Riforma elettorale, uno spiraglio dal Polo

Riforma elettorale, uno spiraglio dal Polo | L'ex pm spinge sul referendum, il premier promette che se ne occuperà il governo Riforma elettorale, uno spiraglio dal Polo Ma Berlusconi è incerto nella scelta fraD'Alema e Di Pietro ROMA. Alla fine si son ritrovati a chiacchierare di giornalisti. «Li facciamo salire?». Casa Berlusconi all'ora di pranzo: Fini, Casini e il padrone di casa sono riuniti nell'ennesimo vertice della loro vita e prima del rompete le righe, consumano le ultime parole. Ma è Berlusconi a spegnere il dibattito: «E' inutile fare una conferenza stampa, non mi sembra ci sia un messaggio nuovo da comunicare». Ben detto: sono tutti d'accordo e ognuno se ne va a pranzo per conto suo. Ultimo di una sfilza lunghissima di summit del Polo, il vertice di ieri ha consentito ai tre leader di ritrovarsi d'accordo sul minimo comun denominatore: estrema diffidenza a farsi invischiare in una mega-trattativa sulle riforme e disponibilità a verificare i margini di intesa sulla riforma elettorale. Eppure, quella rinuncia a vedere i giornalisti - di per se episodio banale - è una piccola spia, accesa sull'empasse del Polo, sul grande dilemma che di nuovo angustia Silvio Berlusconi: imboccare la via d'uscita referendaria-elettorale dove incontrerà l'odiato Di Pietro, oppure tentare di nuovo l'intesa parlamentare con D'Alema? In queste ore la «corte» di Di Pietro sul referendum si fa sempre più serrata, sia pure con le rudezze del pretendente («O sì o no, niente ni...»). Ma ogni volta che si parla di Di Pietro, Berlusconi si irrigidisce. Alcune notti fa, con qualche accento drammatico, ne ha confessati i motivi ai suoi parlamentari: «Io - ha spiegato il Cavaliere - non sono sereno con Di Pietro: chi mi ripagherà del fango gettatomi come presidente del Consiglio? I quattro anni di calvario di mio fratello e le lacrime di mia madre? Dobbiamo fare attenzione verso quel personaggio...». Ma non è soltanto una questione di «pelle». Il referendum avrebbe un effetto certo, «quello - dice Fini - di spazzare via le tentazioni proporzionalistiche». Ma a Berlusconi il sistema proporzionale non è mai dispiaciuto e martedì, nella sua casa di Arcore, il «dottore» ha ascoltato con interesse quel che gli ha detto Giuliano Urbani: «Se l'obiettivo è quello di assicurare maggioranze stabili - è la tesi del professore - questo risultato non lo assicura il referendum che affastella maggioritario a maggioritario», ma un meccanismo proporzionale «che assicuri un premio di maggioranza alle liste collegate che superino, per esempio il 40 per cento». Quel che Berlusconi non ripete più - e i suoi alleati sanno a memoria - è il vero rovello del Cavaliere: solo una Grande Riforma, un approccio di alto profilo potrebbe consentire, a fine percorso, di alleviare le grane giudiziarie del leader di Forza Italia. «Di D'Alema e dei suoi non mi posso fidare», si cruccia Berlusconi, ma se ci fosse un'apertura seria... Stavolta però è Fini a sbarrare la strada : il lea- der di An non ha mai dimenticato le ore amare in cui si ritrovò spiazzato, allorché Berlusconi si tirò fuori da un giorno all'altro dalla Bicamerale. Stavolta Fini - come ha spiegato ai suoi - non ha «alcuna intenzione» di lasciarsi irretire, magari per scoprirsi poi costretto ad una nuova retromarcia. «Siamo disponibili a discutere soltanto di legge elettorale - dice il capo di An - e non di leggi costituzionali». In realtà Fini ha già scelto la via referendaria, ha già deciso di riagganciarsi ad un movimento che sa maggioritario nel Paese, ma sospetta che D'Alema e Amato prima o poi possano far baluginare la sirena dell'elezione diretta del Capo dello Stato. E infatti stronca sul nascere ogni tentazione: «Non c'è alcuna possibilità, la via maestra è quella della Assemblea Costituente». Certo, per il momento il «nemico» non si è ancora mosso ed è più facile restare compatti. Ma dentro al Polo c'è un'anima più disposta al dialogo: «Perché il dialogo possa riprendere - dice Marco Follini, portavoce del Ccd - è la sinistra che deve fare un mutamento fondamentale. Il percorso è lungo, ma se ci fosse una possibilità seria di riscrivere a più mani le regole, noi dovremmo coglierla senza ritirarci sotto le tende». Ma con una condizione in più dopo il «salto» dell'Udr. «Serve una legge - dice Fini - che eviti i ribaltoni trasformistici» e il presidente dei senatori Ccd D'Onofrio anticipa quella che potrebbe diventare la proposta del Polo: «Per bloccare l'insopportabile fenomeno della transumanza ci sono due strade: chi cambia campo, perde il seggio; oppure si adotta il sistema dei Comuni: il partito che cambia schieramento non può votare per un altro premier, altrimenti si va a nuove elezioni». Fabio Martini Fini: prima va confermato il maggioritario C'è chi dice che bisogna tornare al proporzionale D'Onofrio: due strade per evitare i ribaltoni o si perde il seggio o si torna al voto ^^^^^^^^^^^^^^^^ | Antonio Di Pietro e Mario Segni A sinistra: il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Arcore, Roma