«Arafat, la tua pace morirà» di Fiamma Nirenstein

«Arafat, la tua pace morirà» DI ALLAH «La verità è scritta nel Corano, una guerra caccerà gli ebrei» «Arafat, la tua pace morirà» Parla un irriducibile sceicco di Hamas MDEHEYSHE ENTRE Arafat arresta 400 uomini di Hamas sospettati di terrorismo e seguita a piantonare lo sceicco Yassin nella sua casa di Gaza, lo sceicco Abdel Majid, Imam della moschea più importante del campo profughi di Deheyshe, universalmente conosciuto come il capo spirituale di Hamas nella zona, fa servire un the profumato dalle sue due fighe gemelle, Selsebil e Sondos. Sorridono con grande calore alla giornalista in blue-jeans. Le loro facce bianche e rosse sono imprigionate nel grande fazzoletto bianco rituale, i vestiti neri coprono già tutte intere le membra bambine. Selsebil è un ruscello del paradiso descritto dal Corano, Sondos è l'abito verde di bella stoffa leggera promessa ai fedeli in paradiso. La casa dello sceicco è nel villaggio, per arrivarci si attraversano vicoli così fitti di bambini, di barbieri, di misere friggitorie che il pensiero corre inevitabilmente alla Napoli degli Anni Cinquanta. Ma questa è una Napoli ancora più tragica, dove Hamas diventa ogni giorno più grande e più agguerrito, dove «una volta - come spiega radioso Abdel - c'era una sola moschea e ora ce ne sono tre, e l'ultima la stiamo allargando perché non c'entriamo più». Questo è un pezzo di mondo in cui la gran parte dei maschi della zona ha sperimentato, due, tre, quattro volte la prigione israeliana; dove, come lo sceicco, a 41 anni si hanno sette figli tutti da nutrire e da indottrinare. E dove soprattutto, dopo aver incontrato un personaggio come Majid, viene da domandarsi cosa può fare Arafat per sradicare un estremismo che ha basi ideologiche e politiche nella storia stessa delle odierne generazioni dai sessantanni in giù, dove un ragazzo viene nutrito sin da piccolo dell'idea che la volontà di Dio sia diametralmente opposta a quella di Arafat, il quale ha osato fare la pace prima con Rabin e poi con Netanyahu. In più, Arafat non piace alla gente perché le sue celle, come mi dicono in queste strade «sono mille volte peggio di quelle israeliane», i suoi servizi segreti «mille volte più prepotenti di quelli israeliani» e perché «il suo regime è corrotto». Abdel Majid ha una bella barba nera, è vestito con la galabja bianca, ha gli occhi gialli e marroni, ha una vecchia libreria di ferro piena di testi sacri: «Gli israeliani me la sequestrarono durante l'occupazione per vedere se fra i miei testi ci fossero documenti che li potesse mettere sulla pista di qualche terrorista. Me li restituirono senza aver trovato nulla. Mi hanno messo dentro e fuori, fuori e dentro, con botte, macchine della verità, multe... Mi hanno tenuto senza dormire, con le braccia legate dietro la schiena, mi hanno fatto patire il freddo e la fame. Mi chiedevano se ero membro di un'organizzazione islamica segreta, e chi erano i miei compagni. Certo, le bombe scoppiavano. Certo, l'ultimo grande leader di Hamas saltato per aria Muhi a Din Sharif era mio cugino. Un ragazzo buono, pacifico... Ha fatto quel che ha fatto portato all'esasperazione dagli israeliani. E poi, comunque, che vuol dire, non hanno mai trovato nulla di definito contro di me. E anche adesso, che le stesse domande che mi facevano i Servizi segreti me le fanno i Servizi dell'Autonomia palestinese non trovano nulla: e io ho la consolazione di vedere di là dal muro che separa tutta questa gente dalla verità. Io so che cosa succederà nel futuro. Perché tutto è scritto, e con grande chiarezza nel Corano». Prima di spiegare la sua verità, lo sceicco ricorda quando nel 76, all'università giordana di Amman, dov'era andato a studiare materie scientifiche perché tale gli sembrava la sua vocazione, Majid sentì una chiamata inequivoca che gli spiegava che molto più dei numeri la verità era nei testi: «Maometto ce l'aveva tramandata così chiara, ed era il tipo di verità di cui noi palestinesi avevamo in particolare bisogno». La casa di Majid è tappezzata di questa verità: c'è il ritratto del suo cugino terrorista, detto «l'ingegnere numero 2» che pende in un angolo. Poi, istoriati in un bel pannello ci sono i 99 nomi di Dio. E infine, oltre a vari versetti del Corano ricamati e incorniciati, ovunque Gerusalemme e la mosche di Al Aqsa fotografata, dipinta, persino riprodotta in un modellino simile a una grande torta rotonda. «La verità come è descritta nel Corano a chiare lettere è che gli ebrei sono destinati a perdere, niente da fare, se ne devono andare da questa terra occupata. E' scritto! E se ne andranno sul filo della spada, dopo un'a zione bellica che, come è sempre detto chiaramente, si svolgerà tutta ad Est e non ad Ovest, ovvero non nel West Bank, ma presso di loro. Sarà un'azione terribile, che distruggerà le loro armate, il loro popolo, e persino i loro più alti edifici». Un momento, ma allora Arafat sbaglia tutto con il suo tentativo di ottenere la terra pezzo a pezzo e di fondare così lo Stato palestinese? Non solo, ma sbagliano tutto anche i suoi amici suicidi-terroristi, dal momento che comunque il destino, un destino glorioso è già tutto scritto! «Che Arafat oggi non sia nel cuore del popolo, anche se per paura sentite dire il contrario, mi sembra un dato di fatto. Persino i suoi ufficiali quando parlano degli accordi ridacchiano, fanno gli spiritosi, non lo difendono... Anzi. L'autonomia è come una pentola a pressione sotto la quale è acceso il fuoco americano, quello israeliano e anche quello palestinese. Potrebbe esplodere da un momento all'altro». E i suicidi? Pensi se l'autobus pieno di bambini di Gush Katif fos se saltato per aria... Lei oggi non sarebbe dispiaciuto, o almeno, non disapproverebbe politicamente? Abdel Majid ci risponde mentre cammina verso la sua moschea al tramonto. Infatti il muezzin già chiama a gran voce per la preghiera: «In una situazione di normalità, è vero, è proibito uccidere civili, donne, bambini. Ma qui siamo in presenza di gente che si suicida poiché ha già un laccio di dispera zione totale intorno al collo. Gente che non può più sopportare di vive re in un regime di occupazione... Una persona in questo stato di do lore non può essere condannata». Fiamma Nirenstein Arafat saluta i suoi sostenitori a Ramallah Il leader palestinese ha deciso di usare il pugno di ferro contro gli uomini di Hamas che vogliono far saltare gli accordi di pace

Luoghi citati: Amman, Din Sharif, Gaza, Gerusalemme