IN PRIMA FILA CON MICHAEL
IN PRIMA FILA CON MICHAEL PRIMA PAGINA IN PRIMA FILA CON MICHAEL rosso Ferrari dalle mie parti la gente ce l'ha nel cuore, un po' perché coincide con il rosso della passione politica, un po' perché anche i muri delle città sono rossi e poi perché da Reggio Emilia fino a Pesaro c'è una una concentrazione di motoristica da far paura. Qui si fa di tutto: dagli scooterini da cinquanta ce, fino ai bulldozer da cinquecento cavalli passando attraverso Maserati, Lamborghini, De Tomaso e, cq va sans dire, Ferrari. E quando pochi anni fa anno tentato di resuscitare la defunta Bugatti, hanno trapiantato il marchio in questa nostra terra, in un sobborgo di Modena chiamato Campogalliano. La fabbrica è andata male, ma le macchine erano da urlo. Il rosso, in ogni caso, domina: ricordo che una volta un ingegnere di Maranello commissionò a mio fratello, progettista di verde pubblico e privato, un giardino tutto e solo di piante rigorosamente rosse. Quando seppe che le piante si potevano trovare ma che per il manto erboso non c'era pezza, doveva accontentarsi di un prato verde, considerò seriamente la possibilità di un manto sintetico: rosso, naturalmente. Avevo cinque anni quando mio papà mi portava in via Emilia a respirare l'odore di gomma bruciata, di benzina e di gas di scarico della «Mille Miglia» e mi vengono i brividi se penso a tutti quei mocciosi come me che si sporgevano in avanti senza alcuna protezione per vedere sfrecciare i bolidi. Man mano che passavano, i più informati riconoscevano dai numeri sulle carrozzerie la casa automobilistica e il pilota ma per le Ferrari non c'era bisogno di numeri: erano quelle rosse, e i nomi dei piloti li sapevamo tutti. Anzi, dopo che le belve di Maranello erano sparite dietro l'ultima curva i più dicevano «A psein under a ca': la Ferari l'è bel'e pasèda». Come dire, «festa finita e lumi speriti». Da allora sono sempre stato un tifoso ferrarista inguaribile e quando, non ancora laureato, ebbi un incarico di cattedra alla Scuola media «Dino Ferrari» di Maranello mi sembrò il miglior augurio che potesse capitarmi, come un presagio di buona sorte e sono tuttora convinto che aver respirato per due anni l'aria di quei luoghi mi abbia fatto bene. A volte, quando la scuola aveva bisogno di un finanziamento speciale; per qualche attrezzatura di laboratorio o per arricchire la biblioteca, qualche professore della scuola veniva inviato in ambasceria dal «Commendatore», cercando di solito di scegliere un giorno in cui le rosse avessero vinto. E lui, come ci vedeva entrare diceva «Vliu di sòld, profesòr?», Volete dei soldi, professore? Domanda retorica di cui conosceva già la risposta. Per queste e altre ragioni che sarebbe lungo elencare il sottoscritto sarà inchiodato domani davanti al televisore in ore antelucane mangiandosi le unghie e con le palpitazioni cardiache a livelli di guardia per seguire partenza, sorpassi, fermate ai box (fate presto, porcogiuda che i secondi passano!) per poi svegliare tutta la famiglia, moglie americana inclusa (è una delle occasioni in cui le minoranze etniche devono adeguarsi ai costumi del Paese Ospite) con grida di esultanza per celebrare l'immancabile vittoria. Non ho mai avuto il privilegio di conoscere Michael Schumacher, a mio avviso il miglior pilota sulla piazza, ma se potesse servire a infondergli un milligrammo di concentrazione in più vorrei invitarlo, in caso di immancabile vittoria, ad assaggiare i tortellini di mia madre. La quale, in cucina, è come lui al volante: il massimo. Valerio M. Manfredi
Persone citate: Dino Ferrari, Ferari, Michael Schumacher, Valerio M. Manfredi
Luoghi citati: Campogalliano, Maranello, Modena, Pesaro, Reggio Emilia
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