Lo spazio ritrova il suo pioniere

Lo spazio ritrova il suo pioniere Diciannove minuti di ritardo per colpa di un'avaria al sistema di allarme (e un aereo sulla rotta) Lo spazio ritrova il suo pioniere Florida, ore 14,19: il secondo volo di Glenn CAPECANAVERAL dal nostro inviato Alle sette del mattino John Glenn è l'unico uomo sulla Terra a uscire dal mondo dei sogni senza rimpianti, perchè entra nel sogno della realtà. Ci deve essere stato un momento di trepidazione, quando si è accostato alla finestra: l'eterno bambino che guarda fuori al risveglio, chiedendosi se sarà una buona giornata per giocare. Neppure una nuvola. Neanche inforcando gli occhiali: solo azzurro. S'infila la maglietta della Nasa con lo stemma del missile sul petto e va a fare colazione con i suoi compagni: bistecca e uova, cose che nessuno mangia più in America, neppure in Ohio, dove lui è nato, ma questa non è una giornata che appartiene alla sua epoca: la nutrono altre sensazioni e proteine. Fuori, lungo le coste, uh puntaspilli umano occupa ogni centimetri», rBqu^glìandosi'sòKó'tirstìle, ma trovando il vigore di chi si sente al posto giusto al momento giusto. Nella catena che si forma, ogni anello ha una storia: c'è la donna che nacque il 20 febbraio 1962, quando Glenn partì la prima volta, lasciando il padre indeciso tra quale dei due eventi seguire (si presentò, all'ultimo istante, in ospedale, munito di radio) e c'è l'uomo che si chiama John Glenn, nato due anni prima del viaggio orbitale, ma ossessionato dal suo omonimo, al punto da aver fatto il pilota. Puntano il cielo con ore d'anticipo, aspettando la cometa, che, intanto, è entrata in una stanza dove la rendono luminosa infilandole uno scafandro colorato. Quando esce, l'equipaggio del Discovery è tramutato in sei arance e un mandarino (la cardioioga giapponese tascabile). Glenn si muove con comprensibile impaccio, ma, dietro la visiera del casco, dietro le lenti degli occhiali, ha occhi scintillanti. Ce la sta facendo, alla faccia di John Kennedy che lo appiedò, della Nasa che lo mise da parte, della sua famiglia che non lo appoggiò, di tutti quelli che presto si lascerà indietro e sotto. Va a prendersi il suo sogno: bislacco, narcisista e simbolico. Proprio per questo: meritevole di realizzarsi. Noi che non avremmo saputo neppure immaginarlo siamo condannati a guardare e, se capaci, imparare. Stiamo U a guardare le immagini che scorrono sui monitor del centro spaziale: il presidente Clinton che s'imbarca sull'Air Force One nel Maryland per volare fin qui e tenta invano di prendere la mano di Hillary mentre sale la scaletta, facendo dire ai commentatori: «Forse preferirebbe anche lui andare nello spazio, in questo momento, e tornare dopo le elezioni, o mai più»; Walter Cronkite che riappare alla Cnn, con la voce ridotta a un gargarismo, la tosse che lo scuote, le orecchie che funzionano a intermittenza, ma una sacca piena di aneddoti e un curioso modellino spaziale col quale gioca a spiegarci com'è che funziona una cometa; ancora John Glenn, che si avvicina alla rampa di lancio e' con gli altri sei si aggira e saggia le immense strutture, come se stesse controllandole, manco fosse il pilota di un bimotore davanti all'elica impolverata in un campo di grano dell'Ohio. E', invece, il visionario aviatore descritto da Richard Bach in «Illusioni)), quello che atterrava dove non c'era il posto per farlo e scriveva con una piuma blu cose come: «Mai ti si concede un desiderio senza che ti si conceda insieme il potere di farlo avverare. Può darsi che questo costi fatica, tuttavia». La fatica è, anche, per John Glenn, infilarsi dentro la capsula e lasciarsi imbracare da una addetta che lo posiziona in seconda fila, dietro al comandante, nel sedile di mezzo, accanto allo scienziato volante Steve Robinson. Niente finestrini, stavolta, ma non è il caso di reclamare presso la compagnia aerea: aveva chiesto un posto qualsiasi, pur di volare, e l'ha avuto. Ha, anche, sei compagni con cui dividere le emozioni di (quasi) nove giorni. Trentasei anni fa fu solo a vivere le sensazioni di (quasi) cinque ore. Allora John Kennedy lo guardò con entusiasmo e sospetto. Stavolta Bill Clinton lo sbandiera con entusiasmo sospetto. Sale sul tetto per farsi intervistare dalla Cnn, capelli scompigliati dalla brezza, cravatta color cielo. Serenità: sì, ma alle spalle, sullo sfondo. Elogia Glenn come americano, collega e alleato. Dice che ha aperto una fase e gli toccava l'onore di chiuderla, prima di passare alle stazioni spaziali che, afferma, si faranno anche se la Russia è in crisi, a costo di sacrifici americani, perché vuole rilanciare la corsa nello spazio e mantenere la parola di Bush: su Marte nel 2029. Se sia più affidabile nel mantenere la parola altrui che la propria, si vedrà. Ora siamo qui per vedere John Glenn che vola. Oggi è lui il presidente d'America. Nell'84 si candidò rimediando un fiasco, adesso questa folla lo eleggerebbe per acclamazione. In un Paese senza leader né icone che sopravvivano a una tornata di copertine, Glenn è la risposta al disperato bisogno di eroi che alimenta discussioni e attese, che ha magnificato oltre ogni legittimo limite le doti di due giocatori di baseball capaci di smazzare oltre il diamante, che ha portato fin qui almeno, quattro gè* nerazioni, i più vecchi venuti per poter dire: «Io c'ero due volte». E l'uomo che li ha trascinati è adesso fisso al suo posto, nella cassa di agrumi che gli addetti richiudono sigillandola, per poi allontanarsene. Sotto, i gas continuano a sprigionarsi facendo ballare l'aria. Il grande cronometro digitale a lato della rampa arriva al fatidico meno nove minuti che segnala l'avvio del conto alla rovescia decisivo e lì si blocca. Nella sala stampa parte l'anatema per la presenza di Clinton, giacchè i presidenti a Cape Canaveral non portano fortuna. Guasto al sistema d'allarme. John Glenn deve aver guardato il suo giocattolo con rammarico. Ma, di questi tempi, si aggiustano facilmente, e il conto alla rovescia riparte. Si ferma di nuovo a meno cinque minuti: «rain safety», presenze di velivoli nell'area, caccia in volo per spazzare il corridoio allo Shuttle e via, stavolta senza intoppi. Sono le 14 e 19, le 20 e 19 in Italia. Da un monitor, l'ex astronauta Scott Carpenter ripete l'incitamento del '62: «Vai con Dio, John Glenn». Dalla sala di controllo della Nasa una voce femminile annuncia che «... meno tre, due, uno, sei astronauti eroi e una leggenda americana» sono in volo nello spazio. Un giorno non lontano torneremo su questo ponte di sabbia nell'oceano per raccontare le partenze dell'equipaggio che costruirà la prima casa nel cielo, del primo viaggio turistico sulla Luna, della prima spedizione su Marte, delle nuove conquiste dell'umanità. Ma niente sarà come questa che è l'ultima conquista di un uomo che non si è posto limiti e perciò non li ha incontrati, lasciandoci lì, occhi spalancati, a confrontarci con qualcosa che infine eguaglia la nostra residua capacità di meravigliarci. Gabriele Romagnoli Nel '62 restò in orbita cinque ore Ora, a 77 anni deve resistere nove giorni Poche ore dopo il lancio ha parlato con la famiglia: «E' assolutamente magnifico - ha detto - che spettacolo!» s:;s:«.:s. ■;w\?-.8::W»;*.*ì.$zì- ETaV 40 77 PAGA S 12.000 $136473 1 LA NAVICEULA | NOME FRIENDSHIP VII DISCOVERY EQUIPAGGI0 1U0M0 7U0MINI SPAZIO VITALE 1MCUB0 WMCUBI OSLO' 1 10 COMPUTER 0 5 LEVE COMANDO 56 056 SPINTA ALLA PARTEH2A 163.000 KG 3.175.O00KG PESO 1930 KO 69.770*0 LAMISSIONF | NOME MERCURY VI STS-95 LANCI0 20 FEBBRAIO 1962 29 OTTOBRE 1998 DURATA 4H 55' 23" 8 GIORNI, 20H ALTITUDIHE 0RBITALE 260 KM 523 KM SPINTA MASSIMA 7,7 VOLTE 3 VOLTE SUBITA DAll'UOMO ILSUOPESO ILSUOPESO DISTANZA PERC0RSA 121.794 KM 5.800.000 KM LU0G0 D'ATTERRAGGIO OCEANO ATLANTICO CENTRO SPAZIALE KENNEDY (FLORIDA)

Luoghi citati: America, Florida, Italia, Maryland, Ohio, Russia