Polo: un milione di no a D'Alema di Maria Grazia Bruzzone

Polo: un milione di no a D'Alema Roma, imponente manifestazione dell'opposizione in piazza San Giovann Polo: un milione di no a D'Alema Nuovi attacchi a Scalfaro e al «governotruffa ROMA. «Elezioni, elezioni», e le bandiere rosso-verdi di Forza Italia e quelle bianco-azzurre di An ondeggiano, le braccia alzate hanno il pollice verso. Il popolo del centrodestra applaude, fischia e si entusiasma soprattutto quando gli oratori denunciano il mancato ricorso alle urne imposto dal Presidente della Repubblica. La manifestazione da tempo preparata, che il Polo aveva voluto proprio a San Giovanni, piazza storica delle oceaniche adunate sindacali, doveva essere una sfida sull'occupazione e le tasse. Ed effettivamente è stata un'adunata gigantesca (gli organizzatori dicono di aver superato il milione, ma sembra una stima un po' eccessiva, mentre la questura, di solito pronta a ridimensionare, per una volta tace cifre ufficiali), trasmessa in diretta da Tg4 e Tg2. Ma si è inevitabilmente trasformata in un comizio multiplo contro il «governo truffa», leitmotiv non nuovissimo, ricorrente nei discorsi dei tre oratori. Pronti a raccogliere anche il consenso degli scontenti e dei perplessi del centrosinistra. Forse anche per questo i toni usati dai tre leader in fondo non sono eccessivi come avrebbero potuto essere, e come altre volte sono stati. E a usare le immagini più colorite è forse il moderato Pierferdinando Casini, arrivato in macchina (come del resto Silvio Berlusconi, mentre Gianfranco Fini ha seguito tutto il corteo) all'enorme palco posto, contro la tra- dizione di sinistra, a fianco della basilica. Primo a parlare, dopo l'inno di Mameli e quello di Fi cantato da un coro di casti giovani (i «Sei come sei») che all'ultimo momento ha sostituito le quasi-soubrettes televisive che avevano il compito di intrattenere nell'attesa), il leader del Ccd si scaglia subito contro il governo D'Alema («Arca di Noè, salotto buono della politica da cui - nei loro piani - dovrebbe rimanere esclusa un'accolita di selvaggi guidata da un capitano di ventura senza idee»). Quasi rivaluta il governo Prodi a cui concede «l'onore delle armi» per aver rispettato la volontà degli elettori, per prendersela con l'Italia «dei reduci e dei gattopardi, delle giravolte e dei voltagabbana: "Arsenico e vecchi merletti", attori attempati che non si rassegnano a star fuori dal palcoscenico e dicono tutto e il contrario di tutto pur di guadagnarsi una comparsala». Ce l'ha con l'Udr, Casini, e non lo nasconde. Parla di «centro virtuale, costruito non nel Paese ma nel Palazzo». E «con buona pace di Cossiga», gli ricorda che «Fi è entrata a pieno titolo nella famiglia del Ppc, ma l'Europa non è il Lussemburgo e l'Austria ma la Germania, la Francia la Spagna, grandi Paesi dove i democratici cristiani sono alternativi e non complici della sinistra. Ognuno può fare i pasticci che vuole, ma non può nobilitarli con falsificazioni storiche». Sulla stessa onda Fini, anche più esplicito nel rimproverare le mancate elezioni al Presidente della Repubblica, accusato di «ipocrisia politica» in nome della «morale». «Gli anafalberi Scalfaro doveva cercarli altrove, perché a questo governo non contesto la legittimità costituzionale ma quella politica» esordisce, scatenando la folla. «Sono anni - continua - che il Capo dello Stato invita tutti a richiamarsi a comportamenti moralmente onesti, che chiede a tutti il rispetto dell'onestà e della parola data e poi non ha il coraggio di trovare una sola parola per esprimere ciò che pensa la stragrande maggioranza degli italiani. Quello che diamo oggi non è un giudizio costituzionale ma morale». E in nome di un «rinnovamento morale» e «di un modo diverso di intendere la politica, lontano dagli in¬ trighi e dai tradimenti» Fini si rivolge anche a «coloro che hanno idee diverse dalle nostre», strizzando l'occhio ai delusi della sinistra in un curioso scambio delle parti. «La nostra reazione è stata fin troppo responsabile» insiste Berlusconi, che chiude la manifestazione commosso dalla vastità della folla. «Ci domandiamo, vi domandiamo che cosa doveva fare l'opposizione di fronte a quanto detto dall'onorevole Cossutta», aggiunge, alludendo alla frase, poi corretta, in cui il capo del Pdci raccontava come Scalfaro gli avrebbe detto di temere - in caso .di elezioni anticipate - la vittoria del Polo e l'avvento di un Presidente della Repubblica di destra. Berlusconi parla di «democrazia ferita». «Non siamo in quel Paese normale che qualcuno vorrebbe farci credere, siamo in un regime», continua, guadagnandosi applausi quando tira fuori «l'occupazione dei posti di potere, le migliaia di telefoni controllati, l'uso politico della giustizia e - soprattutto - le visite della Guardia di Finanza per spaventare chi non accetta di chinare la testa». E alla fine chiude a sorpresa usando quasi le stesse parole di Giovanni XXIII, il Papa buono: «Quando ritornerete nelle vostre case, negli uffici, nelle scuole, ricordatevi di questa straordinaria manifestazione di popolo». Maria Grazia Bruzzone

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