Tutti al lavoro i giovani dottori in fisica

Tutti al lavoro i giovani dottori in fisica STUDIO SUI LAUREATI '93-'96 Tutti al lavoro i giovani dottori in fisica Oltre 55 su cento trovano occupazione nel mondo dell'industria ASalerno, durante l'annuale riunione della Società Italiana di Fisica (Sif) sono stati illustrati i risultati di un'analisi sulla situazione occupazionale dei giovani laureati in fisica. L'indagine nasce da uno studio preliminare fatto a Torino all'inizio del 1997 che, per iniziativa dei presidi dei corsi di laurea in Fisica di tutte le università italiane e sotto l'egida della Sif, è stato esteso a tutti i laureati del periodo 1993-1996. Oltre a questa, nel dopoguerra sono sirate fatte altre tre grosse indagini sui laureati in fisica degli anni '59-62, '66-70, '88-92. La prima domanda cui si cercava una risposta concerneva, ovviamente, le possibilità di occupazione offerte dalla laurea in fisica. La prima sorpresa, è che il 50% ha un'occupazione stabile, il 34% un'occupazione a tempo determinato e solo l'8% dichiara di non avere nessuna occupazione; quest'ultima percentuale diminuisce rapidamente con il tempo: tutti i laureati nel 1993 lavorano. Questa è un'ottima notizia e conferma i risultati che avevamo ottenuto sul campione dei laureati di Torino. Un'ulteriore conferma di buona tenuta della laurea in fisica viene dal confronto con l'indagine degli anni '88-92, da tutti considerati -«anni buoni». Dall'analisi comparativa emerge una patente contraddizione con un'aspettativa quasi universale: malgrado la notevole flessione di impieghi nella scuola, le prospettive occupazionali dei laureati in fisica nel quadriennio '93-96 sono complessivamente migliorate per il potenziarsi di attività nei settori di punta dell'industria e per l'aprirsi di nuove attività che vanno dal settore amministrativo e finanziario a quello sanitario. Anche se non ho dati al riguardo (e sarebbe veramente importante che venissero raccolti), sono certo che conclusioni simili si trarrebbero per quasi tutti gli altri campi dalle scienze fondamentali, matematica, informatica, chimica, scienze dei materiali alle scienze della vita e a geologia. Un'indagine simile a quella fatta a Fisica sarebbe utile agli studenti che si iscrivono all'università affinché, al di là di una rincorsa alle iscrizioni che possono essere «alla moda» ma che sboccano in lauree che difficilmente portano ad un'attività lavorativa, essi fossero orientati a scegliere non solo basandosi sulle loro inclinazioni ma tenendo anche in considerazione aspetti significativi per una loro futura occupazione. Non tutto è positivo nell'indagine, tutt'altro. Restano vivissime le preoccupazioni, per esempio, per l'eccessiva durata degli studi che, nominalmente di 4 anni, raramente si concludono prima di 6 e che, fra gli altri inconvenienti, porta a un accumulo non più sopportabile di studenti fuori corso. Questo è un problema su cui si sta lavorando sia localmente sia in sede nazionale per allineare l'Italia con gli altri Paesi europei dove, in media, gli studenti, «si perdono meno per strada e si laureano prima». La seconda sorpresa dell'indagine è «la sostanziale indifferenza del mondo del lavoro al voto di laurea purché raggiunga o superi il 101/110 (voti di laurea inferiori a 101 sono invece fortemente penalizzati)». Questa conclusione sfata o almeno ridimensiona l'opinione molto diffusa presso gli studenti che occorra una media molto elevata per trovare lavoro. Resta verissimo, invece, che occorre un voto molto elevato (in pratica 110 e lode) per avere una speranza di entrare nella ricerca o nell'università. Pure molto interessante perché, di nuovo, va nella direzione verso la quale stiamo facendo grandi sforzi, è che «il mondo del lavoro privilegia nettamente chi si laurea in tempi brevi». Per esempio, alla fine del 1997, tutti i laureati in meno di 6 anni del '93, del '94 e del '95 risultano occupati. Tornando al confronto fra la frazione di laureati in fisica occupati stabilmente secondo la presente indagine e quella precedente, malgrado sia diminuita sostanzialmente la disponibilità di posti nella scuola, per la lunga pausa di assunzioni nella medesima, la frazione di chi ha un'occupazione stabile resta globalmente la stessa (ma scende considerevolmente passando da sedi come Milano o Torino quando si va verso il Sud). Si riproduce dunque in maniera netta l'usuale squilibrio Nord Sud. Rispetto all'indagine precedente, invece, sale in maniera considerevole (più che doppia!) l'occupazione a tempo determi- nato. Ciò è conseguenza del maggior dinamismo del mercato del lavoro che si adegua, sia pure lentamente, ad un trend in atto da molto tempo negli Stati Uniti. Forse, la più vistosa differenza con l'indagine precedente riguarda la ripartizione degli impieghi nei vari enti. Rimasta sostanzialmente uguale la frazione occupata nell'università o nella ricerca, sale di molto il numero di impiegati nell'industria e in altre attività lavorative che diventano oltre il 55% e dove i settori che fanno la parte del leone sono l'elettronico, l'informatico e il meccanico. Il numero di impiegati all'estero è più o meno lo stesso dai tempi dell'indagine precedente, ma varia da sede a sede; con il minimo assoluto a Napoli. Credo che le conclusioni ciascuno le possa trarre da sé e mi auguro che possano porre le basi per un orientamento dei giovani che mi sembra indilazionabile se non vogliamo trovarci fra un 10-15 anni a non avere più un serbatoio sufficiente di competenze scientifiche proprio quando queste saranno più condizionanti lo sviluppo di ogni Paese moderno. Enrico Predazzi \ Università di Torino Auspicabili indagini simili per natte le facoltà universitarie NEO-LAUREATI IN FISICA 50% Occupazione stabile 8% In cerca di occupazione 8% Situazioni non precisate 34% Occupazione a tempo ] determinato 411% Università, ricerca, insegnamento |; Occupati nell'industria

Persone citate: Enrico Predazzi

Luoghi citati: Italia, Milano, Napoli, Stati Uniti, Torino