EMO, 40 MILA PAGINE PER ESERCIZIO DI IDEALISMO di Franca D'agostini

EMO, 40 MILA PAGINE PER ESERCIZIO DI IDEALISMO EMO, 40 MILA PAGINE PER ESERCIZIO DI IDEALISMO EL 1918, un ragazzo di diciassette anni, ricco e di nobile famiglia veneta, assiste a Roma alle lezioni di Giovanni Gentile. Inizia subito a scrivere un diario in cui annota con ordine maniacale le proprie considerazioni filosofiche, fino a costruire, in quattrocento grossi quaderni a righe, un sistema di pensiero piuttosto chiaro nelle sue ragioni, benché antisistematico nella forma. Stiamo parlando di Andrea Emo (1901-1983), e del suo fantastico lascito di quarantamila pagine: una «scoperta» di Massimo Cacciari, di cui da anni si stanno occupando Massimo Dona e Romano Gasparotti. Emo fu un filosofo dilettante: interruppe gli studi molto presto, senza neppure SUPREMAZIA E MALEDIZIONE Diario filosofico 1973 Andrea Emo Cortina pp. 252 L 38.000 iniziare a scrivere la tesi di laurea, e per tutta la vita svolse unicamente l'attività di gentiluomo, tra le ville di Roma e del Veneto, dedito alla cura paziente della sua vastissima biblioteca. L'aspetto molto singolare di questa nitida biografia è che l'Emo, intento a riempire le sue quarantamila pagine, non parlava mai di filosofia, né dava pubblicamente segno di interessarsene. Taciturno per buona educazione e probabilmente per vocazione, evitava di stancare gli interlocutori e gli amici con le furibonde astrazio¬ ni a cui si dedicava solitario, nella noia dei lunghi pomeriggi patrizi. Il diario dell'anno 1973, pubblicato a cura di Gasparotti e Dona, con il titolo Supremazia e maledizione, dà testimonianza a quanto sembra di «un periodo particolarmente significativo, per ricchezza e maturità di pensiero» (cito dalle note di Gasparotti) nel percorso dell'autore. Ma il primo incontro con la prosa di Emo non è facile. Il sospetto di trovarsi di fronte a un buon numero di cianfrusaglie neoidealistiche attraversa il lettore sin dalle prime pagine, tutte infarcite di formule come «l'atto è diversità assoluta e insieme negazione di sé», «l'identico si trasfigura in diversità, rimanendo identico, [...] la sede deU'infinita diversità è l'uno, cioè la sua negazione, cioè la sua identità...». La straordinaria esperienza di questa vita pensata, e di questo pensiero per sola scrittura, lascia però intuire che c'è qualcosa di più. L'idealismo di Emo non può essere interpretato come esercizio di sadismo sistematico a carico di studenti universitari, né come vendita di fumo a scapito di ingenui (essendo per l'appunto in ogni aspetto gratuito): deve dunque essere il risultato di un'esperienza più profonda, l'espressione di una necessità che appartiene al modo stesso in cui tale pensiero è stato concepito e sviluppato. In effetti, se per lo più l'autore sembra prigioniero della filosofia incontrata da ragazzo (l'idealismo è un labirinto che a ogni svolta di corridoio dà l'illusione di trovarsi già all'uscita, ma che invece è senza sbocco), a tratti ci si imbatte in una vera e propria fuga dalla speculazione, da cui si vede che la vera vocazione di un idealista onesto è necessariamente benché contro ogni aspettativa l'uscita dalla filosofia. Così cogliamo forse almeno un aspetto del caso-Emo. Questo pensiero che non ha ancora trovato la sua forma esita di fatto tra l'iterazione di vuoti e disperati tautologismi (l'io che non è se non differente da sé e dunque non è effettualmente altro che il nulla, e il nulla che non è nulla ma è solo atto puro del negare, pura autonegazione, ecc.) e l'evocazione di un mondo figurale, dove la riflessione trova pace nel mito e nel sogno. Scrive Emo: «Sorge un pensiero pieno di inconfessabile nostalgia per un mondo di favole e di miti, si riconoscono ovunque dei simboli; [...] la lunga guerra tra Occidente e Oriente, che forse ora ricomincerà, si placa in questi simboli, si placa nell'eco di meravigliosi racconti». Franca D'Agostini SUPREMAZIA E MALEDIZIONE Diario filosofico 1973 Andrea Emo Cortina pp. 252 L 38.000

Persone citate: Andrea Emo, Dona, Gasparotti, Giovanni Gentile, Massimo Cacciari, Romano Gasparotti

Luoghi citati: Roma, Veneto