Lo «show» del Picconatore

Lo «show» del Picconatore Lo «show» del Picconatore Pera lo attacca: ladro barbaricino «Pensi al mestiere delle sue ave» ROMA. Gli occhi di D'Alema si fanno a spillo, ma il sopracciglio non si muove, il premier è seduto compitamente, non sta neanche facendo l'origami con il quale per solito si rilassa, e commenta solo con brevi cenni del capo il dibattito sulla fiducia al suo gabinetto che si sta svolgendo nell'aula di Palazzo Madama. E' un paio d'ore che se ne parla, e gli animi si sono agitati quanto dovuto, in particolare quando Cossiga ha impostato un ampio discorso, la guerra fredda è finita, i comunisti non esistono più in Italia così come non esistono i fascisti, e comunque «nel nostro Paese la sinistra ha contribuito alla libertà, modernità e democrazia come i laici, i liberali, i democratici». Insomma, Cossiga di fatto ha incoronato il D'Alema come primo governo della democrazia compiuta. Ma il corposo discorso, «tagliato» un paio di volte dallo scampanellio del presidente del Senato, è stato reso spettacolare dalla consueta verve dell'ex capo dello Stato. I fuochi d'artificio cossighiani hanno ravvivato l'atmosfera un po' spenta del dibattito, e del resto erano stati annunciati dallo stesso autore, «siamo pronti a scatenare la rissa...» aveva detto Cossiga entrando in aula. E così è stato. Tra due virgole, come fosse niente più di un inciso, l'abbrivio è stato tutto per il senatore D'Onofrio, confidente e cossighiano della prima ora, quando il Picconatore era in piena funzione al Colle: «L'amico D'Onofrio mi ha consolato con alcune parole, lenendo la mia amarezza, perché negli ultimi mesi egli era turbato, non mi riconosceva più quando lo incontravo, e io non capivo di cosa soffrisse... Forse i postumi di un complesso, come se io fossi il suo padrepadrone: ma adesso che mi ha pugnalato alle spalle, dovrebbe starsene più sereno». Le telecamere inquadrano D'Onofrio, trasformato in statua di sale che tenta di sorridere. Poi, a mezzo intervento quando è costretto per accorciare i tempi a poggiare sullo scranno i fo gli di carta del proprio discorso, il senatore Cossiga si è rivolto a Marcello Pera, che di lui aveva detto poco prima: «Cossiga è un barbaricino ladro di democrazia». «A Pera vorrei dire che non sono barbaricino, che i miei avi sono pa stori, forse hanno anche rubato delle pecore, ma non ho il cognome che deriva da cose inanimate, e che si è sempre dato a chi è di nascita incerta». Il che è come dire con circonlo cuzione degna di un romanzo di Dumas che Pera sarebbe di madre ignota, o anche di peggio: «Lascio quindi derivare quale fosse il mestiere delle sue ave...». Un botta e risposta nel quale, pochi minuti più tardi, si inserirà con un paragone ardito anche Giulio Maceratini: «Cossiga, ieri nemico della sinistra, oggi realizza quello che Clinton definirebbe come "relazione impropria" - dira il capogruppo di An -. Lascio a voi stabilire, trattandosi di due presidenti, chi è Bill chi è Monica fra questi due...». All'attacco contro Pera, dai semivuoti banchi di Forza Italia si è sollevato un certo rumore, che il senatore Cossiga ha sedato ostentando saggezza, «chi offende si deve abituare ad essere offeso, cari colleghi». Ma niente al confronto di quello che s'è scatenato nel passaggio del discorso dedicato al tema del conflitto d'interesse. Esso, ha detto Cossiga, «non è problema che riguardi una persona, è problema che riguarda la democrazia, è problema di rapporto tra denaro e potere, e dunque è problema che deve affrontarsi in Parlamento». Anche perché io non so, ha aggiunto maliziosamente, «se negli Stati Uniti sarebbe possibile quel che è successo in Italia». E' stato qui che dai semi.vuoti scranni del Polo s'è alzato più di un grido: «Certo, negli Stati Uniti l'Udr non sarebbe mai nata». Cossiga non s'è fatta scappare l'occasione di mano: «Sarei disposto anche a scomparire, se Berlusconi si accontentasse di essere semplicemente il Cavaliere». Dunque, in maniera incisiva perché diretta, Cossiga ha affermato con forza quel che poi, tra una celia e l'altra del tipo «se i comunisti mangiano bambini, come mai al bar del Senato non si offrono ancora cosciotti d'infanti arrosto?», ripeterà appunto al caffè di Palazzo Madama: Berlusconi col suo conflitto d'interesse blocca Forza Italia, e dunque frena lo sviluppo del centro moderato. Perché poi, ha detto e ripetuto fuori e dentro l'Aula, gli elettori, i deputati, i militanti di Forza Italia vengono dalla de, dal psi, dal pli e dal pri. Anzi, «anch'io, nel '94, avevo votato per gli Azzurri», ha aggiunto Cossiga. Il quale, non ancora soddisfatto, mentre il dibattito scemava - e Pera, a denti stretti, definiva il suo discorso «deludente nonostante il whisky» - s'è arrampicato fino a D'Alema, i cui occhi si son fatti di spillo, e gli ha consegnato in dono un bambolotto di zucchero colorato. Così, ha detto, lei potrà dimostrare che i comunisti mangiano ancora i bambini. [ant. ram.J Il senatore dell'Ulivo Antonio Di Pietro

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