La Spagna sogna Franco e il processo che non ci fu di Mimmo Candito

La Spagna sogna Franco e il processo che non ci fu La Spagna sogna Franco e il processo che non ci fu UN PAESE MOBILITATO MADRID DAL NOSTRO INVIATO Oggi intanto gli spagnoli faranno i loro conti in casa, decidendo se - per le leggi di qui - il giudice Garzóri abbia comunque titolo per poter processare Pinochet. Però, ieri, altro che Londra, o Santiago. Bisognava proprio esserci, ieri pomeriggio, qui a Madrid, verso le cinque, quando si è saputo del primo «no» inglese sull'arresto del malandato dittatore. Letta da una delle tanto radio che qui si ascoltano dovunque, giorno e notte, la notizia è quasi volata nell'aria, portata rapidamente dall'uno all'altro, per strada, dentro i negozi, alla fermata dell'autobus, perfino tra i taxi; pareva davvero il teorema di Lippmann. Nella nuova era della comunicazione elettronica, quest'antica capitale riscopriva all'improvviso, in quel «no», l'efficacia partecipativa del messaggio orale e gli si abbondanava con il gusto tutto spagnolo della «tertulia». Confusi dentro i gruppi che discutevano con fervore, Freud e l'altro vecchio dittatore, Francisco Franco, s'intrattenevano sull'argomento. Il fatto è che Pinochet ieri, qui, valeva assai più del mitico Real Madrid e perfino più del torero Rivera che un paio di giorni fa ha sposato la duchessina di Alba con cinque ore di diretta tv (e quattro milioni e mezzo di spagnoli incollati davanti allo schermo). Valeva di più perché Garzón - con la sua caccia al dittatore cileno - ha finito per tirar fuori dall'anima di questo Paese memorie ed emozioni che la vita collettiva sembrava aver sepolto nel fondo lontano di una transizione con¬ segnata alla storia. Certo, la prima decisione dei giudici inglesi porta via gran parte delle tensioni e del suspense, autentico, diffuso, che in questi giorni hanno accom¬ pagnato l'attesa dell'imminente verdetto della Procura spagnola. Si sapeva bene che i magistrati competenti, Eduardo Funairinò e Pedro Rubira, non hanno brillato finora per sensi- bilità democratica (Funairinò è quello stesso che, alcuni mesi fa, pronunciò l'ormai celebre giudizio secondo il quale le dittature di Pinochet e della Junta argentina non furono «illegittime» in quanto «sospensioni soltanto temporanee» de! regime giuridico costituzionale); ma c'era comunque il dubbio che una lettura rigorosa delle norme potesse consegnare una sorpresa. L'attenzione e l'interesse andavano al di là del possibile verdetto della Procura. Lo dice assai bene, con il piacere di chi non vuol misurare i giudizi, il vecchio anarchico e ribelle Francisco Umbral: «L'arresto di Pinochet a Londra ci ha dato il piacere di recuperare quella cattura del Caudillo che noi spagnoli abbiamo sempre sognato e però non abbiamo mai potuto vedere». E' probabile che non proprio tutti gli spagnoli abbiano sognato di vedere Francisco Franco sbattuto in galera, a pagare il milione di morti della Guerra Civil; la società spagnola è complessa, e articola in misura più variegata il proprio giudizio (tanto da avere oggi al governo i nipotini di Franco, o comunque i suoi lontani eredi). Però non pare eccessivo quello che comunque dice Paco Umbral, che «il nostro subcosciente collettivo aveva proprio bisogno che alla fine si trovasse un dittatore da mettere sotto custodia». La Spagna venuta fuori da una transizione senza traumi né sangue si è vista all'improv¬ viso di fronte allo specchio deli1* propria storia. E sono bastate alcune infelici parole di Aznàr (quelle secondo le quali l'arresto di Pinochet ferirebbe «alcune sensibilità»), perché tornassero fuori dalle ombre dell'inconscio le memorie di conti che in realtà non furono mai saldati. Si chiedeva ieri lo storico Javier Tusell: «Ma davvero le transizioni pacifiche alla democrazia si basano su una sorta di cancellazione dei registri, e sull'apertura di una nuova partita contabile?». La risposta finivano per darla, nelle stese ore, tutti quegli spagnoli che s'erano fermati per strada, all'improvviso, spontaneamente, per discutere di una notizia appresa dalla radio. Non tutti erano delusi dalla decisione di Londra, e non tutti sentivano davvero come una notizia «spagnola» la storia giuridica del vecchio generale chiuso nella clinica di Belgravia; però tutti sapevano che quella storia li riguarda comunque, loro stessi, uno per uno, e collettivamente, e che comunque quella storia richiama all'obbligo di un giudizio la loro coscienza di spagnoli d'oggi. Non c'è rottura di continuità, in una società democratica, ma l'assunzione delle responsabilità è un dovere che non può essere delegato ad altri. «Volevamo tare un processo vicario, mettendo Pinochet al posto di Franco», diceva ieri Umbral. Resterà ancora un sogno. Mimmo Candito

Luoghi citati: Alba, Londra, Madrid, Santiago, Spagna