Salsicce e politica di Paolo Guzzanti

Salsicce e politica Salsicce e politica ERTO, la televisione ha il bello della diretta che è, per l'appunto quel che si dice «tele-visione», ma nulla può tuttavia eguagliare il piacere della lettura dei resoconti stenografici parlamentari, anche nei casi in cui l'occhio elettronico abbia tele-visto, perché quell'occhio di vetro non vede poi tutto, né i microfoni valgono le orecchie da gatto degli stenografi. Così, a rileggersi con comodo e con animo letterario quel che è accaduto e si è detto al Senato della Repubblica martedì scorso in occasione della fiducia al governo D'Alema, rende ancora più vivo e attuale quanto scritto da Le Monde ieri l'altro: «Gli italiani restano artisti ineguagliabili della formula politica in Europa, nel meglio come nel peggio». Effettivamente la genialità spettacolare non manca, anche se il senatore Porcari ha ritenuto attuale citare il principe di Bismarck quando disse che se tutti sapessero con quali ingredenti si fanno i salumi e la politica, nessuno mangerebbe più salumi, né si dedicherebbe più della politica. « Il senatore Porcari,- fra l'altro, è stato uno degli eroi modesti di quest'ultima ri^.voluzion|ì,ne.n.arivj3Ìurzigpe: ex ambaséiatorepassàtòalla politica, nonché aristocratico siciliano, è stato in un primo momento affascinato da Cossiga per la costruzione della famosa area liberaldemocratica per la quale ha tessuto alacremente, e poi con parole e gesti dignitosi si è ritirato da uno scenario che gli appariva bizzarro e diverso da quel che si aspettava e nel quale aveva creduto. Ma ciò che ci sembra straordinaria, nella lettura del testo integrale di questa seduta, è la vitalità del Parlamento, il suo decoro e il suo orgoglio (senza distinzione) anche e soprattutto nelle interruzioni, sicché sembra di leggere anziché la cronaca di ieri l'altro, un polveroso tomo dell'Italietta crispina o giolittiana. Ecco ad esempio il senatore Fiorino insorgere mentre parla D'Alema e osservare con giusta sollecitudine che «la criminalità italiana è l'altro aspetto assai gra- ve!». Non citiamo, anche perché lontano dal sapore del buon tempo antico, lo scontro fra il senatore Pera e il senatore Cossiga, con il primo che dà al secondo del ladro (di bestiame politico) e il secondo che gli risponde dandogli del figlio, anzi del pronipote di buona donna. E poi, sprazzi di surrealismo: ecco infatti la senatrice Pagano interrompere Maceratini il quale sta rievocando i tempi in cui era la destra e non la sinistra a sostenere il Picconatore, gridandogli: «E allora?». Poco dopo prende la parola Salvi, ed ecco che viene subito interrotto da Battaglia, che anche lui grida: «E allora?». Salvi si ferma, non comprende, si riprende, pronuncia altre quindici parole e Battaglia ripete con fare dispettoso: «E allora?». Allora- la senatrice Pagano , ' inventrice dell' interruzione' Con 1'«allora» interrompe Battaglia...che interrompe Salvi, e ùria: «Piantala!», sicché dagli ultimi banchi si ode Fiorino gridare a sua volta: «E' la senatrice Pagano che ha inventato il termine "allora"». Ed ecco così che alcuni fra i padri coscritti prendono a dileggiarsi ricreando come in un film di Tornatore un'atmosfera d'altri tempi, altre nostalgie. E nasce una scena a dispetti incrociati che ha per motivo di fondo il rispetto dei tempi, ma che si traduce in una coreografia di stizze indispettite: è in questo scenario vivo e vivace che si inserisce l'offerta votiva del bambino di zucchero di Cossiga, come pasto post-comunista per l'interdetto presidente del Consiglio. E' stato probabilmente questo insieme di esercizi di fantasia che ha alla fine convinto l'ultimo oratore, l'austero Porcari, a riesumare Bismark e la metafora su salsicce e politica. Paolo Guzzanti nti

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