I servizi segreti a Mattarella Per la sinistra di Augusto Minzolini

I servizi segreti a Mattarella Per la sinistra DALLA PRIMA PAGINA Il presidente del Consiglio ascolta i suggerimenti di Scalfaro e Cossiga: gli 007 a un ex de I servizi segreti a Mattarella Per la sinistra E i ministri neo-comunisti di Cossutta riducono i fondi per il cinquantennio Nato ROMA ALEMA, invece, ha rotto questa prassi e, almeno per il momento^ha passato la mano, seguendo i consigli dei post-Dc che hanno avuto una certa esperienza sull'argomento e che adesso sono i suoi principali alleati: il Capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, e Francesco Cossiga. Quasi a testimoniare che almeno su questo punto è rimasto «figlio di un Dio minore». Così il premier ha accettato le riserve di Cossiga sul nome del sottosegretario alla Difesa, il diessino Massimo Brutti. «Non si possono - è stato l'argomento usato dall'ex-Presidente - assegnare compiti di coordinamento di Sismi e Sisde, che rispondono a due ministri con portafoglio (Difesa e Interni), ad un sottosegretario alla Difesa». E ha scartato per prudenza l'idea di dare quell'incarico al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, l'altro diessino Marco Minniti. Alla fine è spuntato all'uopo il nome del riservatissimo Sergio Mattarella che ha partecipato alle discussioni tra D'Alema e Cossiga sulla vicenda. Il vice-premier ha l'identikit perfetto per il compito: Scalfaro si fida di lui ed è accettabile per Cossiga. Inoltre il personaggio ha avuto sempre buoni rapporti con D'Alema. Eppoi ha il requisito fondamentale: non è un post-comunista ma un erede dello scudo crociato. Qualcuno dirà che il problema non è questo, dato che il Viminale è stato per due anni nelle mani di Giorgio Napolitano. Altri, invece, rimarcheranno la mossa tutta politica di D'Alema: tra poco, a riforma dei servizi approvata, il coordinamento di Sismi e Sisde finirà per intero nelle mani del Presidente del Consiglio e affidare la gestione di questa fase di passaggio al vice-premier è un modo per' evitare possibili frizioni di competenze con i ministri dell'Interno e della Difesa. Detto questo, però, l'innovazione apportata ad una prassi di mezzo secolo è tale da dimostrare già di per sé che alla questione è stata dedicata un attenzione par ticolàre. Eppoi mai come in questa vicenda emerge la filosofia con cui D'Alema è entrato nella stanza dei bottoni: un approccio «soft», prudente anche verso gli apparati. Sicuramente il premier non avrà chiesto neppure il dossier che i servizi hanno raccolto su di lui come su tanti altri uomini politici. Anche se la guerra fredda è finita, come dichiarano all'unisono D'Alema e Cossiga, esiste, infatti, il problema di rassicurare i combattenti di ieri per evitare che le scorie di quel passato avvelenino ancora il presente. Questo è tanto più importante per un governo in cui c'è di tutto. In cui il sottosegretario agli Esteri, il diessino Umberto Ranieri, osserva a proposito dell'arresto di Pinochet che bisogna stare attenti a non ostacolare «il processo di ri¬ conciliazione cileno», mentre il ministro della Giustizia Diliberto, di contro, avvia le pratiche per l'estradizione dell'ex-dittatore. O ancora per una maggioranza dove c'è Cossiga, il più «filo-atlantico» dei democristiani, ma anche i ministri neo-comunisti di Cossutta, che chiedono e ottengono - è accaduto nel Consiglio dei ministri di ieri - di ridurre i soldi stanziati per i festeggiamenti del cinquantenario della Nato. Per sopravvivere in queste condizioni, insomma, c'è bisogno di una buona dose di «realpolitik». Il primo a rendersene conto è D'Alema a cui in fondo non deve essere dispiaciuta l'idea di affidare ad altri la responsabilità dei servizi segreti. Sarebbe stata una brutta gatta da pelare in un governo che, per citare Cossiga, «mette insieme nostalgici del Patto di Varsavia e filo-atlantici, il Kgb e la Cia». Augusto Minzolini A sinistra il vice premier Sergio Mattarella A destra il fondatore dell'Udr Francesco Cossiga

Luoghi citati: Roma