Omnitel e Wind vanno all'attacco di Luigi Grassia

Omnitel e Wind vanno all'attacco Omnitel e Wind vanno all'attacco Mentre l'Antitrust fa pressing sulle tariffe LA GUERRA DEI TELEFONI CERNOBBIO DAL NOSTRO INVIATO Chissà se ieri a qualcuno in Telecom fischiavano le orecchie. Il caso ha fatto cadere il convegno di Cernobbio sulle authority di settore il giorno dopo il ribaltone ai vertici del Gruppo. Mancavano al Centro Convegni di Villa Erba rappresentanti dell'ex società di Rossignolo, mentre era presente una nutrita pattuglia della concorrenza: Tommaso Pompei, presidente di Wind, Carlo Peretti, presidente di Omnitel e Carlo Momigliano consigliere di Mediaset. Troppo ione in queste circostanze la tentazione, nei corridoi, di lanciare frizzi all'indirizzo del concorrente in difficoltà. Ma sotto la crosta dello scherno anche lo stato d'animo dei «nemici» manifestava una qualche preoccupazione per le sorti dell'ex monopolista. ((Auspichiamo che Telecom ritrovi al più presto la sua forza e il suo equilibrio» commenta fra gli altri il presidente di Wind (la joint-venture telefonica fra Enel, Deutsche Telekom e France Telecom). «Perché il ruolo è tuttora essenziale per tutto il sistema della telefonia italiana: nessuno può fare a meno dell'interconnessione con le sue linee». Certo, la stessa Wind sta stendendo le sue proprie reti (da città a città) lungo le linee dell'alta tensione che innervano l'Italia. E sta cominciando a cablare anche alcune città, a partire da Milano (il singolo mercato più ricco). Ma non pensa di farlo con tutti i centri urbani perché sarebbe troppo costoso. ((Abbiamo un grande programma di investimenti - dice Pompei -. Ma l'interconnessione resterà essenziale sempre. Perché è quella che permette di avere accesso ai clienti altrui». Pompei ricorda le scadenze del Gruppo Wind: «Dal I dicembre, ingresso nella telefonia fissa con soli servizi alle aziende: dal 1 marzo, telefonia mobile (sarà il terzo gestore); e dalla fine dello stesso mese, telefonia fissa residenziale». Obiezione: per entrare in un mercato già ben presidiato da Telecom e Omnitel bisognerà (anche) praticare tariffe più basse. C'è margine? Pom- pei risponde di sì. Anche Carlo Peretti di Omnitel parla con serenità del futuro del suo gruppo in relazione al dopo Rossignolo: «Abbiamo avuto molti scontri, più volte siamo anche andati in tribunale. D'altra parte, parliamoci chiaro, questa è la concorrenza. Quando Omnitel è partita siamo andati a cozzare contro una cultura di monopolio che non era solo di Telecom, ma di tutto l'ambiente». Abbiamo avuto successo, dice Peretti dall'alto dei suoi 5 milioni di clienti. «Ma devo dire che se ci fossimo soltanto basati sui dati di mercato, non saremmo neanche partiti. Bruxelles, l'antitrust e il governo ci hanno dato una grossa mano». Ora nei piani c'è un collegamento strategico col settore della telefonia fissa in cui stanno entrando i «cugini» di Infostrada, partecipati (come Omnitel) da Olivetti. Ma c'è anche una preoccupazione: «Per noi il problema delle frequenze sta diventando pressante». Più acceso è l'uomo di Mediaset a Cernobbio, il consigliere Carlo Momigliano. Albacom, il consorzio telefonico cui partecipa il Gruppo, è già attivo nella telefonia fissa ma ancora attende la gara per il quarto gestore di cellulari: «Siamo interessati - dice - ma solo in funzione dei tempi in cui si svilupperà l'operazione. Per quanto spazio ci sia nel mercato, specialmente in termini di fornitura di nuovi servizi, più la gara ritarda, più i concorrenti già sul mercato rafforzano la loro rendita di posizione». L'intenzione è di entrare nel settore alla grande con un investimento non solo finanziario, ma anche operativo: «Per fare un esempio, nel nostro Gruppo la società Elettronica Industriale, che si occupa della manutenzione della nostra dorsale di diffusione, è in grado di fornire un servizio al massimo livello a chiunque». Per stuzzicare Momigliano niente di meglio che toccare il tasto della pay-tv, la dove televisione e telefonia si incontrano: è vero che Mur¬ doch, coi suoi ottimi rapporti con Berlusconi, sarà il Cavallo di Troia di Mediaset nella futura, discussa piattaforma digitale? Momigliano si inalbera: «E' solo una delle tante posizioni strumentali per difendere le posizioni di chi è attualmente sul mercato. E segnalo che fra le condizioni che pone la Rai per parteciparvi, con Telecom e Murdoch, c'è la clausola di non concorrenza non solo nelle trasmissioni criptate via satellite e via cavo, ma anche in quelle in chiaro, cioè nella tv via antenna. Una cosa che dovrebbe interessare l'antitrust». Che cosa ne pensano le authority? Dopo tutto, il convegno le vedeva protagoniste. Antonio Pilati, del l'autorità per le garanzie nelle tele comunicazioni, rifiuta di commen tare la situazione della pay-tv e tan to più di dare ima pagella a Rossi gnolo per come ha cooperato al prò cesso di liberalizzazione del settore telefonico. Ma accetta di fare elenco dei dossier aperti, che per forza di cose riguardano tutti, in un modo o nell'altro, l'ex monopolista Telecom: «Stiamo chiudendo due questioni, per le quali l'Italia è pressata dall'Ue: la lunga diatriba sui costi di interconnessione e riequilibrio tariffario». Marco D'Alberti, componente di un'altra authority, quella garante della concorrenza e del mercato, cita un'altra questione all'attenzione del suo ufficio: «Le pubblicità false ed ingannevoli, di cui riceviamo molte segnalazioni dal settore telefonico». E persino Pippo Ranci, presidente di un'altra autorità apparentemente così remota dal ramo come quella dell'energia elettrica e del gas, cita un legame con la telefonia che è alla sua attenzione: «L'eventuale danno che potrebbe venire agli utenti dell'elettricità Enel dall'accoppiamento con le linee telefoniche Wind», ad esempio le interruzioni per le riparazioni delle linee del telefono; ma Pompei, di Wind, ribatte: «Preoccupazioni che non hanno ragione d'essere, si tratta di tecnologie sperimentatissime in tutto il mondo». Il convegno di Cernobbio, organizzato dalla neonata Università dell'Insubria (Como e Varese), ha ospitato anche l'americano professor Guido Calabresi, giudice della corte d'appello federale degli Stati Uniti e preside di Yale. Gli chiediamo: sembra un altro pianeta, l'Italia vista dagli Usa, con la maggiore compagnia telefonica che con tanto ritardo si libera della residua partecipazione azionaria dello Stato? A sorpresa, risponde di no: «Il monopolio, a prescindere che nasca pubblico o privato, sempre monopobo è. E analoghi sono i problemi per liberarsene». Insomma: Stet-Telecom in Itaba valeva AT&T in America. Luigi Grassia Pippo Ranci (a sinistra) e Tommaso Pompei