I «D'Alema boys»: i liberali siamo noi

I «D'Alema boys»: i liberali siamo noi A Bassolino (che omaggia Ciampi) il compito di promuovere l'impiego con la concertazione I «D'Alema boys»: i liberali siamo noi Rilanciare il Mezzogiorno rassicurando il capitale del Nord LROMA A prima uscita di Antonio Bassolino, il giorno del giuramento del governo, è stata una visita al Tesoro. Un buon modo per placare i malumori di Carlo Azeglio Ciampi, costretto a rinunciare a due sottosegretari, Isaia Sales oltre a Filippo Cavazzuti. Ma il capolavoro di Sassolino è stato un altro: lui, neo ministro del Lavoro, è venuto di persona a salutare Fabrizio Barca, responsabile del «dipartimento della coesione», ovvero la lunga mano del Tesoro nel Mezzogiorno. Quale modo migliore per far sapere a Ciampi che lui, il ministro del Sud, non intende far ombra ai «Ciampi boys»? «Bassolino ò un uomo creativo - commenta Roberto Barbieri, uno dei suoi collaboratori più stretti a Napoli - vedrete che saprà rilanciare la concertazione, portando avanti qualche forma intelligente di flessibilità». Barbieri, un passato in Finmeccanica e in Montedison ai tempi di Schimberni (assieme ad altri giovani finanzieri destinati a far strada, da Costamagna di Goldman Sachs a Bassi, presidente della Popolare di Milano), non ha dubbi: «Il tema chiave di questo governo è proprio il Mezzogiorno: ò qui che si ricostruisce il rapporto tra Stato e mercato e, soprattutto, si mette alla prova la voglia dei grandi privati di impegnarsi con noi». Già, il rapporto con il grande capitale. Il tema deve essere sentito se lo stesso Massimo D'Alema, allora presidente del Consiglio incaricato, ò sceso di persona in campo per tentare il capolavoro: l'ingresso di Letizia Moratti nell'esecutivo, il segnale di attenzione per la grande imprenditoria del Nord che D'Alema ha cercato lino all'ultimo. Ma la Moratti, nonostante l'insistenza di Carlo Scognamiglio e l'intervento diretto di D'Alema, alla fine non se l'è sentita. Niente di grave, ma una linea di preoccupazione c'è: Bassolino può servire a «sfondare» nel Sud (anche se l'apparentamento con l'Udr crea non pochi disagi), ma il futuro della sinistra, affermano i consiglieri di D'Alema, si gioca soprattutto nel Nord. «E lì - commenta Lanfranco Turci, responsabile economico delle Botteghe Oscure - non abbiamo certo bisogno del biglietto da visita dell'Udr. Il partito più attento alle istanze della liberalizzazione dell'economia è il nostro. E D'Alema lo sa benissimo...». Ma attenzione, liberalizzazione non vuol dire disattenzione verso i grandi giochi. Anzi... «Io stesso avevo chiesto che il governo Prodi ci fornisse una valutazione di merito sulla sorte di Banca Roma-Comit o, più in generale, su Mediobanca. Non si tratta di invadenza, ma qualsiasi governo al mondo vuol farsi un'idea sulle sorti del sistema finanziario del Paese. O no?». D'Alema, per la verità, sembra meno ostile a Mediobanca di Prodi... «Non esiste preconcetto, direi. E non ci sono questioni personali, come nel caso di Prodi. E non ho dubbi: Marcello Messori sarà un ottimo consigliere». Marcello Messori, ovvero uno dei nomi-chiave della squadra economica del neo premier. I ra- gazzi di Bologna, quelli di Nomisma, ormai fanno posto a loro, la scuola del Cespe, palestra intellettuale dei «D'Alema boys», legati al premier da una sorta di patto di fedeltà e di amicizia. Accanto a Messori, che per anni si è occupato di banche e di finanza per u partito (è stato lui a promuovere i convegni sul credito di Siena e Bari, la svolta della politica pidiessina nelle banche) c'è Giancarlo Padoan, l'esperto dei problemi della competitività del sistema. I due, part-time, collaboreranno alla squadra di D'Alema, coordinata da Nicola Rossi, professore a Tor Vergata, stimatissimo «enfant terrible» della sinistra, successore di Paolo Ono- fri, già eminenza grigia di Prodi, amico dei collaboratori dell'ex premier (ieri gli ha fatto visita Patrizio Bianchi) le cui idee, scomode, in materia di previdenza possono venir sintetizzate dal titolo di uno dei suoi saggi più fortunati: «Meno ai padri, più ai figli». Inutile chiedergli se, sul fronte della previdenza, ci sa¬ ranno novità a breve. Ma la legge dei numeri, almeno sul fronte degli autonomi, offrirà occasioni per metter mano alla materia. Poco più di un mese fa, dalle colonne del «Sole 24 Ore» invocava una vera riforma degli ammortizzatori sociali, capace di garantire più «equità ed efficienza per tutti, perché il sistema attuale serve solo a diffondere l'idea che garanzie e tutele siano appannaggio di pochi». La Finanziaria gli ha dato ragione: il governo avrà 180 giorni di tempo per unificare le forme attuali di sostegno, dalla cassa integrazione all'indennità di disoccupazione, all'indennità di mobilità. E' su questo terreno che i «duri» del sindacato temono gli strappi più pericolosi con la tradizione. Lui, Rossi, a dire il vero sembra temere di più la difficile conviven¬ za con l'Udr, che invoca voce in capitolo sulle privatizzazioni e sulle nomine. «Qui - commenta Turci- ci dovremo battere, anche perché la nostra credibilità si giocherà sulla qualità delle proposte. Dove? Presto, ci sarà da sostituire Onado in Consob, poi le poltrone agli enti previdenziali, Inps, Inail e Inpdap». Ma la partita più significativa riguarda l'Agenzia per il Sud. Presidente, forse, sarà Patrizio Bianchi, allievo prediletto di Prodi. Ma per l'amministratore delegato, il governo medita un colpo a sorpresa. La corsa al grande nome del capitalismo non è certo finita... Ugo Bertone Ma i «duri» del sindacato temono strappi pericolosi con la tradizione Fallito l'aggancio di Letizia Moratti si punta a altri nomi dell'imprenditoria I PIANI DEL GOVERNO Il Sud e il lavoro Il ministro del Lavoro Antonio Bassolino A destra, Filippo Cavazzutti neo segretario al Lavoro

Luoghi citati: Bari, Bologna, Milano, Napoli, Siena