«Fermeremo i profughi in Albania» di Pierangelo Sapegno

«Fermeremo i profughi in Albania» Missione a Tirana del ministro Russo Jervolino: controlli del territorio, ma niente arresti «Fermeremo i profughi in Albania» Polizia italiana pronta allo sbarco TIRANA DAL NOSTRO INVIATO Al ministro, Tirana sarà sembrata quasi una città normale. C'è il solito traffico, rallentato un po' da qualche carro con il ciuccio, c'è il mercato, il cambio nero, c'è la solita coda fuori dall'ambasciata. Tirana adesso è una città appesantita da tutti quelli che aspettano di veder passare la tempesta prima di tornare a Valona. Ci sono cinesi, indiani, macedoni, truppe di kossoviani e di curdi, c'è questa strana folla di un esodo quasi biblico che percorre verso Sud il Paese degli scafisti. Il nuovo ministro degli Interni, Rosa Russo Iervolino, viene qui e incontra il nuovo ministro degli Interni albanese, Petra Koci. Tratta, ascolta e promette. Il problema è Valona, questo incredibile porto della disperazione. L'Italia manderà un nuovo contingente di polizia, annuncia il capo del Viminale: farà lavoro da terra, «quello che serve di più: maggiore prevenzione e meno rischi». Qualcuno parla già di «nuova operazione Alba». Ma a onor del vero, il paragone sembra un po' esagerato. Allora, c'era anche l'esercito, e i soldati erano migliaia. Questa volta ci saranno carabinieri, polizia, e guardia di finanza. «Quanti verranno?», chiedono i giornalisti. «I numeri non li sappiamo ancora», taglia corto la Iervolino. Si comincia da qui, ma si comincia anche da altri dati. Non ci sarà nessun sequestro forzoso degli scafi, ma solo un decreto legge che ne limiterà la potenza e quindi, in teoria, anche l'uso: «E' giusto che se ne servano per altre attività, come quelle della pesca e del turismo». Poi, saranno istituiti due nuovi nuclei marittimi, a Durazzo e Valona, annuncia il ministro albanese, Koci. Si va avanti sulla linea tracciata da Napolitano, con qualche ritocco in più: «Tra i punti innovativi, realizzare una più forte collaborazione fra le forze dell'ordine dei due Stati per attuare un controllo, un contrasto a terra più forte, sul traffico dei clandestini». Tutto questo basterà davvero? In questi giorni, da questa capitale di frontiera, sembra ancora un'impresa ardua, quasi impossibile. Ma non ci si ferma qui, insiste il ministro, e «questa sera stessa noi andremo a Vienna e a nome del governo italiano solleciteremo una logica di cooperazione fra tutti i Paesi europei. Questo non è solo un problema italiano». Vedremo. Intanto, oggi, c'è il ministro dell'Interno. Poi verrà quello degli Esteri, Diiii, «e spetterà a lui affrontare in modo più organico i temi riguardanti i complessi rapporti fra i due Paesi». E poi, magari, verrà anche D'Alema. Majko Pandelj, presidente del Consiglio albanese, invece farà un viaggio a Roma, «ai primi di novembre», annunciano. In mezzo a tutto questo viavai, si parlerà pure di aiuti, di punizioni e di soldi. Dentro, i ministri trattano. Fuori, c'è questo accampamento di stranieri in attesa di marciare verso il mondo, c'è questo scenario incredibile che si para davanti agli occhi, c'è una città che galleggia sulla disperazione. E a che cosa serve che i visti dell'ambasciata italiana siano passati in un anno da 20 mila a 60 mila? «Oggi, quelli che lo chiedono, in Albania, sono 140 mila». E questi sono solo i numeri più piccoli della grande fuga. Petra Koci avvia la conferenza stampa e cerca di sottolinearlo, che l'emergenza Valona «è diventata una priorità per il governo albanese, anche perché ormai ci rendiamo conto che il rischio può portare a una destabilizzazione del Paese da parte della criminalità più aggressiva». L'Albania, dice, deve combattere il traffico dei clande¬ stini, delle armi e della droga: «Abbiamo concordato un nuovo protocollo d'intesa per l'addestramento della polizia albanese». Questa collaborazione esiste già dal settembre '97, spiegherà poi Ferdinando Masone, capo della polizia italiana, solo che adesso verrà accentuata. Alla fine, il risultato è questo. La nostra polizia sbarcherà a Valona. Anche se Rosa Russo Iervolino ripete che «né l'Italia né l'Albania ritengono che il problema debba essere affrontato soltanto attraverso strumenti repressivi e con l'impiego delle forze dell'ordine». I giornalisti, quando finisce la conferenza, continuano a chiedere se carabinieri o agenti potranno anche ef¬ fettuare degli arresti. La Iervolino sgrana gli occhi: «Non è nemmeno pensabile». E Petra Koci sorride: «Possiamo cooperare e migliorare le cose». Non sembra molto, ma bisognerà aspettare per vedere i primi risultati. Questi, in fondo, sono i giorni dell'attesa. Aspettano tutti, aspettano questi popoli dolenti delle migrazioni, aspettano gli scafisti, i mule sciacalli di questo traffico senza fine. E oggi ci sono trenta posti di blocco da Tirana a Valona. Polizia e forze speciali, tute mimetiche e passamontagna sul volto. Non era successo nemmeno ai tempi di Berisha, della guerra civile. Pierangelo Sapegno Il ministro dell'Interno Rosa Russo Jervolino. Ieri l'incontro a Tirana con il suo omologo albanese Petro Koci