FERRAROTTI

FERRAROTTI FERRAROTTI Un laboratorio di liuteria premiato all'Esposizione dell'11 LPUNICA aziendina arti™ gianale in Piemonte (e una della poche rimaste in Italia) per la produzione di chitarre è quella della famiglia Ferrarotti, quattro generazioni di liutai, con sede in via Thures, al confine tra Torino e Grugliasco. «Mio nonno Luigi che si vede nella foto - scrive l'attuale titolare, anch'egli di nome Luigi era nato nel 1878 a Robella di Trino, provincia di Vercelli; era un contadino e nel tempo libero faceva parte della banda musicale del paese. Nel 1906 si trasferì a Torino con la moglie Antonietta e tre figli: Olimpio, Dionigi (mio padre), e Maria. «Si impiegò come falegname presso la Società Tranviaria Belga che gestiva i primi trasporti in città, e a tempo perso iniziò a costruire chitarre a livello amatoriale. Però già nel 1911 partecipò all'Esposizione Internazionale di Torino e fu premiato con medaglia d'argento e relativo diploma tutto istoriato che è conservato ancora oggi gelosamente nel mio ufficio. «Dopo un po' lasciò i tram e decise di dedicarsi a tempo pieno alla costruzione di strumenti a corda: mandolini, mandole, banjo, e chitarre e anche qualche contrabbasso, in un laboratorio prima in corso Casale e poi in corso Vercelli dove rimase fino al 1954 con la collaborazione di mio padre Dionigi. «Prima della guerra, rispetto a oggi, in proporzione, gli strumenti costavano molto di più, infatti una chitarra buona, allora si diceva del tipo Guadagnini, con il ponticello a baffo o a riccio, arrivava a costare da 50 fino a 250 lire. E si vede che il reddito era più che sufficiente, se il nonno, facendo al mas- simo dieci chitarre al mese, riuscì a mantenere due figli al Conservatorio: zia Maria, del 1905, che divenne insegnante di musica, e zio Olimpio, che dal 1955 al '60 fu nientemeno che direttore dell'orchestra Filarmonica di Teheran, ai tempi dello Scià. «Allora tutto era fatto a mano, dagli intarsi di ebano e madreperla sulla cassa, alle meccaniche, cioè le macchinette che tendono le corde. Poi cominciammo a comprarle prima dalla ditta Ghivarello che non c'è più, poi da Zuffellato che c'è ancora. Adesso invece le compriamo da Taiwan perché costano meno. «Mio nonno morì nel 1955, e il figlio Dionigi (mio padre), si trasferì allora nei locali più grandi di via Thures dove siamo ancora oggi. Qui iniziò la collaborazione nell'azienda, della quale divenni titolare alla morte di mio padre nel 1965. «Di quei tempi ricordo altri piccoli liutai a Torino, che col tempo sono tutti spariti, Gallinotti, Emilio Grimaldi in via San Domenico, Fabiani in via Santa Chiara, Bardelli in corso Regina. «Dal '65 all'80 l'azienda ebbe un buono sviluppo, come anche molte imprese marchigiane che producevano chitarre. Poi arrivò la concorrenza di Taiwan e Giappone, e anche Cina e Corea, e le cose cominciarono ad andare meno bene. «Comunque tiriamo avanti, io e i miei due figli Roberto e Gemma e la piccola produzione serve quasi esclusivamente il mercato nazionale. Da parte mia da qualche anno mi dedico anche al restauro di mobili antichi sfruttando le conoscenze dei legni e delle lavorazioni di tre generazioni di liutai».

Persone citate: Emilio Grimaldi, Fabiani, Ferrarotti, Gallinotti, Guadagnini, Olimpio