Olivetti, l'invenzione d'un mondo nuovo

Olivetti, l'invenzione d'un mondo nuovo la memoria. Dalle macchine per scrivere alle edizioni di «Comunità»: mostre e convegni per i 90 anni dell'azienda Olivetti, l'invenzione d'un mondo nuovo Òggi si inaugura l'archivio storico diario di un 'avventura controcorrente •H ivrea A Olivetti compie oggi 90 anni e li festeggia nel suo | I stile, badando ai fatti, senesi za retorica, e dunque inaugura stamattina il suo archivio storico, che è il racconto di un'avventura straordinaria, non solo imprenditoriale ma anche culturale e civile, nella bellissima Villa Casana nel parco di Montefiorito. C'è la biblioteca, certo, con le Edizioni di Comunità che ora ripartono da Einaudi, e tante altre collezioni sulla storia dell'azienda; c'è la raccolta di riviste che hanno caratterizzato un metodo, una ricchissima varietà di interessi e di interventi, come SeleArte, la svelta e coraggiosa pubblicazione diretta da Ragghiane, e Comunità, sul cui primo numero del '48 figurava in copertina l'editoriale di Ignazio Silone dal titolo emblematico, «Il mondo che nasce», e Tecnica ed Organizzazione, su cui si dibattevano, forse per la prima volta da noi con la mentalità e gli strumenti più moderni, i problemi del lavoro in fabbrica e fuori. E poi foto, filmati, manifesti, testimonianze. Ma in primo piano vanno forse posti gli archivi della famiglia Olivetti, delle numerosissime personalità della cultura coinvolte nell'impresa a Ivrea, e della stessa società, dove compaiono gli studi nati dall'interno, dall'esperienza e dalla visione di mia nuova fabbrica - di psicologia, sociologia, architettura e urbanistica, quelle scienze umane e sociali insomma che dalla Olivetti ricevettero nel nostro Paese un impulso decisivo. Erano coso nuove, spesso osteggiate dal mondo accademico. Croce riteneva ad esempio la sociologia una pseudoscienza, e ai marxisti essa appariva una «deviazione socialdemocratica», una sorta d'astuto tradimento della causa operaia, come ricorda Franco Ferrarotti, definito allora il profeta, il Maometto di Adriano Olivetti. E tuttavia quest'archivio non vuole avere lo sguardo rivolto soltanto al passato: vuole anzi darsi da fare soprattutto nell'oggi. «Sarà una specie di bandiera per quanti si riconoscono nella cultura d'impresa Olivetti, nella sua idea di libertà e di responsabilità»: è l'obiettivo di Bruno Lamborghini, presidente dell'associazione che cura appunto l'archivio. Faranno un museo attivo, ospiteranno piccole imprese e il corso di laurea in comunicazione dell'Università di Torino. Quasi un super-centro studi. Un gruppo di studiosi è difatti lì a dare una mano, con Castronovo, Sapelli, Gallino, altri ancora. Suscitare energie è il compito, favorire idee, organizzare incontri. Il convegno internazionale che si tiene oggi è il primo esempio di questa attività. E' ospitato nell'ex Officina H, un gigantesco cortile ricoperto da splendide vetrate («un luogo che odora ancora del grasso delle macchine», dice Lamborghini), ed è dedicato al design, individuato giustamente come motivo conduttore, unitario, nella storia della Olivetti: il titolo, per l'esattezza, è «Nuovi contesti per il design industriale. L'Europa che cambia, il lavoro che cambia». H sociologo Guido Martinotti traccia in apertura lo scenario di fondo: la fabbrica che non è più un luogo recintato, chiuso, ma esplode nella società, grazie alle nuove macchine informatiche, in un'inedita costellazione di piccoli centri autonomi; e il passaggio dalle macchine labour and Urne saving, che fanno risparmiare fatica e tempo, alle macchine time consuming, che fanno consumare il tempo liberato, tv, Internet, telefonino ecc. Gli oggetti, i prodotti, diventano quotidiani, domestici, amichevoli, perdono ogni aspetto pesante, duro. Sono gradevoli, divertenti. Un'evoluzio- ne che si nota nella mostra anch'essa inaugurata oggi, con una trentina di prodotti storici della Olivetti, dalla prima macchina per scrivere MI, così matronale, metallica e nera, alla portatile Valentine disegnata da Sotsass, di allegra plastica rossa. Al convegno, insieme con americani, europei, giapponesi, partecipano i designer storici della Olivetti, Bellini, Sotsass, Zanuso, e l'attuale responsabile del settore Michele De Lucchi, ben consapevole della lunga eredità alle sue spalle, dell'idea potente e complessa di design che caratteriz¬ za la fabbrica d'Ivrea. Il design qui è a raggiera, è il punto d'irradiazione e di convergenza di diverse tensioni progettuali che riguardano il prodotto, la fabbrica, i rapporti umani, la comunicazione, il territorio (è bene ricordare che il primo piano regolatore in Italia, quello per la Valle d'Aosta, nasce proprio in Olivetti, nel '37). C'era il Bauhaus, il funzionalismo... Design come volontà di plasmare gli oggetti e l'ambiente, come sempre valido progetto etico globale. Claudio Altarocca Pubblicità del '35 A sin. Camillo Olivetti. A destra lo stabilimento agli esordi Pubblicità del '35 A sin. Camillo Olivetti. A destra lo stabilimento agli esordi

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