Clinton: la mia redenzione

Clinton: la mia redenzione Clinton: la mia redenzione Igiorni del trionfo dopo gli scandali NEW YORK NOSTRO SERVIZIO E' state il trionfo di Bill Clinton, l'accordo firmato l'altro ieri da Yasser Arafat e Benjamin Netanyahu, o almeno così veniva visto ieri. Nei lunghi giorni di Wye Plantation il Presidente ha impegnato 85 ore e mezza del suo tempo, ha disertato vari impegni che aveva preso nella sua veste di «primo raccoglitore di fondi per il Partito democratico», ha rischiato più di una volta di vedere tutto andare all'aria ma alla fine ha ottenuto la firma dei due nemici su quel benedetto pezzo di carta, nonché la sua foto più «presidenziale» che mai con loro che si stringono la mano. E ieri, come in una sorta di tacito accordo, sui media si è verificata una grande novità: per la prima volta dopo tanti mesi, in nessun giornale e in nessun notiziario televisivo il nome di Bill Clinton è apparo associato a quello di Monica Lewinsky. Tanto che proprio lui si è preso il lusso di farvi l'unico accenno, indiretto ma inequivocable. Parlando venerdì sera davanti a una platea di leader religiosi ha detto che durante i negoziati «sentivo che stavo compiendo il mio lavoro di Presidente, la mia missione di cristiano e il mio personale cammino verso la redenzione». Ci sono stati momenti - si viene a sapere ora che i primi retroscena su ciò che è accaduto a Wye Plantation cominciano a emergere - in cui tutti gli sforzi hanno rischiato di rivelarsi inutili. Per esempio mercoledì, quando gli israeliani avevano già fatto le valigie, Clinton ha deciso di chiamare il loro bluff e Netanyahu ha deciso di restare (ricevendo da Arafat un mazzo di fiori perché quel giorno era anche il suo compleanno). Oppure gio vedi, quando di fronte a una nuova scivolata di israeliani e palestinesi sul terreno delle interminabili accuse reciproche Clinton si è alzato, si è avviato verso la porta e prima di varcarla ha detto duramente: «Se non cercate di essere seri possiamo anche smettere qui», cosa che - dice il funzionario che ha riferito l'episodio - è servita «letteralmente e risospingerli sulle loro sedie e a riprendere a discutere concretamente». Oppure ancora la stessa mattina di venerdì, quando ad accordo ormai raggiunto e con l'elicottero di Clinton già con i motori accesi per riportarlo a Washington, è scoppiata la grana di Jonathan Pollard, la spia condannata all'ergastolo di cui Netanyahu chiedeva la liberazione, comportando altre ore di discussioni mentre i palestinesi, visto che la cosa non li riguardava, ne approfittavano per fare un sonnelino. Poi tutto è finito bene. Per modesto che sia («in fondo le due parti hanno accettato di fare ciò che gli accordi di Oslo le impegnavano a fare già 19 mesi fa», commenta il «New York Times»), con questo accordo il processo di pace si poteva considerare di nuovo in moto e per Clinton è arrivato il momento di raccogliere il suo «dividendo», che è stato copioso e generoso di lodi. Le più sperticate erano di re Hussein dì Giordania, che ha avuto a che fare con tutti i Presidenti americani da Eisenhower in poi. «Con tutto il rispetto e l'affetto per i suoi predecessori - ha detto rivolgendosi direttamente a Clinton - non ho mai conosciuto nessuno con una tale dedizione, chiarezza di idee, concentrazione e determinazione nell'aiutare a risolvere questo problema». Ma anche Netanyahu non è che sia stato reticente. Clinton, ha detto, «ha l'abilità di mantene re un ritmo instancabile, ti sti mola, ti spinge, ti consiglia, la sua mente è pronta e allo stesso tempo flessibile nell'esplorare sempre le ragioni delle due parti, mai di una sola». Per convincerlo a liberare un maggior numero di prigionieri palestinesi - si è saputo - a un certo punto lo ha preso da parte e gli ha detto: «Guarda che per loro questo ha un valore simbolico come per voi lo ha la cancellazione della distruzione di Israele dai loro obiettivi». Franco Farfarelli Il Presidente americano, abile regista delle intese, riesce a incassare una nuova autorevolezza Re Hussein: ho conosciuto tutti i suoi predecessori, nessuno fu meglio di lei alla Casa Bianca Sopra, la firma a Wye Plantation A destra un ebreo ortodosso israeliano Oggi Netanyahu affronterà la dura fronda interna agli accordi

Luoghi citati: Giordania, Israele, New York, Oslo, Washington