I leader europei: adesso, giù i tassi di Francesco Manacorda

I leader europei: adesso, giù i tassi Il primo summit dei Quindici à Poertshach in Austria con i «nuovi» Schroeder e D'Alema I leader europei: adesso, giù i tassi E Tony Blair propone anche un esercito comune POERTSHACH DAL NOSTRO INVIATO Ridurrò i tassi d'interesse per favorirà la crescita economica e la ripresa dell'occupazione, allentare i vincoli di bilancio per consentire la ripresa degli investimenti pubblici, alzare la guardia contro la deflazione - anticamera della recessione ed abbassarla invece contro un'inflazione che appare ormai domata in tutto il Continente. Non sarà nato urj nuovo spirito europeo, lo «spirito di Poertshach», come dichiara ?r.faticamente il Cancelliere aurtriaco Victor Klima, ma certo gli impulsi che arrivano dai Quindici al termine del loro vertice informale cambiano alcune coordinate fondamentali nella partita che si gioca in Europa. E già da oggi molti protagonisti, dalla Commissione di Bruxelles alla Banca centrale, dovranno trame le conseguenze. «Abbiamo sconfitto l'inflazione, ma non fino al punto di voler precipitare nella deflazione», dice D'Alema. E parole identiche arrivano da tutti gli altri leader europei. Tony Blair parla di «rischi che si sono spostati dall'inflazione alla deflazione», Jospin dichiara che «l'inflazione è battuta, è chiaro che le priorità non possono più essere le stesse». E il consenso di Jose-Maria Aznar, non sospettabile di simpatie per l'Internazionale socialista, conferma che la posizione dei Quindici travalica anche le colorazioni politiche: «L'inflazione è cotto controllo, il sentimento comune è che ci possano essere dei margini per agire sui tassi, anche se questo non è compito nostro». Gerhard Schroeder è già tornato in Germania sabato sera, ma Jospin s'incarica di ricordare che «Schroeder ha espresso in modo molto netto posizioni assai vicine a quelle della Francia». Giù i tassi, insomma, sebbene i Quindici si sgolino a ripetere che «non spetta certo a noi deciderlo». Un coro perfetto, senza una stonatura, anche se dall'estensione vocale limitata. Oltre al pressing sulla Banca centrale e alla necesssità di trovare uno spazio di manovra per far ripartire investimenti - ma anche qui i toni non sono unanimi - e occupazione, i Quindici non sembrano avere molte altre idee in comune per il coordinamento che propongono in campo economico e fiscale. Così il dossier del «coordinamento» passa ai ministri economici: saranno loro a dover mettere a punto le proposte concrete su questo aspetto, ma anche sulla possibilità d'intervento dell'Ue nelle crisi finanziarie internazionali, che poi verranno analizzate a Vienna in di- cembre dagli stessi capi di Stato e di governo. La Commissione europea rischia adesso di subire profonde tensioni sotto la spinta «keynesiana» che viene dagli Stati membri. Mario Monti, il Cornmissario incaricato del mercato interno e della fiscalità, ha proposto qualche giorno fa di interpretare in maniera flessibile il Fatto di stabilità, eliminando dal computo del deficit - che secondo il Patto non può mai superare il 3% del Pil ed anzi dovrebbe trasformarsi in attivo o in pareggio entro il 2002 - le spese per investimenti. La sua idea piace a molti, compreso lo stesso D'Alema e ieri l'ha benedetta anche il presidente della Commissione Jacques Santer: «Quello che propone Monti non va al di là del Patto di stabilità». Ma c'è da giurare che a Bruxelles altri gli daranno battaglia. L'unità delle sinistre europee verrà messa alla prova anche sull'altro tema che ha agitato la due giorni di Poertshach: quello della politica estera e di sicurezza comune. E' toccato a Tony Blair, certo non senza la benedizione degli Usa, lanciare la proposta di dare un «braccio armato» all'Unione europea che permetta di esercitare una pressione militare per appoggiare le iniziative diplomatiche, quando gli Usa non vorranno o non potranno impegnarsi direttamente. La conversione di Blair lascia di stucco molti partner, visto che solo sedici mesi fa, ad Amsterdam, aveva rifiu¬ tato la proposta franco-tedesca di integrare l'Ueo (l'Unione dell'Europa occidentale) nell'Ue, sostenendo la necessità di lasciare la politica di difesa sotto l'ombrello della Nato. Ma adesso l'impotenza dell'Europa nella crisi del Kosovo, sostiene Blair, gli ha fatto cambiare opinione. Ai tedeschi e ai francesi piace naturalmente l'idea di tornare sul loro progetto. «L'Ueo deve essere progressivamente trasformata e integrata nelle istituzioni dell'Unione», dice il presidente francese Jacques Chirac, ma aggiunge anche che nessuna decisione potrà venire prima del summit della Nato nel prossimo aprile. Francesco Manacorda «Abbiamo sconfìtto l'inflazione Adesso bisogna spingere l'economia verso la crescita» Possibile anche l'eliminazione degli investimenti dal computo dei deficit li i J ♦ Massimo D'Alema ieri in Austria Sotto: Romano Prodi