Piazza Affari, piccola regina del rischio

Piazza Affari, piccola regina del rischio Volatilità alle stelle e i guadagni battono i rendimenti dei titoli pubblici a lungo termine Piazza Affari, piccola regina del rischio Mediobanca: c'è meno Stato, ma iprivati devono crescere MILANO. E' la Borsa più ballerina del mondo. Né, almeno da questo punto di vista, i fondi di investimento hanno fatto da stabilizzatore, visto che in Piazza Affari l'indice di volatilità (che misura lo scostamento dei corsi azionari rispetto alla tendenza degli ultimi 20 giorni) ha toccato venerdì il suo «picco» storico a quota 5,11 volte. Ma, grazie alle varie offerte al pubblico di titoli Eni e Telecom, è, finalmente, una Borsa più «pubblica»: le maggioranze, che controllavano il 52 per cento delle azioni delle quotate nel '96, oggi detengono solo il 40 per cento circa, mentre il flottante ha raggiunto il 60 per cento. L'annuario «Indici e dati» di Mediobanca pubblica anche stavolta una fotografia fedele dei mercati finanziari italiani, a metà del guado tra vizi antichi e lo sforzo, non sempre riuscito, di mettersi al passo con il capitalismo degli altri. Ma qua e là affiorano i primi, timidi, segnali di risveglio del listino azionario. Le prime note confortanti arrivano dal fronte dei rendimenti. Certo, pochi titoli reggono all'esame del lungo periodo. Se si considera l'investimento a 60 anni, base 1938, solo nove titoli (Generali, Ras, Magneti Marelli, Italcementi, Aedes, Fiat, Fondiaria, Banca Intesa ex Ambroveneto ed ex Centrale, più De Ferrari Galliera) possono vantare un rendimento netto reale sull'inflazione. E due soli, Generali e Ras, hanno conservato nel tempo un valore capace di premiare il rischio insito nell'investimento azionario. Ma negli ultimi 15 anni, dall'84 ad oggi, il rendimento medio delle principali azioni quotate ha superato, seppur di poco (solo il 3,91 per cento) il rendimento medio dei titoli di Stato a medio e lungo termine: il 15,33 contro l'I 1,42. Non è molto, anzi è sicuramente assai di meno di quanto è accaduto nei Paesi anglosassoni dove l'investimento di rischio è solito chiedere premi ben superiori. Ma anche questo è un segnale che la Borsa italiana, schiacciata dai titoli di Stato, cerca di rialzare la testa. E, almeno fino al grande crollo di agosto, i risultati sono stati positivi. Tra il giugno del '97 e quello del '98, infatti, l'Oscar dell'investimento spetta a tre titoli azionari, ovvero Banca Intesa (+255,51 per cento), Credito Italiano (219,01 per cento) e Alitalia (193,24 per cento). Rendimenti eccezionali, insidiati solo da alcune obbligazioni convertibili (il 66,46% della Banca Agricola Mantovana ex warrant 7% o Mediobanca convertibili in Alleanza, cresciute del 59,12%) ma anche le «blue chips» più avare, come Italgas, posssono vantare un discreto 10,83% contro il 6,15% medio dei Bot a tre mesi. Chi ha puntato sul reddito fisso si è dovuto accontentare assai di meno: il Btp trentennale 2023 ha registrato una crescita del 28%, il decennale 11/2006, solo il 16,62. Ma chi ha optato per i titoli indicizzati ha avuto ben di meno: il 5,56% del Cct 92-99, il più redditizio. Ma la valanga dei numeri non serve a cancellare il dato fondamentale: l'Italia vanta il maggior mercato secondario al mondo dei titoli di Stato (anche se gli scambi sui derivati hanno come sede privilegiata il Liffe londinese) ma Piazza Affari è solo il decimo mercato azionario al mondo, capace di effettuare un sorpasso, ai danni di Hong Kong, grazie alla crisi dei mercati che ha bruscamente ridimensionato le quotazioni della piazza asiatica. Ma a Milano i titoli quotati sono 232, contro i 406 di Madrid e i 242 di Helsinki. Il «gap», poi, tende ancora ad aumentare se si considera che le 14 matricole di Piazza Affari nel 1997 si confrontano non solo con le 217 di Londra e le 453 del Nasdaq, il mercato più dinamico di New York, ma anche con le 43 di Madrid e le 50 di Stoc- colma. A giudicare da questi numeri si rileva la difficoltà della piazza italiana a prestare adeguata attenzione all'universo delle piccole e medie imprese, la forza trainante del capitalismo italiano. Nella classifica dei colossi, infatti, l'Italia proprio non c'è o quasi. A livello europeo, le Generali si piazzano al nono posto tra le compagnie di assicurazioni mentre tra le top ten del sistema bancario non figurano alcune aziende italiane. Tra le società industriali solo tre titoli italiani figurano tra i primi 30: Eni (12°), Telecom (13°) e Tim (19°). Nella classifica dei giganti, la Gran Bretagna vanta ben 18 società, la Germania 8, la Svizzera 7, la Francia 5, l'Olanda affianca l'Italia con 4. Da rilevare, infine, che nessuna «big» di casa nostra potrebbe figurare tra le prime 30 società industriali Usa dove, fanalino di coda al trentesimo posto, figura addirittura la General Motors. E sta proprio qui, forse, la nota più sorprendente del ricchissimo studio di Mediobanca: l'avanzata, nelle pagelle dei mercati azionari di tutto il mondo, di settori ad alto tasso di tecnologia e di inowazione o dei servizi, a scapito delle industri tradizionali. In Europa, dopo il colosso Royal Dutch, figurano nell'ordine i grandi della farmaceutica, Novartis, Roche e Glaxo Wellcome. Negli Stati Uniti, dopo la conglomerata General Electric, Coca-Cola e Exxon, c'è la farmaceutica Merck seguita da Microsoft. In classifica figurano Intel, Pfizer o colossi della grande distribuzione come Wal-Mart, o nomi come Walt Disney ma non c'è traccia dei grandi di Detroit, Ford o Chrysler, né della Boeing. La mappa del potere, a giudizio della Borsa, è ormai cambiata. Ugo Bertone Le Generali vincono la palma del miglior titolo dal '38 ad oggi Banca Intesa e Credit sono le star dell'anno ~r~ i- i , La tabella fotografa il rendimento sessantennale di alcuni titoli italiani. Ad esempio, le Generali hanno fruttato il 20,36% nominale, dato che - depurato dell'inflazione - diventa il 7,81%. Come dire che un investimento di 100 lire varrebbe oggi 120,36 lire. Una volta eliminato l'effetto dell'aumento dei prezzi, il valore del capitale si riduce però a 107,81 lire. MAGNETI marelli: BAHfAJHrtSA - UEIÉRRAW- ANMECOKia {ox Ambroveneto, GAlilERA {ex Monte Aminlo) RISAHAMEHTO TELKOM ITALIA (aStet) pirelli . IL ' TELECOM tfALIA (exSìp)

Persone citate: De Ferrari Galliera, Glaxo Wellcome, Roche, Ugo Bertone, Walt Disney