LO SCACCO DI LOURDES

LO SCACCO DI LOURDES LO SCACCO DI LOURDES L'esordio di Rosa Matteucci: rumanità infetta si trasfigura nella miserabilità del Dio crocifisso LOURDES Rosa Matteucci Adelphi pp. 131 L 22.000 Si legge Lourdes sulla copertina, e vien subito da chiedersi se questo primo romanzo di Rosa Matteucci stia dalla parte di Zola o dalla parte di Werfel, del miscredente padre del naturalismo o dell'ebreo convertito dalla santità di Bernadette. E' la pressione delle idee ricevute, tanto più che sull'argomento, che io sappia, si sono esercitati, contro legioni di agiografi, soltanto quei due narratori di spicco. Fortunatamente questo libro non ha nulla da spartire con loro, la sua originalità pesca semmai, come vedremo, in tutt'altra cultura, da riferire alle origini umbre della scrittrice. Il viaggio di Maria Angulema verso la città delle apparizioni e dei miracoli avviene all'insegna del comico che si inasprisce in grottesco. La giovane donna è erede di una famiglia nobiliare impoverita, si è diplomata alla London School of Economics con b di di i a dissolvere la sua rabbia e la sua miseria, ma la scoperta, contro ogni mistificazione o apparenza, di una dolorante umanità, capace a tratti di gentilezze inaudite. Sono fiammelle nel buio (nella notte oscura?) che si assiepa intorno a lei. Nell'innamoramento, e ancor più nel suo bacio al «lebbroso», è prefigurato l'incontro che avverrà durante il bagno nella piscina, la mistica pioggia che la inonda, riscattando a usura il tempo dell'abbandono. E' l'incontro con un padre e uno sposo, una illuminazione che sembra sfociare misteriosamente dal fiume infetto del suo pellegrinaggio. Agli occhi di Maria si svela infine lo stratagemma divino, che si è servito della morte di suo padre per sciogliere il velo di una ignoranza che nasce soprattutto dalla mancanza di carità. Per donarle, prima di tornare nell'invisibile, «la decimaquinta stazione della vita», un presagio di resurrezione. Questo Lourdes è un romanzo assai notevole, di costruzione impeccabile, di lingua precisa, disinvolta e viva, intarsiata, sul versante comico-realistico, di saporose locuzioni centroitaliche. Ma l'inconsueta audacia con cui viene affrontata la tematica religiosa viene da più lontano. La spiritualità che non rilutta dal sangue, dallo spurgo di umori impuri, dal disfacimento, fa venire in mente l'esperienza impavida dei mistici (delle mistiche) fioriti sui colli dell'Umbria, che si sono confrontati con la miserabilità del Dio crocifisso. Lorenzo Mondo poverita, si è diplomata alla Luna borsa di studio. Come mai ha deciso di improvvisarsi dama di carità su un treno di pelegrini? Non è mossa da sentimenti di persuasa religiosità o di altruismo. Tutto le ripugna, a partire dall'uniforme, dalla scuffia di «cuoca demente» che mprigiona i suoi capelli color mogano. Detesta i malati veri e finti, piccola gente che proviene dalle campagne dell'Umbria e del Viterbese, greve di fisicità, portata a una fede superstiziosa e distratta. Favorisce la malevolenza delle «sorelle» con le sue repulsioni e sprovvedutezze. Bisogna sapere che Maria si è risolta all'impresa per la morte del padre «in seguito» a un incidente d'auto: prima lo schianto e poi, nell'ospedale, la trascuratezza colpevole dei medici. Insieme al desiderio acuto di automortificarsi, di intensificare il lutto, agisce in lei il proposito di una sfida: chiedere conto a qualcuno - e a chi se non alla presunta Madre di tutte le grazie? - di quella fine insensata e atroce. Nel lento cammino del treno affollato, nei centri di accoglienza della città-santuario, nelle cerimonie di veglia e preghiera delle moltitudini intorno alla grotta di Massabielle, Maria ha l'impressione di pre- // viaggio dì Maria Angulema verso la città delle apparizioni e dei miracoli: comico, grottesco, infine aperto al misticismo cipitare in un mondo senza luce di riscatto. Vecchie laide e dispettose, giovinezze stravolte ed ebeti (come la vaticinante «Samantha col tiacca»), preti esaltati. Due orrende fantesche sembrano uscite, «con cento anni di ritardo, da un romanzo di Zola». La marchesina si trova oppressa da infermità e deiezioni, bruttezze e stupidità, su cui aleggiano tanfo e clamore. Rosa Matteucci racconta con una icasticità tanto più crudele perché beffarda la lunga marcia della sua eroina verso l'avvilimento estremo. La stanchezza, il disgusto, le afflizioni stesse del mestruo, il disinganno (non riuscirà mai a Rosa Matteucci intrattenersi a tu per tu con la Signora della grotta) finiscono per accomunarla nella sciatteria e nella derelizione alle turbe dei suoi pellegrini. E' allora che dal tronco informe di un giovane barellato scocca un sorriso, quasi un richiamo di complice tenerezza, che le procura una gioia tumultuosa e la induce al bacio incredibile di quella bocca bavosa e scempia. Oppure è il bellissimo barelliere muto che, incarnando il fidanzato lungamente atteso, si precipita a soccorrerla durante uno svenimento, sollevandola in alto sulla folla. Non sarà la preghiera o il contraddittorio con la Vergine

Persone citate: London, Lorenzo Mondo, Maria Angulema, Rosa Matteucci, Werfel

Luoghi citati: Umbria