Una mina prima della firma

Una mina prima della firma Una mina prima della firma La liberazione della spia detenuta in Usa LA TALPA PEL MOSSAD JTEL AVIV ONATHAN Jay Pollard è da 12 anni una spina nel fianco nelle relazioni fra Gerusalemme e Washington e un incubo permanente per la comunità ebraica statunitense. Cittadino Usa ma spia israeliana, la sua liberazione ha condizionato l'ultima fase dei negoziati israelo-palestinesi, rischiando di far crollare l'intera impalcatura. La sua vicenda inizia nella primavera del 1984 quando questo ebreo americano che lavora come ufficiale nel Centro Allerta anti-Terrorismo (Atac) del servizio segreto della marina militare Usa, entra in contatto con il colonnello israeliano Aviem Sela, l'uomo che tre anni prima - secondo notizie mai confermate - aveva guidato i caccia-bombardieri israeliani nel raid contro la centrale nucleare irachena di Osirac, vicino a Bagdad. A Sela, Pollard confida di avere accesso a documenti relativi al potenziale militare di vari Paesi arabi (fra cui appunto l'Iraq) e sulle più recenti armi sovietiche. La moglie Ann Henderson, aggiunge, è una ricercatrice specializzata sull'Estremo Oriente e dispone di materiale di prima mano sulla Cina. Inesperto di operazioni di spionaggio - oltretutto in un Paese amico - Sela chiede istruzioni al suo diretto superiore Rafi Eitan, un ex agente del Mossad che nel 1984 dirige a Tel Aviv il Lekem, un piccolo ufficio all'interno del ministero della Difesa. Per Eitan, Pollard è molto più che una «talpa»: rappresenta il trampolino che gli consentirebbe di balzare in un colpo dal modesto Lekem alla guida del servizio segreto, il Mossad. Sul conto di Pollard, un idealista sionista che tuttavia non rifiuta qualche compenso, Israele comincia a versare millecinquencento dollari al mese, poi duemila. Jonathan e Ann sono invitati a spese di Eitan a Parigi, e poi in Israele, dove l'ufficiale riceve un passaporto israeliano con il nome di Dany Cohen. Incontra inoltre, a Tel Aviv e a Washington, un misterioso agente «Uzi» che fino ad oggi nessuno è mai stato in grado di identificare. Nel Maryland i suoi superiori cominciano a fiutare che qualcosa non funziona quando si rendono conto che Jonathan chiede di visionare documenti riservati che non sarebbero di sua competenza. E nel novembre del 1985 scatta la trappola: agenti dell'Fbi lo inseguono, lui corre all'ambasciata israeliana, si identifica, alza la voce, ma i cancelli restano inesorabilmente chiusi. Con lui la giustizia americana è inflessibile e ordina il carcere duro a vita. Gli ebrei americani sono in stato di choc: la loro lealtà viene oramai messa in dubbio. Di fronte allo scandalo che scuote fin dalle fondamenta le relazioni con gli Stati Uniti, i dirigenti israeliani (persone pure esperte come Yitzhak Rabin, Shimon Peres e Yitzhak Shamir, allora uniti in un governo di emergenza nazionale) fanno gli gnorri e sostengono che Eitan ha agito a loro insaputa. Il procuratore statunitense che.segue il caso, Joseph di Genova, pensa invece che Israele abbia dislocato a Washington altre «talpe»: il misterioso Uzi e qualcuno che diceva a Eitan quali documenti richiedere da Pollard. Grazie a una lobby agguerrita, Pollard è riuscito negli ultimi anni ad essere riconosciuto come «spia di Israele», a ricevere la cittadinanza israeliana e ad ospitare in cella vari ministri di Netanyahu. Nei negoziati con Arafat Israele ha rinunciato all'estradizione del capo della polizia palestinese Ghazi Jebali. In cambio aveva chiesto a Clinton la liberazione di Pollard e a Hosni Mubarak la scarcerazione di Azzam Azzam, un druso condannato l'anno scorso al Cairo per spionaggio, malgrado nei suoi confronti ci fossero prove molto esili. «Finché non sarò fuori, non crederò alla mia liberazione», aveva commentato prudentemente Pollard dalla cella. Aldo Baquis La sua scoperta rischiò di guastare per sempre le relazioni tra Washington e Tel Aviv Da sinistra Jonathan Jay Pollard, ufficiale americano di origine ebraica arrestato nel 1985 e Yitzhak Shamir primo ministro all'epoca dello scandalo Sopra, stretta di mano storica tra Netanyahu e Arafat sotto lo sguardo di Re Hussein e Al Gore