ECHENOZ: ELOGIO DELLA FUGA di Giovanni Bogliolo

ECHENOZ: ELOGIO DELLA FUGA ECHENOZ: ELOGIO DELLA FUGA UN ANNO ean Echenoz traduzione di di Andrea Canobbio Einaudi pp. 70 L. 14.000 EDELE alla sua abitudine di cambiare registro e genere ad ogni nuovo libro, Jean Echenoz si cimenta stavolta col récit: poco meno di settanta pagine di nitida e algida scrittura per scandire le tappe di un anno di fuga e di degradazione. A fuggire, per una istintiva reazione di prudenza, è la giovane Victoire un mattino di febbraio in cui, al risveglio, scopre il suo compagno Felix morto accanto a lei. Della sera prima non ricorda niente né si preoccupa molto di ricordare: vuole soltanto non restare coinvolta in una situazione sgradevole, forse anche pericolosa, e prima di sera, salendo sul primo treno in partenza, si ritrova nell'estremo Sud-Ovest della Francia, a Saint- Jean-de-Luz. All'inizio fa di tutto per passare inosservata: affitta una casa isolata, paga in contanti, conduce una vita solitaria, nelle sue caute passeggiate sta perfino attenta a schivare gli obiettivi delle macchine fotografiche dei rari turisti. Di Felix i giornali non parlano, ma sulle indagini, che non sembrano formalmente riguardarla, la tiene informata un amico, Louis-Philippe, che riesce misteriosamente a scovarla e le fa delle inopinate e fugaci visite. Quando le sembra di poter allentare le precauzioni, un amante occasionale le ruba i risparmi e si trova costretta, per paura e per necessità, a lasciare quel primo tranquillo rifugio. Rassegnata ma meticolosa, si compra una bicicletta, una borsa e una carta stradale e comincia a tessere una fitta rete di spostamenti per tutta la regione, dormendo in alberghetti sempre più squallidi, poi in ricoveri di fortuna, infine all'aperto. In breve, finiti anche gli spiccioli e rimasta senza bicicletta, si unisce ai barboni della stazione di Tolosa adeguandosi a vivere come loro di indolenze, espedienti, piccole ruberie. Dalla vita borghese all'abbrutimento e all'emarginazione il percorso è stato rapido e lineare. L'esatto contrario di quelli, tortuosi e fantasiosi, che, in omaggio di volta in volta a Dashiell Hammett, Conrad o Le Carré, Echenoz era solito raccontare. Qui modelli letterari se si esclude un'eco del Kafka della Metamorfosi nell'incipit - non se ne avvertono, definitivamente metabolizzati nella ormai riconoscibile maniera dello scrittore o mascherati dal ritmo di incalzante inesorabiUtà della narrazione. Anche ridotta a queste proporzioni minimali di estrema castigatezza ed essenzialità, la scrittura di Echenoz conserva intatta - anche in traduzione, per merito di Andrea Canobbio - la sua elegante spigliatezza e i suoi caratteristici vezzi: indugio su dettagli apparentemente incongrui, come le diverse marche delle palline che, da un attiguo campo da golf, vengono a finire attorno alla casa di Victoire, le tipologie dei clienti abituali di uno degli alberghi in cui trova rifugio o i ninnoli e gli adesivi che distinguono le tante macchine che le danno un passaggio; profusione di similitudini folgoranti, treni che scivola- no «come se spuntassero da cassetti frigoriferi, un'etichetta all'alluce», uccelli anonimi che popolano senza convinzione un monotono paesaggio come «comparse sottopagate» o il boulevard Arago «che in ottobre assomiglia all'immagine dell'autunno in un vecchio sussidiario», con le castagne che «rimbalzano sulle automobili come palline da golf in negativo»; considerazioni fulminee e rivelatrici, infine, sui petti imponenti («alcuni zavorrano e altri sollevano, sacchetti di sabbia o palloni di elio»), sulla solitudine («di solito si esce da un ristorante per rientrare a casa, uscirne per non rientrare da nessuna parte significa trovarsi doppiamente fuori»), sul bisogno di fuga («Se non ci perdessimo, saremmo perduti»). Per una volta, anzi, tanta raffinatezza stilistica e compositiva non sembra profusa al solo scopo di costruire una perfetta quanto vuota macchina narrativa: Un anno è - o sembra - un romanzo sulla solitudine, sull'emarginazione e sul diaframma sottile che le separa dalla vita cosiddetta civile. Fino all'ultima pagina almeno, quando Echenoz, con una geniale, imprevedibile trovata, salda, con dirompenti effetti retroattivi, il suo debito con la libera fantasia. Giovanni Bogliolo Lo scrittore francese Jean Echenoz UN ANNO ean Echenoz traduzione di di Andrea Canobbio Einaudi pp. 70 L. 14.000

Luoghi citati: Francia, Tolosa