PICCOLO: ADDIO SOGNO COLLETTIVO di Sergio Pent

PICCOLO: ADDIO SOGNO COLLETTIVO PICCOLO: ADDIO SOGNO COLLETTIVO E SE C'ERO, DORMIVO Francesco Piccolo Feltrinelli pp 169 L. 22.000 E SE C'ERO, DORMIVO Francesco Piccolo Feltrinelli pp 169 L. 22.000 EL compendio della mia vita forse non avrei riconosciuto nessun giorno determinante». Questa, in sintesi, la presenza discreta e appartata di un ragazzo qualunque, maturato in sordina osservando le esperienze degli altri, soprattutto dei compagni più grandi e «vissuti». E' la storia di uno che rischia l'anonimato perché la società ha tempi troppo veloci e la palma della vittoria spetta sempre agli avventurieri. Non è certo il ritratto sconfortante di un perdente, ma di qualcuno avviato senza troppi rimpianti verso una rispettabile vita di riserva. Eppure passa la corrente degli anni di piombo - sotterranea, confusa - in queste pagine incollate insieme con una certa astuzia da Francesco Piccolo, al suo primo romanzo dopo la bella esperienza delle Storie di primogeniti e figli unici. Ma è una corrente che scivola oltre le faccende private dell'io narrante, cattu- W ' Francesco Piccolo rato piuttosto da sensazioni indefinibili e da innamoramenti impossibili, perso in un tormentato rapporto con la sua stessa generazione, quella che assistette - adolescente - alla notizia ferale della strage di Bologna. Dai ricordi d'infanzia - il nonno prima solido amico e poi larva consunta nel letto della fine, la brillante Fiat 125, l'eco degli incidenti del '69 con l'incendio del Catasto - fino alla consapevolezza che la storia di quegli anni la stia scrivendo qualcun altro, il narratore ripercorre le tracce di una sconfitta indefinita, che pure, in qualche oscuro modo, deve essergli maturata dentro. Lui c'era, c'è stato, ma forse - come suggerisce nel titolo - dormiva, mentre attorno le scelte venivano compiute senza interpellarlo. L'unico ricordo netto e preciso, da cui parte tutta la faticosa ricostruzione degli eventi, è quello del motorino prestato al grande Dario Contini, leader del Collettivo studentesco, un remoto giorno in cui la polizia arrestò il compagno Di Costanzo, più per creare un esempio «adulto» che per accalappiare un improbabile ribelle. Partendo da Dario - il mitico promotore delle rivolte al liceo - il racconto trova un suo sbocco frugando nelle sensazioni più che nei fatti. Il narratore rievoca ciò che forse avrebbe voluto essere, ma per superficialità o indifferenza non è mai stato: sicuro di sé, vincente, soffocato da donne innamorate. Ama Claudia, la compagna senza legami che tuttavia è sempre di qualcun altro. Crede di averla posseduta, per un tempo di saluti, telefonate e confidenze adolescenti, ma si rende conto che Claudia appartiene a se stessa, o forse solo a Dario. Quando quest'ultimo viene ferito gravemente dai fascisti durante un volantinaggio, l'io narrante vorrebbe correre all'ospedale sognando che Claudia si getti tra le sue braccia per cercare un conforto virile. Ma sono i fatti a correre, e lui li guarda andar via. Così rimane quell'ultimo canestro di una importante partita di basket, il canestro vincente dopo il quale si abbandona ad un pianto che fa scivolar via, in pochi istanti, tutte le occasioni mancate della sua prima, timida giovinezza. Dario lascia gli studi e va lontano per cercare pace e lavoro, e il ragazzo appartato che non ha mai osato parlargli - neanche per dirgli che quel giorno di lotta il motorino prestato era il suo - decide di scrivere la sua storia, che è poi questa specie di affannosa, titubante autobiografia. Scorrono anni recenti, in queste pagine ricche della materia grezza dei ricordi, ma è come se la memoria avesse scelto i suoi istanti ideali, e solo quelli, da cui partire per cercare la spiegazione di un'assenza. Del protagonista, ma anche di quanti, uniti nella confusione di un sogno collettivo, hanno poi svicolato in strade secondarie. Persi, come si perde quel gran mare in ebollizione della giovinezza, quando ci si rende conto che, potendola vivere di nuovo, ne saremmo finalmente protagonisti: ma più la vita corre, più si tenta di ricomporne i tasselli e più se ne saltano. Senza poterci fare nulla. Sergio Pent

Persone citate: Dario Contini, Di Costanzo, Francesco Piccolo, Persi

Luoghi citati: Bologna