Pinochet, prima apertura di Londra di Fabio Galvano

Pinochet, prima apertura di Londra Un inviato di Frei da Blair. La moglie del generale: non sa di essere agli arresti, se no morirebbe Pinochet, prima apertura di Londra «Valuteremo le ragioni umanitarie» LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Si chiama «ragioni umanitarie» il gioco di destrezza con cui il governo di Tony Blair potrebbe risolvere l'imbarazzante caso Pinochet. Vi ha accennato giovedì notte il ministro degli Interni Jack Straw, l'uomo cui spetterà l'ultima parola sull'estradizione dell'ex dittatore cileno. In una risposta scritta ai Comuni egli ha infatti precisato che sarà suo dovere valutare se la richiesta spagnola, attesa per la settimana prossima nella sua forma defininitiva, «è anche di carattere politico e se ci sono circostanze umanitarie». Tanto è bastato perché la carta umanitaria - Pinochet compirà nei prossimi giorni 83 anni e le sue condizioni di salute non sono buone fosse immediatamente imbracciata anche dal governo cileno; e ieri il viceministro degli Esteri Mariano Fernandez ha lasciato Santiago per una missione prima a Madrid e poi a Londra. «Addurrà ragioni umanitarie per il rilascio del senatore Pinochet», ha detto il nainistro degli Esteri José Miguel Insulza, annunciando che se liberato Pinochet «scomparirà dalla scena politica». Sulla stessa falsariga anche il presidente Eduardo Frei lanciava l'ennesimo appello per la liberazione di Pinochet (condiviso - ha detto - «persino da ministri che hanno sofferto tortura ed esilio»): «Chiederemo che si tenga conto della sua grave condizione di salute». L'ipotesi tratteggiata da Straw - qualcosa. Una denuncia della vedova di uno studente scomparso in Argentina «con la complicità di Pinochet», uno dei 94 già contemplati nella denuncia spagnola, è all'esame di un giudice di Ginevra, Bernard Bertossa, che perà avverte: «Non ci getteremo alla cieca in una richiesta di estradizione». Una bomba è esplosa ieri all'alba nessuna vittima - in una via di Santiago, poco lontano dalle ambasciate di Londra e di Madrid. Durante la notte, a riprova di quanto sia delicata la situazione, c'erano stati altri scontri fra dimostranti e polizia. C'è anche chi minaccia sanzioni economiche contro la Spagna: «Non siamo più una colonia da 188 anni», ha dichiarato il senatore Jovino Novoa. In attesa del dibattito di lunedì all'Alta Corte, quando gli avvocati di Pinochet sosterranno l'illegalità del suo arresto, anche Menem è sceso in campo al fianco dell'ex dittatore. Chiamato in causa da Lady Thatcher, che ha collegato l'arresto dell'«amico» Pinochet alle accoglienze che Londra riserverà la settimana prossima al presidente del Paese che era «nemico» durante la guerra delle Falkland («Argomentazioni vergognose», ha detto Isabel Allende), Menem ha dichiarato il suo «appoggio totale» alla richiesta cilena. «Il Cile - ha spiegato - è nostro vicino e amico, i nostri due Paesi dipendono l'uno dall'altro». Londra non poteva ignorarlo; ed ecco spuntare le «ragioni umanitarie». Fabio Galvano Cileni bruciano la Union Jack per solidarietà con il generale Pinochet ha anche rivelato che Pinochet è entrato nel Paese il 22 settembre, e che questa è la sua quinta visita in cinque anni - potrebbe consentire al governo britannico di uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciato, sebbene sostenga che si tratta solo di «una questione giudiziaria». Su quel piano, tuttavia, molte cose devono ancora accadere. Anzitutto la richiesta spagnola: soltanto giovedì si riunirà la speciale commissione del tribunale nazionale per esaminare la legittimità della richiesta formulata dal giudice Baltasar Garzon e i ricorsi - ieri c'è stato il terzo - della Procura di Madrid. Ma potrebbero anche esserci ritardi, se è vero che Garzon intende allargare una seconda volta il suo caso, per abbracciare non 94 ma oltre 200 vittime. Se Straw decìderà di dare via libera alla procedura, Pinochet dovrà comparire davanti al tribunale di Londra. Se sconfitto potrà appellarsi fino al massimo tribunale, la Camera dei Lord. A quel punto toccherà di nuovo a Straw, con la decisione finale. Una lunga procedura, con un imputato che - dichiara la moglie Lucia - «non sa ancora di essere in stato di detenzione». «Se lo sapesse ha aggiunto - morirebbe di dolore e di rabbia. E' molto depresso e lo stato di salute non migliora». Anche l'arcivescovo di Canterbury chiede compassione: «Sono certo - ha detto - che il nostro governo baderà agli aspetti personali della vicenda». Intanto anche in Svizzera si muove