Debutta D'Alenici, l'architetto

Debutta D'Alenici, l'architetto Debutta D'Alenici, l'architetto II suo cavallo di Troia è la politica estera E POERTSCHACH CCO perché D'Alema non avrebbe perso il vertice Pòrtschach per tutto l'oro del mondo. Come non l'avrebbero disertato il nuovo portavoce, Pasquale Cascella, e il consigliere politico del presidente, Claudio Velardi. C'è da capirlo il nuovo capo del governo. Non è cosa di poco conto far coincidere il proprio battesimo europeo con quello del nuovo cancelliere tedesco. Così D'Alema ha fatto di tutto per avere la fiducia della Camera in tempo. E a malapena quelli del cerimoniale lo hanno convinto ad arrivare solo ieri mattina a Pòrtschach adducendo motivi di protocollo. Lui, in preda all'entusiasmo del neofita, sarebbe venuto addirittura l'altra sera. Prima degli altri. Eppoi l'Europa ha un posto fondamentale nella strategia dell'architetto («Così mi chiamano dentro il bureau dell'Internazionale socialista», ha confidato più volte D'Alema). Intanto per convinzione, perché per l'uomo che più di tutti in Italia usa il vocabolo «globalizzazione», la politica estera è essenziale, «perché molte questioni, a cominciare dall'occupazione, non possono essere risolte se non su scala europea». In secondo luogo perché instaurare un rapporto stretto, personale con gli altri governanti «serve, risolve molti problemi». Come quello, ad esempio, di assicurare - l'offensiva diplomatica è andata avanti anche qui a Pòrtschach - un posto all'inquieto Prodi alla presidenza della Commissione europea. La terza ragione, ma non l'ultima per ordine d'importanza, è più personale: D'Alema deve sfruttare la sua permanenza a Palazzo Chigi per affermare la sua immagine non solo sul piano interno, ma anche su quello internazionale. Lui, a differenza di Prodi, parte con un handicap non indifferente, è un post-comunista. E sarà anche vero che è un problema superato, anacronistico, ma intanto la Chiesa ha storto il naso quando ad un ex-comunista è stato affidato l'incarico di formare un governo ed è sempre quello il principale argomento che Berlusconi usa nella crociata contro il governo D'Alema. Addirittura il Cavaliere è tornato a riproporre l'immagine delle Br figlie del Pei. «Mi dispiace - sono le parole con cui il premier ha liquidato la frecciata - che abbia detto cose non vere. L'altra sera era il momento della polemica, così oggi con la manifestazione. Per il resto aspetto...». Tante ragioni diverse che fanno diventare la politica estera il vero pallino di D'Alema. E pure questa particolare sensibilità offre l'identikit del nuovo presidente e le differenze con il predecessore. Per storia, per necessità e per cultura D'Alema sarà più politico di Prodi. La sua prima conferenza stampa dà premier ha marcato questa diversità. Se il Professore, giustappunto, nell'autunno di due anni fa, dileggiò gli ottocentomila manifestanti del Polo, D'Alema è stato attento ieri a non offendere la sensibilità dell'opposizione in piazza: «Io sono per mia cultura e tradizione molto rispettoso delle manifestazioni. Il governo ha il dovere di garantire la libertà di ciascuno di manifestare e ha il dovere di capire. E, comunque, non c'è bisogno di una manifestazione perché si sappia, come io so, che la destra in Italia rappresenta una forza consistente. Una realtà con cui bisogna dialogare». Un homo politicus fino in fondo il nuovo premier, in politica interna come in politica estera. Se il Professore negli incontri internazionali si abbandonava soprattutto all'elencazione di cifre, l'Architetto, per usare la sua stessa definizione, privilegia l'approccio politico ai problemi. E allora per D'Alema non può esserci solo una visione economicistica della politica europea, una gestione «fondamentalista» dei parametri di Maastricht, ora, l'approdo alla moneta unica deve spostare l'attenzione suU'«Europa sociale», ci deve essere un maggior impegno per la crescita e non solo per il risanamento finanziario, bisogna puntare sullo sviluppo e l'occupazione. Insomma, al neo-premier non piace l'Europa di Tietmeyer ma neppure quella di Antonio Fazio, dal quale, a M sentire le voci dello staff di Palazzo Chigi, D'Alema si sarebbe aspettato - e si aspetterebbe - un'ulteriore riduzione dei tassi d'interesse. Occupazione, ma anche sicurezza interna, cioè la soluzione dei problemi dell'immigrazione. E, ancora, una politica della pace che porti l'Europa a svolgere una politica estera e della sicurezza comune, addirittura nominando un responsabile che in stretto collegamento con i governi dei Paesi europei dia la possibilità di prendere decisioni rapide e unitarie. Con questi temi discussi a Pòrtschach, ovviamente, il nuovo premier è andato a nozze. «E' stata una riunione importante», ha ripetuto per tutta la serata spiegando il ruolo svolto in questa prima riunione internazionale. Eh sì, D'Alema ha bisogno di spiccare anche in Europa, di avere una forte identità intemazionale. E' un'esigenza primaria se vuole giungere preparato, fra due anni, al prossimo voto, quando dovrà chiedere la legittimazione a governare non solo ai partiti (come questa volta) ma direttamente agli elettori. Per lui il problema di costruirsi un'immagine adeguata è addirittu¬ ra più vitale della tenuta della maggioranza che lo sostiene a Palazzo Chigi. «Il governo durerà, durerà» è il leitmotiv che si sente tra gli uomini di Palazzo Chigi all'indomani del voto di fiducia, sia sulla bocca del vicepremier Mattarella a Roma, sia su quelle dei collaboratori del premier a Pòrtschach: «Durerà perché Cossutta non ha nessun motivo di fare scherzi e perché quelli di Cossiga e Mastella sono stati talmente premiati in termini di posti che sono legati ormai a doppio filo al governo». Durerà perché non c'è aria di contro-ribaltoni. Ma fra due anni il nuovo-premier dovrà difendere il suo ruolo sul campo. Non potrà come ieri spiegare ai capi dei partiti socialisti europei che è arrivato al governo «perché è venuta meno la maggioranza dell'Ulivo», «perché è riuscito ad allargare questa maggioranza in Parlamento». I suoi interlocutori non comprenderebbero queste complesse spiegazioni. Semmai dovrà dire semplicemente quello che ha detto Schròder ieri prima di lui: «Ho vinto le elezioni». Augusto Mlnzolini «L'approdo alla moneta unica deve spostare l'attenzione sul sociale» Ma il ruolo di primo ministro va difeso sul campo aspettando il voto degli italiani

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