La solitudine del GATTOPARDO di Boris Biancheri

La solitudine del GATTOPARDO La solitudine del GATTOPARDO Venerdì 23 ottobre al Circolo della Stampa di corso Stati Uniti 27, alle ore 17, verrà presentato il volume di Gioacchino Lanza Tornasi «Giuseppe Tornasi di Lampedusa. Una biografia per immagini», edito da Sellerie Con l'autore intervengono Boris Biancheri e Lorenzo Mondo. Sabato 24 ottobre al Carignano, alle ore 20,45, «Speciale Gattopardo», con filmati e letture. Partecipano Gian Carlo Caselli, Gioacchino Lanza Tornasi, padre Ennio Pintacuda S.J., Marcello Sorgi. Conduce Santo Della Volpe. Info: 011/516.94.44. DESOLAZIONE e fine», intitola Gioacchino Lanza Tornasi l'ultimo capitolo della memoria biografica che apre l'edizione delle Opere del principe di Lampedusa nei Meridiani Mondadori. Guardiamo le date: nel febbraio 1957 Tornasi conclude la stesura del «Gattopardo» e tramite il libraio Flaccovio di Palermo ne manda una copia a Vittorini, allora direttore dei «Gettoni» di Einaudi. A fine aprile, la diagnosi tremenda: carcinoma polmonare destro. Tornasi parte per una clinica di Roma e si sottopone alla cobaltoterapia. Il 1° luglio si trasferisce in casa della cognata. Il giorno dopo arriva la lettera di Vittorini, con le motivazioni dettagliate di un cortese rifiuto. Tornasi - ricorda Gioacchino - «se ne compiacque e se ne rattristò a un tempo. Era il primo segnale di attenzione che gli giungeva da un uomo al di fuori della propria cerchia, ma era anche un rifiuto». Il 25 luglio Tornasi muore. Meno di un anno dopo Giorgio Bassani, direttore letterario della neonata Feltrinelli, avuto il manoscritto da Elena Croce, decide di pubblicarlo. E' successo immediato, travolgente, duraturo. Ancora un anno, e «Il Gattopardo» vince il Premio Stre- ga. Il Vittorini del 1957 era purtroppo il letterato meno adatto ad apprezzare un romanzo di questo genere. Per lui più importante di una singola opera era un discorso globale di politica culturale, in cui le opzioni ideologiche erano più forti del piacere del testo. Il suo «no», oggi incomprensibile, era almeno coerente. Su tutt'altra sponda l'elegiaco, «crepuscolare», Bassani, e così è toccata a lui la gloria del risarcimento postumo. Ma la vitalità di un testo si misura anche dalla vivacità dei contrasti che continua a suscitare. Quanto ai lettori, non hanno mai avuto dubbi. Come stupirsene? Nel «Gattopardo» c'è proprio tutto: il fascino delle storie famigliari (cioè la fa¬ talità della decadenza), il quadro di un'epoca, l'intima necessità dei personaggi, la felicità di raccontare, l'ironia misurata di un giudizio morale tutto implicito, l'emblematicità delle situazioni, la malinconia, la nostalgia struggente di un mondo che non c'è più. Ma credo che il lettore provi nostalgia e rimpianto anche per l'autore: prototipo di quella élite colta, cosmopolita, di stile alto, campione di quella borghesia di respiro europeo che l'Italia non ha mai avuto, e dalla cui latitanza dipende - come si è detto tante volte ma resta purtroppo vero - la volgarità di un Paese che ha per suo vero patrono il faccendiere Calogero Sedara. Ernesto Ferrerò

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