Il Mondello a Marias e Ginzburg di Marco Neirotti

Il Mondello a Marias e Ginzburg Premiati ieri a Palermo Il Mondello a Marias e Ginzburg D- PALERMO UE giorni di incontri fra critici e poeti hanno preceduto la consegna dei premi Mondello, conclusasi ieri pomeriggio, con la collaborazione dell'Assessorato alla Cultura, al Palazzo delle Aquile, con il sindaco Orlando. Se in critici e poeti esiste una contrapposizione tra chi cesella emozioni e chi le scompone e «spiega», la giuria (presieduta dal sindaco e dal fondatore Francesco Lentini) ha tessuto nella XVTV edizione un filo che accomuna i vincitori: l'essere spesso interpreti - in versi, in prosa, in saggistica - di antagonismi, dicotomie tra verità e dubbi. I premiati, presentati da Remo Girone, sono stati per l'opera prima poetica o narrativa Alba Donati con La Repubblica Contadina (City Lights), per la saggistica italiana Occhiacci di legno (Feltrinelli) di Carlo Ginzburg. Per la poesia straniera ha vinto Alla luce d'inverno. Pensieri sotto le nuvole (Marcos y Marcos) di Philippe Jaccottet. Per la narrativa straniera Domani nella battaglia pensa a me (Einaudi) dello spagnolo Javier Marias. Per la traduzione Pietro Marchesani, con Vista con granello di sabbia (Adelphi), antologia della polacca Wislawa Szymborska, premio Nobel 1966. Ginzburg vede sfumati, oggi, i confini tra reale e possibile: «La parola verità - dice - deve avere le virgolette incorporate: se ci fossero conclusioni certe non servirebbero le premesse, ma poche pagine. La nostra è una marcia di avvicinamento a conclusioni provvisorie». Marias, narratore di morti inspiegabili o di assassinii impuniti, racconta di uno sceneggiatore che vede morire la donna che conosce appena e con cui sta per andare a letto. Un tortuoso cammino lo conduce al bimbo di lei, ai parenti, al marito, a fare i conti con la propria esistenza. E il reale diventa possibilità, talora doppiezza. Affermava Marias: «Io non scrivo su una impalcatura prefissata. Inizio e vado avanti, senza cambiare ciò che è già avvenute^ E' vero,'je pericoloso, ma è uguale alla vita». Marco Neirotti

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