Politici divisi sul ruolo del manager
Politici divisi sul ruolo del manager Politici divisi sul ruolo del manager Ditti critico: «Ilproblema è che c'è ancora troppo Stato» ROMA. Le dimissioni di Rossignolo dividono il mondo della politica suscitando anche discussioni sulle privatizzazioni e sul ruolo dello Stato nelle imprese. Il commento forse di maggior peso è venuto ieri dal ministro degli Esteri Lamberto Dini, secondo cui il top manager «non è riuscito a costituire una squadra omogenea che gli consentisse di portare avanti una precisa strategia. Ma ritengo Rossignolo un capitano d'indurtria di indubbie capacità e di grandi qualità». Dini ha lamentato che «questa non è ancora una privatizzazione completa in quanto ci sono in consiglio quattro rappresentanti del governo. Un'anomalia». Per il presidente della commissione Te¬ lecomunicazioni della Camera, Ernesto Stajano (Ri), «da molto ormai la decisione di Rossignolo era attesa». Il responsabile economico di Forza Italia, Antonio Marzano, condivide che sia «un'anomalia la presenza di quattro rappresentanti dello Stato in Consiglio. Peraltro, nel caso specifico e nonostante la golden share, la cosa non ha significato alcunché per la gestione dell'azienda». Per Manlio Contento, coordinatore economico di An, «le dimissioni sono la conseguenza inevitabile di una strategia aziendale priva di ogni punto di riferimento e questo avrebbe determinato ulteriori grosse difficoltà alla Telecom nel momento estrema¬ mente delicato per l'individuazione delle linee strategiche di politica industriale». Il responsabile telecomunicazioni del Ppi, Giorgio Merlo, ha espresso «dispiacere, date le indubbie qualità di Rossignolo. Purtroppo è mancata la necessaria concordia all'interno della società». Dalla Lega Nord il capogruppo Domenico Cornino ha affermato che «le dimissioni sono sintomatiche di errori gestionali». Dai «pannelliani» il commento è che questo «è un fallimento annunciato». Gianfranco D'Alba e Benedetto Della Vedova hanno chiesto che «siano subito messe all'asta, in blocco, le azioni ancora in mano al Tesoro». [r. e. s.]
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