Le elezioni nel segno di Monica

Le elezioni nel segno di Monica Nei sondaggi il Sexgate non sembra pesare, contenuto il vantaggio dei repubblicani Le elezioni nel segno di Monica Martedì il delicato voto di metà legislatura WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nello spot, due signore sulla trentina sedute in salotto mandano i figli fuori a giocare. «E tu che cosa hai detto ai bambini?», chiede una. «Non sapevo cosa dire», risponde l'altra. E la prima: «Certo che è stata una brutta cosa. Ci ha mentito per sette mesi...». Nessun bisogno di dire chi è il bugiardo in questione. Alla vigilia delle elezioni di mid term - martedì gli americani rinnoveranno tutta la Camera, un terzo del Senato e un terzo dei governatorati - i repubblicani hanno deciso di tentare il tutto per tutto riesumando lo scandalo. Ma il tentativo, ancora una volta, sta andando a vuoto. Queste dovevano essere elezioni targate Lewinsky - un grande referendum nazionale sull'impeachment del Presidente Clinton -. E invece, della storia che ha dominato la vita politica americana-per tutto l'anno si è parlato pochissimo in campagna elettorale. Quasi per nulla. Niente sigari proibiti, dunque, niente cravatte Zegna, niente videoclip imbarazzanti. I candidati democratici e repubblicani si sono dati battaglia su questioni molto meno pruriginose: scuola, fogne, svincoli, bretelle autostradali, impatti ambientali. Insomma, amministrazione locale. E il ritorno delle «issues» - dei problemi concreti - ha cambiato profondamente le prospettive dei due partiti. Solo un mese fa i repubblicani, che dispongono di un'esigua maggioranza (228 a 206 alla Camera e 56 a 44 al Senato), erano convinti che lo scandalo Lewinsky avrebbe fatto a pezzi i democratici. Ora si trovano a difendere la loro maggioranza da un partito democratico all'attacco. I due allibratori più rispettati a Washington, Charles Cook e Stuart Rothenberg, prevedono che invece di guadagnare 20-25 seggi alla Camera e 5-6 al Se¬ nato, come speravano, i repubblicani ne guadagneranno meno di dieci alla Camera e due-tre al Senato. Certo, hanno più soldi a disposizione (275 milioni di dollari, rispetto ai 185 milioni dei democratici) e questo potrebbe giocare a loro favore neUa stretta finale. L'elettorato di destra è anche più propenso a recarsi alle urne. E siccome l'affluenza sarà bassa, non oltre il 40 per cento, il grado di mobilitazione sarà un fattore importante. Ma tutto questo non altera le previsioni a tre giorni dal voto: una vittoria risicata dei repubblicani. «Io le chiamo le elezioni dello status quo», dice William Schneider, politologo e analista della Cnn. «Il 95 per cento dei deputati manterrà il suo seggio. Oggi gli elettori americani sono febei e dunque passivi. Le scorse elezioni furono dominate dagli Arrabbiati. Questa volta vedremo scendere in campo gli Imperturbabili». In genere le elezioni di mid term segnano un arretramento del partito che occupa la Casa Bianca. E nessuno pronostica una vittoria democratica nonostante l'indice di gradimento di Clinton rimanga altissimo (65-70 per cento). Ma i sondaggi danno i democratici vittoriosi in California, dove martedì sarà eletto il nuovo governatore. E la riconquista dello Stato più popoloso dell'Unione compenserà abbondantemente la perdita di qualche seggio. L'altra gara che avrà una importante «ricaduta» nazionale è la corsa per il Senato a New York, dove il coriaceo repubblicano Al D'Amato fatica a respingere l'assalto del democratico Charles Schumer. Di Monica non si è praticamente parlato in campagna elettorale, ma il risultato delle elezioni avrà un impatto immediato sull'impeachment di Bill Clinton. Senza una grossa maggioranza nel Congresso, i repubblicani n'on se la sentiranno di mettere sotto accusa il Presidente. Andrea di Robìlant I democratici in vantaggio nello stato-chiave della California Nell'elettorato sembrano pesare più temi concreti e locali I risultati saranno decisivi per l'impeachment di Clinton LE GARE DA SEGUIRE SENATO 63 NEW YORK AL D'AMATO (Repubblicani) 40% CHARLES SCHUMER (Democratici) 40% GOVERNATORI CALIFORNIA GRAY DAVIS (Democratici) 53% DAN LUNGREN (Repubblicani) 42% FLORIDA JEB BUSH (Repubblicani) 51% BUDDY HAKAY (Democratici) 44% TEXAS sili™!»- GEORGE W. BUSH (Repubblicani) 60% GARRY MAURO (Democratici) 30%

Luoghi citati: California, New York, Texas, Washington