Il Giappone s'inchina a Gandhi
Il Giappone s'inchina a Gandhi Oggi a Tokyo la consegna del «Praemium Imperiale», Nobel per le Arti alla decima edizione Il Giappone s'inchina a Gandhi Attenborough e Rauschenberg nella cinquina dei vincitori TOKYO DAL NOSTRO INVIATO Un Nobel delle arti all'ombra di grattacieli e giardini zen, tecnologia e meditazione. Fu fondato dieci anni fa con l'obiettivo di diventare santuario di una cultura senza confini, promuovere cooperazione e spirito di pace con riconoscimenti alla creatività artistica quale suprema manifestazione dello spirito. Benché nato in Giappone, è denominato «Praemium Imperiale», con richiamo al valore atemporale e universale dell'arte. Promosso dalla Japan Art Association, fondata nel 1897 dalla casa imperiale, il premio è assegnato ogni anno a cinque personalità da un comitato di sei consiglieri internazionali, assistiti da esperti di vari Paesi. Esso consiste in 15 milioni di yen, circa 200 milioni di lire, e in una medaglia d'oro su cui sono incisi, in latino, i principi cui si ispira: Pulchrum, Creatio, Inspiratio. I vincitori di questa decima edi- zione sono Richard Attenborough (Regno Unito) per cinema e teatro, Sofia Gubaidulina (Russia) per la musica, Dani Karavan (Israele) per la scultura, Robert Rauschenberg (Stati Uniti) per la pittura, Alvaro Siza (Portogallo) per rarchitettura. Nessun italiano, ma l'albo d'oro dei premiati ne registra ben cinque nelle passate edizioni: Umberto Mastroianni, Arnaldo Pomodoro, Federico Fellini, Gae Aulenti, Renzo Piano. In questi dieci anni il Praemium Imperiale è diventato per molti versi il Nobel dell'arte. I sei «saggi» non sono scopritori di talenti, ma offrono il riconoscimento ad artisti che si sono distinti per creatività e che nelle loro opere si ispirano a valori di pace, tolleranza, esaltazione della dignità umana. Quattro dei sei saggi hanno avuto grandi responsabilità internazionali: Raymond Barre, già primo ministro francese, Edward Heath, già premier britannico, Helmut Schmidt, cancelliere in anni decisivi per l'Europa e la Germania; Yasuhiro Nakasone, energico premier del Giappone ruggente di metà Anni Ottanta. Con loro, due personalità che essendo a capo di grandi imprese hanno ruoli diversi ma con grandi responsabilità sociali: Umberto Agnelli e David Rockefeller junior. Questi è subentrato al padre, David, mentre Umberto Agnelli non ha potuto sottrarsi alle richieste di entrare in giuria dopo che un altro ex capo di governo, Amintore Fanfani, si era nel '95 dimesso per ragioni di età. Non si trattava solo di conservare per l'Italia una posizione in un consesso di prestigio, ma anche, per Agnelli, accettare il riconoscimento, implicito nella richiesta, di tutta la sua azione per l'amicizia tra Italia e Giappone. Insignito della più alta decorazione giapponese, Agnelli è infatti presidente dell'Italy-Japan Business Group, di cui è stato fondatore, e presi¬ dente dell'Associazione ItaliaGiappone. La cerimonia di consegna del premio si svolge oggi in un complesso dedicato all'imperatore Meji, sotto il cui regno nel secolo scorso si avviò la modernizzazione. Ieri, annuncio e presentazione dei premiati. Attenborough, tra i cui lavori è il film Gandhi; Guibadulina, già allieva di Shostakovich, che cogliendo la sua non ortodossia ideologica le disse «Vada avanti sui suoi sentieri sbagliati», per la spiritualità della sua opera; Karavan per la sua «scultura ambientalista» di grandi dimensioni, realizzata con tutti gli elementi della natura, ispirata alla memoria, dalle vittime di Hiroshima a Rabin; Rauschenberg per la sua pittura volta a suscitare consapevolezza sull'ambiente, l'educazione, la fame nel mondo; Siza per le sue realizzazioni, «una breccia nel pensiero contemporaneo». Fernando Mozzetti
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