Telecom, Rossignolo getta la spugna

Telecom, Rossignolo getta la spugna Si cerca un amministratore delegato. Meno poteri al nuovo numero uno, ora comanda l'esecutivo Telecom, Rossignolo getta la spugna Arriva Libonati da Titti. Il titolo si impenna in Borsa MILANO. Un lungo consiglio d'amministrazione, otto ore di discussioni, qualche momento di tensione, la ricerca di una via d'uscita e, alla fine, la svolta. Clamorosa. Gianmario Rossignolo lascia, si dimette da presidente della Telecom. «Se questo è il modo per uscire da uno stato di tensione insostenibile per la società, mi assumo tutte le responsabilità», ha scandito, dopo aver ascoltato, in silenzio, gli interventi dei consiglieri. Se ne va, Rossignolo. E al suo posto, il consiglio ha cooptato (con voto unanime) Berardino Libonati, ex rappresentante del Tesoro, l'uomo che aveva sostituito (a fine luglio) Vito Gamberale al vertice di Tini. Un avvocato di fama, esperto di diritto societario, che verrà affiancato da un manager forte, da un amministratore delegato che verrà scelto «in tempi brevi» tra i nomi al vaglio del comitato esecutivo, una rosa di «papabili» sempre più ristretta: Ubaldo Livolsi, Paolo Guidi, Luigi Stanca, Pasquale Pistorio. Nell'attesa, mentre viene confermata «una trattativa a tutto campo per la piattaforma digitale», tutte le deleghe operative di Rossignolo passano al comitato esecutivo composta da Alessandro Profumo, Pier Giusto Jaegher, Luca Paveri Fontana, Vittorio Serafino, Alessandro Ovi, rappresentanti dei principali azionisti, Credit, Ifil, Sanpaolo di Torino, Imi, Ina, Generali e Tesoro. Finisce così, dopo 294 giorni, il tormentato regno di Rossignolo. Dieci mesi in trincea, vissuti pericolosamente tra ribaltoni, annunci di alleanze, stop and go, nel tentativo, difficile e non tutto fallito, di far cambiar pelle a un gruppo pubblico (e monopolista) diventato privato. Alti e bassi con un epilogo forse scontato, nelle ultime settimane, dopo «l'imperdonabile gaffe» (definizione di Umberto Agnelli, presidente di Ifil) commessa sui conti del gruppo e sul piano triennale anticipato ai sindacati prima che al mercato, reso pubblico, smentito e poi confermato dopo l'intervento della Consob. Errore imperdonabile per una società con milioni di azionisti e nel portafoglio di grandi investitori esteri. Non a caso, ieri, al termine dell'inchiesta promessa da Rossignolo subito dopo il pasticciaccio, il consiglio ha preso atto di «carenze organizzative nelle strutture dedicate ai processi di comunicazione, in particolare ai mercati finanziari» e ha dato mandato al comitato esecutivo di «mettere a punto adeguati interventi». Se ne va, Rossignolo, sperando che la sua uscita ridia la tranquillità che serve a un grande gruppo come Telecom. Se ne va di venerdì, dopo un consiglio lungo otto ore che si tiene lontano da Roma, a Milano, nel palazzone Telecom di piazza Einaudi. Fuori decine di giornalisti e le solite tv, dentro, tutti presenti: Rossignolo, Jaegher, Profumo, Paveri Fontana, Serafino, Ovi e Marchetti, Jeffrey Livingston e Gustavo Visentini, i primi (giorni fa) a chiedere le dimissioni del presidente. Alle due si comincia e partono le voci sugli esiti del consiglio: chi immagina un Rossignolo dimezzato in attesa dell'arrivo del nuovo amministratore, chi prevede battaglia da parte di un presidente deciso a resistere. Alle quattro l'ipotesi dimissioni comincia a prendere corpo. Il tam tam parte da Roma, da ambienti politici, da Montecitorio dove si sta votando la fiducia al governo D'Alema. I portavoce, interpellati, rispondono con l'inevitabile «no comment» rimandando a comunicati che verranno, ma in Borsa la corsa del titolo è impressionante, prima più 2,3%, poi più 3%, poi più 4%. Qualcuno fa capire che eventuali conferme o smentite arriveranno solo dopo le cinque, a Borsa chiusa, per evitare altri pasticci con la Consob. Solo il ministro Ciampi, che con il 5,17% in mano al Tesoro è pur sempre il maggior singolo azionista, un quarto d'ora prima delle fatidiche cinque, da Montecitorio lancia un messaggio: lui, che da quando Telecom è stata privatizzata è sempre stato molto attento a non intervenire nelle polemiche sulla gestione, questa volta auspica che gli azionisti privati riescano a dare un «esecutivo pienamente valido». Per la Borsa, dove la gestione Rossignolo non ha mai goduto di grandi fans, l'aupicio di Ciampi è una sorta di de profundis: il titolo schizza a 12.450 lire prima di assestarsi a 12.145, in rialzo del 5,81% alla chiusura di Piazza Affari. Alle sei se ne va, zitto come un pesce ma con la faccia di chi ha vissuto ore faticose, Paulus Smits. Alle sette circola il nome di Berardino Libonati, il presunto successore che diventa ufficialmente il successore di Rossignolo alle 20 e 19 minuti quando, a consiglio finalmente terminato, arrivano i comunicati: «Rossignolo si è dimesso, Libonati nuovo presidente...». Armando Zeni 13 GENNAIO quotazione titolo 12.40$ r 15 APRILE quotazione titolo ÌS.ÌÌQr fresctolineamchairmdotato di pieni poteri») 19 FEBBRAIO L'ammquotazione titolo Tomm9 2.469 Y dimis28 MARZO Si arequotazione titolo erano14.090 Y ancorVienCablrisulte16 GIUGNO Assemquotazione titolo Rossig12.919 f Vito G~ di TelGli subentra Massimo Sannuncia un accordo csource. 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Stessa data: Rossignolo annuncia un accordo con il consorzio europeo Unisource. Viene però smentito in giornata 29 LUGLIO II gruppo Telecom mette a segno la quotazione titolo sua più grossa acquisizione interna» 14.969 Y zionale vincendo 3 licenze in Brasile 31 LUGLIO Gamberale si dimette anche da pre» quotazione titolo sidente della controllata Tim. 15.256 Y NeprencteilpostoBerardirolJbonatj, la gestione passa all'amministratore delegato Umberto De Julio I • 8 OTTOBRE Dati di bilancio comunicati quotazione titolo ai sindacati vengono smen12.145 Y titi, poi riconosciuti veri, La Consob indaga 23 OTTOBRE Rossignolo quotazione titolo si dimette IQ'JHte f da presidente

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