Tralicci Enel e canone Rai nel mirino delle Authority di Valeria Sacchi

Tralicci Enel e canone Rai nel mirino delle Authority NOMI E GLI AFFARI Tralicci Enel e canone Rai nel mirino delle Authority Il presidente dell'Authority per l'Energia, Pippo Ranci, non ha dubbi: se si vuole creare i presupposti per una vera concorrenza, la rete elettrica dovrà essere posseduta dallo stesso operatore (magari pubblico) che la gestisce. Una tesi che trova d'accordo il vicepresidente esecutivo di Dalmine Paolo Rocca, neo presidente della commissione Energia di Confindustria e «voce» dei consumatori. Ma che certo non piace all'amministratore delegato di Enel Franco Tato. Se il principio passa, Tato dovrà dire addio a cavi e tralicci, futuri vettori delle attività della sua più recente creatura: la Wind presieduta da Tommaso Pompei. Che dirà Kaiser Franz! Forse nulla dal momento che da qualche mese sembra aver scelto la strategia del si- Pippo Ranci lenzio, in previsione delle dure battaglie d'inverno. Entro febbraio, il governo di Massimo D'Alema dovrà infatti recepire la direttiva europea in materie di energia, scegliendo tra la via inglese (scissione delle attività) e quella francese (più vicina al cuore di Tato). Sull'esempio di Wind, anche la municipalizzata dell'energia capitolina, la Acea presieduta da Fulvio Vento, è alla ricerca di un partner per entrare nel mercato urbano della talefonia fissa, che oggi a Roma vale già duemila miliardi. Mentre a Milano la svizzera Atei, uno dei maggiori fornitori elvetici di elettricità, entra in Aem con una quota superiore al due per cento. E intanto, dopo mesi di ricerca di una sede, l'Authority delle Telecomunicazioni presieduta da Enzo Cheli decolla in un momento particolarmente delicato. Non solo perché al ministero delle Poste e Tic è arrivato Salvatore Cardinale a sostituire Antonio Maccanico, ma perché, come si vede dal caso Acea, alla soglia della liberalizzazione il parterre diventa di giorno in giorno più affollato di protagonisti. E sarà interessante capire, nella pratica, se su certe questioni Cheli e Cardinale si ripartiranno da buoni amici le competenze, o entreranno in rotta di collisione. I problemi del settore sono molti e difficili. Mentre il maggior operatore, la Telecom, è sconvolto dall'uscita di Gian Mario Rossignolo (cui alcuni azionisti riconoscono comunque il merito di aver fatto fuori una prima fila di dirigenti) e aspetta col fiato sospeso rarrivo del nuovo numero uno operativo, a Bruxelles il commissario alla Con- Salvatore conenza Ka- Cardinale rei van Miert, anche su denuncia della Mediaset presieduta da Fedele Confalonierì, si appresta ad aprire il dossier sulla legittimità del canone Rai. Antica, dolente questione. E sempre motivi di antitrust spingono la Commissione europea a multare di ben 140 miliardi di lire il gruppo svizzero-svedese Abb, reo di aver creato con altri nove produttori (di cui l'italiana Sigma Tecnologie di Rivestimento) un cartello nei tubi d'acciaio. La terribile avventura degli hedgefunds e la costante incertezza delle Borse non scoraggiano i candidati al listino. Su piazza Affari puntano la Cafin del re italiano della carne, Luigi Cremonini, e la Robe di Kappa della famiglia Benetton. Alla quotazione per l'Anno Duemila si prepara la Superga governata da Franco Bosisio, mentre la Ducati guidata da Federico Minoli progetta addirittura la duplice quotazione a Milano e New York (negli States risiede il gruppo Texas Pacific, suo grande azionista). E a proposito di crisi dei mercati, attraverso un incontro con il vicepresidente Jules Muis, la Banca Mondiale ha richiamato all'ordine le cinque sorelle della revisione: Arthur Anderson, Deloitte, Ernst and Young, Kpmg e Pricewatherhouse. Invitandole a non mettere più il loro nome sotto le certificazioni di società Fedele asiatiche, se Confalonierì queste non adottano severi standard di finanza internazionale. Un altolà che riguarda in particolare le certificazioni dei Paesi asiatici. Impalpabili ostacoli sembrano sorgere sulle nozze tra Banca di Roma e Comit. Sono i fantasmi dei concambi che dovrebbero garantire, a omogeneità di criteri di valutazione, che i due istituti non vengano penalizzala dalla fusione. Fantasmi che costringono Gianfranco Gutty, che in Comit rappresenta un socio importante (le Generali) a riaffermare che il matrimonio avrà luogo solo se la Comit presieduta da Luigi Lucchini non sarà danneggiata, se le due diligence saranno impeccabili e se le Generali troveranno il loro tornaconto, come vuole il presidente Anto ine Bernheim. Così, mentre le ipotesi di concambio balzano improvvisamente ad altezze vertiginose (una Comit contro sei Roma? una Comit contro cinque Roma?) un certo gelo torna a serpeggiare. Che ricorda quel gelo che, nel giugno scorso, aveva portato alla prima rottura delle trattive. Quando il presidente di Bancaroma Cesare Geronzi comunicò all'allora presidente di Comit, Luigi Fausti, che il fidanzamento era tramontato. Le cifre, si sa, sono spietate. Un concambio alto ridurrebbe in briciole la partecipazione della Fondazione Bancaroma. Non è escluso che il copione si ripeta e che il presidente della Fondazione, Emmanuele Emmanuele, pronunci per la seconda volta il fatidi¬ co «no». Valeria Sacchi Luigi Lucchini Pippo Ranci Salvatore Cardinale Fedele Confalonierì Luigi Cremonini Franco Boslsio Luigi Lucchini

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