«lo, per sei ore prigioniero nel caos» di Claudio Giacchino

«lo, per sei ore prigioniero nel caos» «lo, per sei ore prigioniero nel caos» Dai girotondi in cielo al ricorso ai carabinieri per le valigie REPORTAGE L'ODISSEA m UH CRONISTA QUARANTADUE minuti di girotondo sopra Malpensa 2000. Sessantuno per scendere dall'aereo. Quattro ore per ritrovare le valigie. Che iattura atterrare nel giorno dell'inaugurazione: un arrivo nella bolgia dell'inefficienza, della disorganizzazione, in mezzo a un personale per nulla collaborativo, prontissimo però alla critica, all'applauso del caos sin a sembrare quasi quasi suo complice. Questa è la cronaca dell'atteraggio sfigatissimo del volo 7Q 5002 dell'egiziana Shorouk Air, partito da Sharm el Sheik, il paradiso di sole-barriera corallina sul Mar Rosso. A bordo 180 lombardi, bresciani, veneti, alessandrini e torinesi, reduci da una settimana di dolce far nulla e lezioni di bridge della campionessa Marina Causa. Siamo stati svegliati alle 4, secondo il programma, l'aeroporto nuovo di zecca ci accoglierà alle 10,30. Invece, complice un ritardino al decollo dalla sabbia del Sinai e il succitato girotondo sopra il terminal «perché c'è tanto traffico» informa il comandante, si tocca la pista fuori tabella di un'ora. Lemme lemme il jet rolla per chilometri e chilometri, si ferma in una piazzola circondata da scavi e trinceroni di terra. Come da italiota abitudine, tutti in piedi a tirar fuori dai vani sacche e borse, le hostess arabe sono spicce nei gesti e nelle parole, statevene buoni, mica siamo arrivati. Parole presaghe, tristemente presaghe. L'aereo, dopo un quarto d'ora, riprende a rollare e sempre lemme lemme svolta e risvolta per parcheggiarsi in una piazzola assediata dai campi. Ale, ci siamo. Rieccoci in piedi, pronti allo sbarco. Vocianti gli adulti, i tanti bimbi puntinano la cabina di pianti e gridolini trapanatimpani. Cinque, dieci minuti: non si vede comparire né una scala per scendere né i bus che porteranno al terminal chissà quanto lontano. I minuti sono diventati mezzora. Lo steward si discolpa:. «La Shorouk non c'entra, nessuno ci dice niente». Un milanese, di sentinella all'oblò, annuncia al tempo stesso: «La scala, la scala, eccola, la mettono». Però, ci è vietato usarla. Tre quarti d'ora: una hostess, allarmatissima, fende la calca in piedi nel corridoio, grida «No smoking». Già, un'autobotte sta rifornendo i serbatoi vuoti dell'aereo: con la gente sopra. E' pericoloso, sono ignorate le regole di sicurezza. Un veneto borbotta «Non voglio mica bruciare qua, scendiamo», un genitore stressato dal bimbo annuisce mentre un altro con il telefonino chiama il 113 «Fate qualcosa, siamo sequestrati». Con le brutte scendiamo sulla pista. Passa ogni tanto un bus: tutti vuoti, nessuno si ferma. Provvediamo noi a bloccarne uno, improvvisando un blocco stradale sulla pista dimenticata. Uno sull'altro, tutti dentro il pullman numero 21: l'autista e un inserviente la prendono a male, minacciano: «La pagherete cara, rivedrete le vostre valigie tra 4 ore». Mai profezia fu più azzeccata e precisa. Alle 13 siamo nella bolgia della sala ritiro-bagagli, l'altoparlante annuncia «Sharm el Sheik, i bagagli sul nastro 1». Palla colossale. O, forse, sadismo di chi vuole vendicarsi della ribellione di viaggiatori segregati sull'aereo senza una straccio di informazione, spiegazione? Le 13,30, le 14. Alle 14,15, nella calca di passeggeri provenienti da Mosca, Cuba, Marrakesh che Eut tra lungaggini la propria roba 1 prendono e portano via, ecco la rivolta numero 2. Innescata sempre dai genitori dei bimbi via via più strillanti, nervosi e ingestibili. Urla, insulti al personale, ac¬ correre di divise, dialoghi tra sordi. La richiesta è una sola: «Fateci parlare con un responsabile». Esiste? Non si trova? Ha paura di mostrarsi? Mah, alla fin fine ecco il caposcalo De Leo. Non sa che pesci pigliare, manco conosce i numeri di telefono da chiamare, boccheggia come un pesce appena pescato, snocciola scuse fumose e contraddizioni. Ancora urla, minacce (e minacce d'arresto, da parte di un poliziotto, degli Spartacus delle vacanze di ritorno dal Mar Rosso). Dai e ridai, il Responsabile non salta fuori. Mentre facchini e impiegati applaudono «Avete ragione, qua è tutto uno schifo». La lamentazione e la polemica sono feroci ma di lì a lavorare ce ne passa, non uno che sappia che cosa fare per scoprire dove sono finite 150-170 valigie: grottescamente pare che nessuno possa ordinare alcunché a nessuno. Miracolosamente, si materializzano i carabinieri. Anche loro non si raccapezzano facilmente nel caos, uno rivela: «I sistemi d'allarme sono in tilt da ore, stamattina sono saltati i telefoni, il personale chissà dov'è, i passeggeri di un charter della Lauda air si sono scaricati i bagagli da sé». Tutti a invidiarli. E tutti a insistere «voghamo un responsabile dello scalo, quanto bisogna ancora attendere?». I marescialli Giordano e Bertolotti e il colonnello Dattuomo avviano indagini, e smuovendo a fatica quel mare limaccioso, immobile che ci sembra essere il personale dell'aeroporto, alle 15 annunciano: «Trovati, i bagagli sono al terminal 1». Però, farli portare qui è un'impresa: il caposcalo De Leo telefona e telefona ma solo alle 16,33, e solo perché s'è mosso Dattuomo, scortati da una Gazzella e portati anche da un furgone dei carabinieri, finalmente i bagagli incontrano gli sfatti proprietari. I quali, dulcis in fundo, sono attesi, fuori dalla Malpensa, da code mostruose. Che sfiga arrivare il giorno dell'inaugurazione. Claudio Giacchino

Persone citate: Bertolotti, Dattuomo, De Leo, Lemme, Marina Causa

Luoghi citati: Cuba, Marrakesh, Mosca