L'ora dei fratelli Bush

L'ora dei fratelli Bush LA POLITICA IN CRISI L'ora dei fratelli Bush In pochi al voto, ma senza dissensi NEW YORK DAL NOSTRO INVIATO Aspettando Mister Godot, l'elettore che non verrà. Già si presentava di rado, stavolta ha messo su famiglia, si è fatto nuovi amici e il 3 novembre, piova o splenda il sole, intende restare a casa con loro, Godot d'America, a parlare di football, investimenti, tubature da riparare e «Ma oggi non si doveva votare?», «E perché mai?». Mister Godot è pervaso da un senso eli nausea, gli unici fremiti che gli dà la politica sono sussulti di disgusto. Analisti e sondaggisti hanno frugato il suo animo per capire come avrebbe reagito a dieci mesi di lotta nel fango tra Bill Clinton e Kenneth Starr, domandandosi se, alla fine, avrebbe riversato la sua ira sul presidente, votando repubblicano e favorendo l'impeachment, o sull'inquisitore, scegliendo democratico per chiudere la pratica. E Mister Godot se n'è venuto fuori con le simboliche sembianze di William Stout, elettore dello Stato di Washington, che, intervistato dal «New York Times», ha risposto: «Prenderei tutti: Clinton, quella donna, Starr, i repubblicani, i media, li caricherei sulla Queen Mary, via al largo e giù, in fondo all'oceano, perché non so chi si sia comportato peggio. Nel dubbio: anneghino tutti». Consapevoli dell'allergia popolare al tema del «sexgate», i candidati non l'hanno toccato, almeno fino a quattro giorni fa, quando è partita l'ultima raffica di spot. Mister Godot ha spento la televisione. Hanno provato, allora, a sollecitarlo sugli altri temi: l'assistenza sociale, l'educazione, il controllo delle armi, la legislazione sulle minoranze etniche. E lì, lui ha preso l'aspetto di David Waltemeyer, di Moreno Valley, California, che alla domanda: «Qual èil tema principale di questa campagna elettorale, per lei?», ha risposto: «La regolamentazione dei fuochi d'artificio». Elezioni col botto, dunque, Ma in senso pirotecnico: tanto rumore, poi nulla. Mister Godot non si entusiasma. Diversamente dall'elettore europeo, che si appassiona ai sofismi e alle strategie, non riesce a fare il tifo in un'arena di bugiardi, voltagabbana e opportunisti. Si sente deriso e reagisce voltando le spalle, poi scrollandole. Gli è toccato il presidente Bush che lo guardò dicendo: «Leggi le mie labbra: non aumenterò le tasse». Seguì stangata fiscale. Gli è succeduto il presidente Clinton che lo puntò con l'indice ammonitore, affermando solennemente: «Ascoltami, non'ho mai avuto una relazione con quella donna». Seguì garbata rettifica. Ora è la volta di tutti i replicanti che smentiscono se stessi e avrebbero la pretesa di essere creduti. Perché il brutto delle elezioni di medio termine è che, a differenza delle presidenziali, sono un campionato al girone di ritorno: rivincite in calendario e acrobazie in campo per rimediare agli errori dell'andata. La strategia è: copiare l'avversario laddove risultò vincente. Gli effetti: spesso ridicoli, Prendete la Florida, dove si ricandida a governatore, stavolta da favorito, Jeb Bush, secondo figlio dell'ex presidente, che ha inondato le strade con il suo faccione e il motto: «Ho una visione», da molti interpretato al plurale: «Ha le visioni». Nell'anno della sconfitta fu, almeno, sincero. Alla domanda: «Cosa intende fare per aiutare gli afro-americani?» rispose: «Probabilmente nulla». E già l'avverbio gli dovette apparire una concessione. Azzerato nel voto di colore, eccolo lì, nei quartieri neri e poveri, a sollevar bambini e promettere loro uno spazio nella sua «visione». O prendete, invece, la California, collegio dell'Orange County, dove due anni fa Loretta Sanchez ruppe un tabù, risultando la prima latino-americana elet¬ ta a spese del repubblicano Robert Dornan, trafitto dal voto degb ispanici. Guardatelo a questo giro, con i suoi capelli rossi e le origini irlandesi, mentre si proclama il solo «vero latino», facendo comizi a suon di merengue e battendosi per le minoranze. In questo ippodromo di cavalli imbizzarriti e bizzarri, non sorprende troppo la corsa in rimonta di Jessy «The Body» (il corpo) Ventura, candidato indipendente al governatorato del Minnesota, ex lottatore che è passato dall'arena del wrestling a quella della politica con l'identico slogan: «Vinci se puoi, perdi se devi, bara comunque». Il più delle volte non sa quello che dice, ma lo fa a voce alta, contro tutto e tutti. Nei sondaggi è cresciuto del 10% in una settimana. Per avversari ha il democratico Hubert Humprey III (giacché la politica, come dimostrano i Kennedy e i Bush, è un male ereditario e il potere un bene di famiglia) e il repubblicano Norman Coleman, che si segnala per essere stato, appena quattro anni fa, democratico. Ma è una distinzione che va facendo il suo tempo. Già c'erano i «Reagan democrats», che spingevano la sinistra a destra. Ora, evocati dalle visioni dei fratelh Bush, sono apparsi i «New Age republicans», conservatori aperti che fanno proprie tematiche e posizioni un tempo monopolio dei pro¬ gressisti e spmgono la destra verso sinistra. Risultato: anche sulle strade d'America, traffico al centro. Mister Godot guarda dalla finestra e non esce. A che prò? nel suo libro «The Disappearing American Voter» Ruy Teixeira dimostra con dati e proiezioni che, se tutti votassero, il risultato sarebbe, nella maggior parte dei casi, lo stesso. Un pugno di americani (si prevede un minimo storico: 35%) deciderà la sorte di Clinton, dell'assistenza sociale e dei fuochi d'artificio. Col naso turato, da qualunque parte si giri. Sempreché abbia possibilità di scelta, giacché talvolta mister Godot, oltre a non votare, tende a non candidarsi. Sono cento i soviet-collegi con il candidato unico per mancanza di avversari che avessero voglia di sfidarlo. Mai così tanti dal 1958. Due anni fa furono appena venti. Si delinea una tendenza, dall'elettore che non c'è al candidato che non c'è, alla rivelazione finale: la pohtica non c'è. Era solo una scusa per parlare di sesso, non viceversa. Gabriele Romagnoli Un elettore di Washington: Clinton Starr, la Lewinsky, i giornali vorrei annegassero tutti Nel Minnesota si candida un ex lottatore con il motto: vinci se puoi, perdi se devi, bara sempre E in cento collegi si è presentato un solo candidato 1 Newt Gingrich (sotto) uno dei maggiori leader del partito repubblicano e (a lato) il presidente Clinton. Il risultato delle elezioni per il Congresso può decidere la sorte del presidente Se i repubblicani otterranno una schiacciante maggioranza è certo che la procedura per l'impeachment verrà accelerata

Luoghi citati: America, California, Florida, Minnesota, New York, Washington