha aiutato il boss» di Francesco La Licata

«Padre Mario ha aiutato il boss» Palermo, il parroco della Kalsa aveva incontrato Pietro Aglieri durante la latitanza «Padre Mario ha aiutato il boss» Condannato a 2 anni e 4 mesi PALERMO. Il gup Renato Grillo ha condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione Padre Mario Frittitta, il carmelitano della Kalsa accusato di favoreggiamento aggravato nei confronti del boss Pietro Aglieri e del suo guardaspalle Gioacchino Corso. I pm Amelio e Sabella avevano chiesto 2 anni e 2 mesi. Sei coimputati accusati a vario titolo di associazione mafiosa e favoreggiamento hanno avuto condanne inferiori a quelle sollecitate dall'accusa (fra 4 e 8 anni). Altri tre imputati, infine, sono stati assolti. [a. r.l UE anni e quattro mesi per favoreggiamento. Trattato alla stessa stregua degli altri imputati mafiosi, condannati però a pene più severe. Il prete della Kalsa, padre Mario Frittitta, ha perso il primo round, ma non si sottrae all'invadenza del cronista. Risponde al telefono, seppure senza averne la minima voglia. La sua voce sembra distante e sofferente. «Mi metto nelle mani di Dio. Che cosa posso dire, adesso?». E' chiara la sua intenzione di evitare qualunque commento alla sentenza di condanna appena pronunciata dal giudice Grillo. Si rifugia nelle frasi di circostanza - «sono sereno», «mi sento la coscienza a posto» -, ma quando gli si chiede se si aspettava un simile epilogo, cede, tradendo una punta di rammarico: «Forse non ci poteva essere altra conclusione...». Perché, padre Mario? «Il clima era contro di me. Il clima ufficiale...». Già, il clima ufficiale. Perché quello della Kalsa e di tanti altri quartieri in passato dimostratisi a lui solidali non è cambiato. Fino a qualche giorno fa, quando la gente affluiva alla chiesa di Santa Teresa e lui se ne stava in piedi all'entrata salutando tutti, ricevendo parole di affetto e devozione e pronosticando un lieto fine che, almeno per ora, non c'è stato. «Vedrete - diceva ai fedeli - che le cose si aggiusteranno. 10 confido nell'aiuto del Signore». Sembra distante l'ottimismo dei giorni successivi allo «scandalo» per le accuse di favoreggiamento nei confronti del boss Pietro Aglieri. L'ignominia delle manette sotto le telecamere, la «passerella» in tv con i lampeggiatori delle «volanti» accesi. Ha conosciuto l'onta del carcere, padre Mario. E lui a dire: «Ho confessato Aglieri per portarlo sulla buona strada. Ho obbedito al Vangelo». Poi la scarcerazione, ancora 11 suo ottimismo: «Gesù è morto in croce tra due ladroni. A me, che ho scelto di seguirlo, in fondo è andata meglio... almeno per adesso». Certo, la sopravvenuta condanna è un colpo per la sua immagine e per il suo ottimismo. Gli ipercritici potranno dire che non era, dunque, un perseguitato, padre Mario Frittitta, se un giudice ha riconosciuto valide le argomentazioni dei pubblici ministeri. Potranno dire che, in effetti, il monaco carmelitano «è andato oltre il suo mandato di sacerdote». Si riapre, insomma, la ferita. E torna alla luce la spaccatura tra un certo ambiente dell'antimafia palermitana e i fedeli di don Mario che lo hanno sempre difeso e continuano a farlo. Si riaccende la polemica all'interno delle due correnti contrapposte della Chiesa: da una parte i preti e la Curia che «condannarono» il monaco «troppo disinvolto» nel rapporto col boss dalle tentazioni mistiche; dall'altra gli stessi Carmelitani, i superiori di Frittitta, che non hanno mai abbandonato nella tempesta il loro confratello, fino ad ottenere il suo ritorno alla Kalsa, anche dopo l'esplicito divieto della magistratura. Diavolo col saio o seguace del Vangelo tanto da non negare la possibilità di redenzione anche al più abietto dei peccatori? I chiaroscuri delle vicende siciliane impediscono quasi sempre il giudizio definitivo. E la vicenda di don Mario Frittitta sembra pensata apposta per rappresentare i mille volti della verità. Del monaco hanno detto che è il ras del quartiere perché riesce persino a calmierare gli scippi. Lui risponde che offrire un pezzo di pane agli sbandati per indurli a non commettere reati equivale a seguire alla lettera il Vangelo. Pietro Aglieri? Fino a poche ore prima delle sentenza, don Mario ha ripetuto: «Si può redimere e, tutte le volte che l'ho visto, gli ho consigliato di cambiare vita. Quando ci siamo incontrati per la prima volta mi ha detto: "Ho camminato facendo del male, voglio cairiminare facendo del bene"». Vivere alla Kalsa vuol dire stare in bilico. Sono in mille, in quel quartiere, a campare pericolosamente. Certo, una voce autorevole e intransigente - quella di un monaco carismatico - potrebbe essere la coscienza critica che ti condanna, se pecchi. Questo fanno tanti preti di frontiera. Così faceva don Pino Puglisi che finì con la testa squarciata da un proiettile. Don Mario sembra aver scelto una strada diversa e più scivolosa. Il rischio? Quello di essere «catturati» dall'ambiente. Ma il monaco della Kalsa ha sempre detto di avere ben presente tali pericoli. La sua eccessiva disponibilità, secondo i giudici, non era solo amore cristiano. Alla Kalsa, invece, continuano a crederg». Francesco La Licata Il monaco: «La mia coscienza è a posto Ma forse non ci poteva essere altra conclusione perché il clima ufficiale era contro di me» Padre Mario Frittitta, il prete di Palermo condannato a due anni e quattro mesi

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