«Vìsite blindale con i fiali? Meglio morire» di Vincenzo Tessandori

«Vìsite blindale con i fiali? Meglio morire» Savona: gli erano consentiti incontri solo alla presenza di un'assistente sociale e di un carabiniere «Vìsite blindale con i fiali? Meglio morire» II suicidio, ultimo atto di un papà separato CAIRO MONTENOTTE (Savona) DAL NOSTRO INVIATO Perché un uomo decide di uccidersi? I motivi sono un milione. Forse perche un certo giorno teme di non farcela più, perché il mondo gli crolla addosso e lui si rende conto di essere incapace di una reazione, ormai vinto. 0 perché trova ostile l'intero creato. Oppure si accorge di non aver più niente da spartire con gli altri, di essere rimasto solo, maledettamente solo. Giovanni Mansella si è ammazzato l'altro giorno con i barbiturici in un appartamento di una casa popolare dove ti aspetti che tutti si conoscano e invece non si conosce quasi nessuno. A Cairo Montenotte, non nella sterminata New York. Aveva 45 anni e le spalle piegate dal peso delle sconfitte. «Sono solo e devo lottare contro cose più grandi di me», aveva confidato un giorno. Dice la canzone: «Quando si muore/ si muore soli», e lui era un uomo solo. Solo, anche se aveva quattro figli ed era stato sposato due volte e per due volte sulla sua storia era stata scritta la parola «fine» e lui non aveva più nessun diritto, neppure quello di vedere in serenità i più piccoli, che hanno 5 e 8 anni e forse ancora non hanno capito la ragione per cui a lungo avevano dovuto incontrare il padre sotto gli occhi vigili di un'assistente sociale e di un carabiniere in divisa. Nei floridi Anni Sessanta era salito a Torino da Bisacquino di Palermo accompagnato da chissà quali speranze, certo dalla voglia di fare comunque qualcosa di concreto. Era uno al quale la fatica non aveva mai fatto paura: fotografo abile, se il mercato dell'immagine appariva depresso, lui cercava altro. Operaio, manovale, fornaio, quello che trovava. Si era sposato, aveva avuto una figlia, oggi venticinquenne. Non era durata, nessun motivo preciso, inutile cercare colpe e ragioni, semplicemente il matrimonio era finito in pezzi. Certo, lui che non era mai stato un tipo troppo allegro, ne aveva sofferto. Ma aveva reagito. Nuovo matrimonio e un altro figlio seguito, dopo diversi anni, dagli ultimi. Avevano lasciato Torino, quasi otto anni fa, e abitavano a Cairo, in uno stabile d'inizio secolo, in via Indipendenza, davanti alla stazione di San Giuseppe e lui diceva che lo sferragliare dei treni gli faceva compagnia. Poi, un giorno, era stato colto da un aneurisma, se l'era cavata ma erano rimaste tracce profonde, dicono ora i medici. Era diventato un invalido e lui l'aveva presa male, si era ancora di più chiuso in se stesso. Aveva dovuto lasciare il lavoro in un forno di Ventimiglia, ed era stata un'altra sconfitta. Ancora una volta il mondo gli aveva sbattuto la porta in faccia. E dopo anni più o meno sereni anche quel matrimonio era naufragato. Un giorno era rincasato e non aveva più trovato nessuno. «Se ne sono andati tutti, lei, i figli e pure i mobili». Poi, più o meno un anno fa, proprio alla stazione di Cairo, si era imbattuto nella moglie. Aveva accanto un uomo e lui credette fosse il rivale. Urlò, scongiurò, pregò. E minacciò. «Ammazzo i piccoli eppoi mi ammazzo io». Fu udito da un carabiniere che fece un rapporto. Così, il Tribunale dei minori di Genova decise per la prudenza: Mansella i figli avrebbe potuto vederli ma soltanto in presenza dell'assistente sociale e di un gendarme. «E' un'ingiustizia. Sono stato privato di un diritto costituzionale». Aveva lasciato la casa primo Novecento per due stanze e servizi al secondo piano del condominio Gramsci, che è un po' fuori dal paese, oltre la statale, dove comincia il colle. Vedere i figli sotto gli occhi di quei due lo mandava fuori dalla grazia di Dio. Ma sembrava accettare tutto perché non voleva correre il rischio di non rivedere i bambini. «Va a finire che faccio qualcosa di grosso», confidava con la sua voce profonda a qualche conoscente. E «qualcosa di grosso» lo combinò, un anno fa, che l'autunno era appena cominciato: fece lo sciopero della fame per dieci giorni eppoi tentò di ammazzarsi con le pastiglie. Lo portarono in tempo all'ospedale, ma lui si convinse che ancora una volta gli fosse andata di peste. Eppure, dopo la separazione, il tribunale aveva deciso che quell'uomo non era poi così pericoloso e, dunque, la presenza del gendarme appariva superflua. L'assistente, no, era indispensabile perché altrimenti nessuno avrebbe portato i piccoli a casa. «Non ce la faccio più. Mi accorgo che tutto è inutile e qualche giorno farò qualcosa di grosso». Erano sempre più frequenti i periodi di depressione. «Non si può capire la ragione per cui uno decide il suicidio se non si conosce tutta la sua storia», osserva il criminologo Adolfo Francia, che insegna a Pavia ed abita a Cairo. La storia di quest'uomo solo sembra un libro aperto. Lui pareva schiacciato dal timore che per qualche ragione gli impedissero di vedere i figli in quell'unico giorno della settimana. Il merco¬ ledì era sacro. Aspettava tutta la mattina, contava le ore, si preparava all'incontro. I bimbi arrivavano puntuali, dopo la scuola. Ombre all'orizzonte non pareva ce ne fossero, ma lui le vedeva. E tremava. Ogni tanto diceva di voler reagire: «Vado io in tribunale, vedremo come finirà questa storia». E se non lo avessero ascoltato i giudici, sarebbe andato alla Televisione: «Da Costanzo, ecco dove andrò, e mi sentiranno tutti». Ma poi quasi aveva paura ad uscir di casa. E l'altro giorno si è convinto che non avrebbe mai vinto. Ha scritto tre lettere ai figli eppoi, ha aperto un flacone di Gardenale e uno di Tegretol, barbiturici che è possibile acquistare solo con una ricetta «non ripetibile». Ma una scatola basta, per quello che aveva in mente Mansella. Lui si è disteso sul divano, lì nel salottino, e ha aspettato. Anche l'altro giorno l'assistente sociale è stata puntuale. Ma la sua scampanellata non ha avuto risposta. Eppure, per Mansella l'appuntamento era come un punto d'impegno, non l'aveva mai mancato. Quando i carabinieri e i vigili del fuoco hanno forzato la porta, lo hanno trovato, le braccia spalancate, gli occhi socchiusi. Ora il magistrato, Vincenzo Scolastico, procuratore di Savona, ha deciso che venga fatta l'autopsia, ma ormai 10 hanno capito «che un uomo è morto/ senza pregare/ fuggendo 11 peso della pietà». Vincenzo Tessandori Un anno fa dopo aver incontrato l'ex moglie con un altro aveva minacciato di ammazzare i bimbi e poi di uccidersi Da quell'episodio la decisione di sottrargli i piccoli Sopra Giovanni Mansella e la casa in cui abitava a Cairo Montenotte

Persone citate: Adolfo Francia, Giovanni Mansella, Gramsci, Vincenzo Scolastico