SCHLEIERMÀCHER, LA RELIGIONE FONDATA SUL SENTIMENTO
SCHLEIERMÀCHER, LA RELIGIONE FONDATA SUL SENTIMENTO SCHLEIERMÀCHER, LA RELIGIONE FONDATA SUL SENTIMENTO Si riscopre il teologo romantico, padre dell'ermeneutica I sa che Nietzsche scherzava pesantemente sul nome «Schleiermacher», che alla lettera vuol dire facitore di veli, per accusare la filosofia tedesca di lasciarsi troppo spesso avvolgere dalla fascinazione della mistica e del sentimentalismo. Il gioco di parole era però stato per la prima volta proposto da Novalis che invece gli conferiva un senso del tutto elogiativo: con i suoi Discorsi sulla religione, Scheleiermacher aveva secondo lui presentato la religione con un nuovo velo che, pur coprendola con il necessario pudore, ne mostrava anche la profonda verità. Nel nostro secolo, si direbbe che la fortuna di Schleirmacher sia stata segnata soprattutto dall'ironia nietzchiana. II pensiero di questo filosofo e teologo romantico, amico degli Schlegel e collaboratore, alla fine del Settecento, della loro rivista Athenaeum, che divenne poi uno dei maestri della cosiddetta «teologia liberale», non è stato conosciuto e apprezzato come probabilmente i di è liberale», non è stato conosciuto merita. Un segno di questo è an¬ che la rarità delle traduzioni ita liane delle sue opere, sia teologiche sia filosofiche, a cui rimedia ora, meritoriamente, l'edizione dei Classici Utet, con un primo grosso volume dedicato agli scritti filosofici, a cura di uno dei massimi studiosi italiani dell'autore, Giovanni Moretto, Una certa popolarità di Schleiermacher nella cultura filosofica corrente si era già rinnovata, almeno a partire dai primi Anni Sessanta, in concomitanza con la diffusione dell'ermeneutica di Gadamer. Schleiermacher è stato infatti uno dei padri dell'ermeneutica moderna, in scritti, tuttavia, che sono rimasti a lungo inediti o quasi. Ma la sua teoria dell'interpretazione, che resta come a metà strada fra l'anàlisi tecnica dei metodi di comprensione dei testi e l'intuizione delle implicazioni di carattere più generale, ha finito per essere oscurata dagli sviluppi più radicali di queste implicazioni (in Heidegger e nei suoi discepoli), mentre gli aspetti tecnici sono stati anch'essi alquanto coperti dalla maggior fortuna di altre teorie, per esempio negli anni della moda strutturalista. Dunque, in tanti sensi, l'edizione Utet è la felice occasione di una riscoperta. Nell'ampia scelta di testi che qui viene presentata in traduzione italiana (lamentiamo solo l'assenza del Brouillon zur Ethik, un importante manoscritto del 1805-6 pubblicato postumo), benché per ora limitata agli scritti filosofici, ci sono elementi sufficienti per parlare di una viva attualità del pensiero schleiermacheriano. La quale probabilmente è stata finora misconosciuta per effetto del pregiudizio sfavorevole che parte dalla polemica primonovecentesca contro la teologia liberale e in genere dallo spirito antiromantico del¬ l'esistenzialismo. Sia alla teologia dialettica dei primi decenni del secolo, sia al pensiero esistenzialistico riusciva inaccettabile la concezione della religione che Schleiermacher illustra nel primo dei suoi scritti più importanti, i Discorsi sulla religione, pubblicati nel momento inaugurale della stagione romantica, nel 1799. Lì la religione viene fondata e proposta come dispiegarsi nell'anima del sentimento dell'infinito, di cui tutti, in qualche momento privilegiato della vita, facciamo esperienza. Questa esperienza non è affatto un modo di perdersi nel gran mare del tutto; anzi, Schleiermacher crede che prò- ,#j|f prio qui si debba cercare la vera radice del valore dell'individualità. In quanto intuizione e sentimento dell'infinito che si dà al singolo in un momento puntuale della sua vita, la religione non si riduce né alla morale né alla metafisica, entrambe troppo dominate dall'ideale dell'universalità. C'è qui una polemica contro l'universalismo della morale kantiana, e forse anche una anticipazione di certe pagine di Kierkegaard (un altro nome etimoligicamente pericoloso: significa cimitero!) sulla chiamata paradossale di Abramo. L'uomo religioso, dice Schleiermacher, è «totalmente storico»: non può dare ragioni dimostrative della sua fede, può solo riferirsi al momento individualissimo della propria intuizione. Nel suo lavoro teologico successivo, Schleiermacher (che dal 1810 fu professore di teologia nella nuova università di Berlino) non abbandonò mai completamente questa fondazione intuitiva della religione; che apparve liberale anche perché legata al sentimento individuale, una base che alla teologia di impianto esistenziale del nostro secolo apparve troppo esile, troppo poco consapevole della trascendenza di Dio come «totalmente Altro». Egli la integrò piuttosto nel concetto di un sentimento di dipendenza, che è lo stesso senso della nostra finitezza. Anche Gesù, nella prospettiva di Schleiermacher teologo cristiano, è una figura storica nella quale si è realizzato in modo perfetto questo sentimento, e perciò i cristiani si salvano se si «collegano» a lui nel culto e nell'osservanza dei suoi insegnamenti. Come è importante (e lo dirà nella matura Dottrina della fede cristiana) tenersi collegati a Gesù in quanto incarnazione storica perfetta del sentimento di dipendenza da Dio, così in generale nell'etica non si tratta tanto di corrispondere con la pratica a un imperativo razionale, ma di realizzare il bene sul modello dei «beni» di cui la storia ci ha lasciato traccia. Quella di Schleiermacher, così, non è tanto un'etica degli imperativi quanto un'etica dei beni, intesi questi ultimi come realizzazioni eminenti, potremmo dire «classiche», della compenetrazione tra libertà della ragione e mondo esterno - secondo una concezione che non è tanto lontana dalla nozione hegeliana di spirito oggettivo, e che sarà ripresa da un grande pensatore storicista del Novecento, Wilhelm Dilthey. L'interesse di Schleiermacher per l'ermeneutica, cioè per la teoria dell'interpretazione dei «beni di cultura» che la tradizione ci ha lasciato, si capisce a questo punto come una conseguenza del suo impegno etico. Si può parlare di una attualità di queste idee schleimermacheriane? Quanto all'etica, tale attualità sembra evidente: mentre appare sempre più difficile, filosoficamente, giustificare imperativi razionali assoluti, la coscienza contemporanea si sente impegnata ad essere fedele a una eredità di valori culturali che, sebbene «totalmente storici», sono anche la base della nostra convivenza. E la religione fondata sul sentimento sembra caratterizzare molte esperienze religiose di oggi, anche se non può certo piacere alle chiese che ritengono di dover imporre una teologia rigidamente formulata in dogmi e in prescrizioni disciplinari, perché si faccia un solo ovile sotto un solo pastore. Ma le pecore non staranno unite, più che in virtù dei dogmi, proprio in forza dell'amore e dell'amicizia, cioè del tanto vituperato sentimento? Gianni Vattimo Maestro dì «teologia liberale»: la sua teoria dell'interpretazione nasce dall'impegno etico SCRITTI FILOSOFICI F. D. E. Schleiermacher a cura di G. Moretto Utet pp. 680 L. 85.000 Il filosofo e teologo tedesco Schleiermacher prio qui si debba cercare la vera radice del valore dell'individualità. In quanto intuizione e sentimento dell'infinito che si dà al singolo in un momento puntuale della sua vita, la religione Il filosofo e teologo tedesco Schleiermacher
Persone citate: Gadamer, Gesù, Gianni Vattimo Maestro, Giovanni Moretto, Heidegger, Kierkegaard, Moretto, Nietzsche, Wilhelm Dilthey
Luoghi citati: Berlino
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