Va in onda la pacificazione delle Tv di Fabio Martini

Va in onda la pacificazione delle Tv Il presidente del Consiglio smorza i toni dell'Udr: Mediaset è patrimonio del Paese Va in onda la pacificazione delle Tv //premier: niente guerra alle aziende del Cavaliere OROMA UELLA sera, chiuso nel suo studio di palazzo Giustiniani, Francesco Cossiga si negò persino a Massimo D'Alema: «Non ci sono per nessuno...». Era martedì 20 ottobre, il presidente incaricato era impelagato con la lista dei ministri e D'Alema avrebbe voluto spiegare di persona a Cossiga tutto il suo imbarazzo nel dover rimuovere dal ministero delle Comunicazioni un personaggio come Antonio Maccanico. Niente da fare. Cossiga voleva il ministero delle tv per i suoi e in serata la mina fu disinnescata dagli «artificieri» di fiducia, Marco Minniti e Clemente Mastella. In quelle ore dunque la principale preoccupazione di Massimo D'Alema era per Maccanico, non per lo sbarco del «cossighiano» Cardinale al ministero delle Tv, anche perché la strategia immaginata dal nuovo presidente del Consiglio nel campo della comunicazione si preannuncia ambiziosa, va oltre le competenze di un singolo ministero, punta ad un dialogo con Berlusconi e con Mediaset, un confronto che non ripeta il muro contro muro voluto da Romano Prodi. E anche nei rapporti - sempre complicatissimi - con giornali e giornalisti, D'Alema ha in mente alcune sorprese. E il primo giro di boa è già alle viste: fra quattro giorni l'Autorità per le telecomunicazioni deciderà in via definitiva il piano delle frequenze, da sempre oggetto di potenti lobbismi: «Stavolta non c'è un particolare pathos attorno al piano, non ci sono grosse incognite - spiega il sottosegretario Vincenzo Vita -. Semmai il problema viene dopo: sulla base del piano, il ministero delle Comunicazioni assegnerà le concessioni tv entro la fine del prossimo gennaio e a quel punto...». Una volta partito, il meccanismo produce effetti a catena: l'Antitrust dovrà solennemente dichiarare che «nessun soggetto privato può disporre di più di due reti» e l'Autorità dovrà decidere in quale data la rete eccedente di Mediaset dovrà andare sul satellite. Tutti passaggi che Berlusconi attende con ansia e che il presidente del Consiglio intende seguire nel rispetto delle leggi ma senza spingere l'acceleratore. L'approccio di D'Alema si è capito subito: appena 24 ore dopo la «marcia su Roma» del Polo, il premier ha spiegato ai suoi senatori che lui continua a puntare al dialogo con Berlusconi e con la sua azienda e quel ministero al- l'Udr non va visto come uno spauracchio: «Il ministro Cardinale - spiegava ieri D'Alema non avrà la volontà di nuocere» ma si pone soltanto il problema «di garantire il pluralismo». E d'altra parte, nell'entourage di D'Alema hanno già capito che il ministro delle Comunicazioni è sì uomo di Cossiga, è sì amico di Mastella, ma Cardinale risponde soprattutto a Cardinale. Lo ha capito anche Berlusconi, che con un giro di telefonate ha fatto sapere al nuovo ministro di essere pronto ad incontrarlo vis-à-vis. E che i ministri dell'Udr non siano animati da sacro furore contro Berlusconi, lo fa capire Guido Folloni, guarda caso alcune ore dopo un colloquio a palazzo Chigi con Massimo D'Alema: «Ne abbiamo parlato con il presidente: in questo campo, come su quello delle riforme istituzionali, il governo dovrà favorire le soluzioni utili al Paese e alle aziende che ci sono. Soluzioni senza favori, ma non conflittuali». D'Alema, si capisce anche da questi dettagli, ha già iniziato a tessere la sua tela, a motivare i «suoi» ministri. Ma è anche vero che la strategia dell'attenzione verso Mediaset è legata anche alla ottima accoglienza a lui riservata da quelle tv. A cominciare da Maurizio Costanzo che proprio sull'ultimo numero di Panorama ha raccontato di D'Alema: «Grazie agli incontri televisivi, ma non solo, siamo diventati amici», spiegando come è perché il nuovo premier debba diventare «più caldo», «rinunciando alla netta separazione tra pubblico e privato». D'Alema ascolta Costanzo, ma a Palazzo Chigi ha deciso di portarsi gli uomini che lo hanno accompagnato nella sua escalation e con i quali si parla e si consiglia, da anni, tutti giorni: il napoletano Claudio Velardi e il torinese Fabrizio Rondolino, consigliere per la Comunicazione e l'immagine. I consiglieri del presidente stanno lavorando da pochi giorni su alcune idee-guida. La prima mossa - «una specie di pacificazione» la definiscono a Palazzo Chigi - è stato il ritiro delle querele nei confronti dei giornalisti e l'atteggiamento cordiale di D'Alema nelle sue prime chiacchierare con i cronisti, ma per le prossime settimane le parole chiave sono due: modernizzazione dell'Italia e cento giorni. «D'Alema - spiega Rondolino ha fatto alla Camera e al Senato discorsi molto politici nei quali ha evitato le promesse mirabolanti e anche la solita "lista della spesa", ma siamo d'accordo che nei primi tre mesi occorrerà incastonare alcune iniziative che diano il senso del cambiamento e aiutino a tratteggiare il profilo di questo nuovo presidente del Consiglio». Nei piani dello staff del Presidente c'è anche il progetto di creare una rete di consulenti informali, di opinion-maker: direttori di giornale, sociologi, pubblicitari, uomini di televisione, non necessariamente amici: «Per dirla un po' pomposamente - spiega Rondolino - dovremo cercare di capire meglio possibile cosa pensa veramente l'Italia». Fabio Martini Tra quattro giorni il piano delle frequenze radiotelevisive Palazzo Chigi rassicura il Polo «Cardinale sarà pluralista» I PIANI DEL GOVERNO A sinistra il ministro delle Poste Cardinale Qui accanto Fabrizio Rcndolino

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