La rivincita dell'uomo delle valigie

La rivincita dell'uomo delle valigie La rivincita dell'uomo delle valigie Richiamato in servizio: affondiamo, aiutaci PRIMA PAGINA PERO' voglio con me la mia squadra», ha dettato le condizioni con il tono di un generale, chiamato ancora una volta a vincere una battaglia. Gliela danno subito, la sua squadra. E fino alle sei del pomeriggio, fanno dodici ore filate nel tentativo di arginare la fiumana di conchiglie rigide a rotelle, sacche di tutti i colori, valigie flosce, porta abiti, beauty case, cartoni. «Facciamo all'americana», spiega ai suoi uomini che è ancora l'alba, che non c'è un aereo in pista ma solo quella montagna di bagagli ammassati. E allpja .fannp. aU'americana. Gli aerei, tutti quanti, partono a pieno carico. Con i bagagli dei passeggeri e quelli dispersi, guardando le etichette una a una se i lettori ottici non funzionano, se i computer vanno ancora così e così. Ma chi lo frega, Francesco Bertazzoli da Pandino, moglie casalinga e un figlio che ironia della sorte è quasi del ramo, lavora alla svedese Sas, settore informatico. «Belli i computer, ma se adottavano anche il sistema in uso a Linate era meglio», assicura lui che sin dalla prima occhiata a questa nuova cattedrale in costruzione, aveva fatto così con la testa. «Non va», aveva detto. E la profezia si è avverata. «Non va perché mancano gli spazi, perché i nastri trasportatori sono a cinquanta centimetri da terra e non a cinquantanove come a Linate e quindi c'è pure un problema ergonomico», spiega lui, gli occhiali da vista attaccati al cordino, il maglione bordeaux a rombi, la camicia a quadrettini bianchi e blu. «Volevano fare un aeropor- to bello e lo hanno fatto. Volevano i computer e li hanno messi. Ma l'organizzazione...», scuote la testa Bertazzoli. Che se volesse terrebbe in scacco ingegneri, architetti, funzionari e figuriamoci i cervelloni elettronici. Che ha più esperienza lui, entrato a Linate il 27 marzo '62 e in un amen è diventato Rit, cioè responsabile in turno. Poi Cat, coordinatore d'area in turno, poi capo ufficio smistamento e adesso professional, il quadro più alto, il livello da dirigente più basso. «In un giorno abbiamo smistato un surplus di almeno 1500 bagagli, smaltendo tutti quelli in transito», assicura lui. «Quanti ce n'erano? Mah, stamattina saran stati seimila, settemila...», allarga le braccia. Adesso che nessun numero può spiegare come sia l'angolo di un capannone con un lato di cinquecento metri, chilometri di nastri e in un angolo i monitor, le telecamere e i lettori ottici. «Non c'è lo spazio, manca lo spazio, ci voleva più spazio», insiste Bertazzoli. Mentre racconta che i nastri sono 44, che il primo, il ventiduesimo e l'ultimo sono per i bagagli run out, quelli con l'etichetta illeggibile, praticamente i figli di nessuno. Ai gate d'arrivo, nei due saloni di smistamento dei bagagli per i passeggeri, girano e rigirano sempre le stesse valigie. Il monitor avvisa che sono i bagagli in arrivo da Valencia, quindi area Schengen. Quelli che passano sono invece un compendio di geografia mondiale. Guardando le etichette si vede che sono planati qui da JFK New York, Praga, Barcellona, Boston, Hong Kong, Tel Aviv, Copenaghen e Narita Tokyo. C'è chi aspetta i bagagli un'ora, chi tre, chi da un giorno. E c'è chi è atterrato già chissà dove, pensando di avere il bagaglio appresso e invece no. «Questo perché i bagagli in transito si muovono nella stessa zona dei bagagli in arrivo e in quella di partenza», giura lui, che se glielo facessero rifare, questo Malpensa Duemila lo rimetterebbe in squadra in un attimo. Dalla Sea fanno sapere che hanno aumentato il personale nell'area bagagli, adesso sono in 400. Francesco Bertazzoli non dice nulla, non fa commenti, pensa solo ai suoi uomini che han lavorato dodici ore e che stamattina, puntuali alle sei, saranno ancora qui. «Quattro, cinque giorni, e con i bagagli ce la facciamo», è la sfida che lancia lui. C'è da credergli. Alla faccia di tutti quelli che sette mesi fa storcevano il naso alle sue profezie: «Glielo avevo detto che non andava, ma loro dicevano di non preoccuparsi. Tanto era tutto meccanizzato, tanto c'erano i computer». Fabio Potetti Ha accettato a un patto: «Vengo solo se posso avere la mia squadra» «Sette mesi fa li avevo avvertiti: andrà tutto in tilt» A 72 ore dall'avvio, il nuovo aeroporto di Malpensa 2000 sembra finalmente decollare. Ma anche ieri non sono mancati i disagi: 31 voli cancellati, molti in ritardo. E guai anche per il ritiro dei bagagli

Persone citate: Bertazzoli, Fabio Potetti, Francesco Bertazzoli, Valencia

Luoghi citati: Barcellona, Boston, Copenaghen, Hong Kong, New York, Pandino, Praga, Tel Aviv, Tokyo