«I figli degli immigrati devono essere italiani»

«I figli degli immigrati devono essere italiani» La neo ministra per le Pari Opportunità Laura Balbo: prendiamo esempio da Bonn «I figli degli immigrati devono essere italiani» INTERI ERVISTA UN PROGETTO CONTRO IL RAZZISMO LROMA AURA Balbo, sociologa e neo-ministro per le Pari Opportunità, ha alle spalle numerosi studi sulle diseguaglianze ed il razzismo in Italia. In particolare due libri, scritti a quattro mani con il leader dei verdi Luigi Manconi all'inizio degli anni '90, affrontano la questione-immigrati, affermando la necessità di «ipotizzare un sistema di diritti equivalenti» anche su temi snottanti come la cittadinanza. Nella sua prima intervista da ministro conferma di non aver cambiato opinione. Ora che è diventata ministro come intende affermare i «diritti equivalenti» di cui tratta nei suoi libri? «L'equivalenza dei diritti è un concetto fondamentale. Anche se nell'Italia di oggi forse è più giusto parlare di opportunità equivalenti per chiunque vi risiede, sia italiano o meno». Di che cosa stiamo parlando, può fare degli esempi? «Bisogna intendere "opportunità" nel significato anglosassone del termine. Equivalenza significa considerare ciò che è giusto non solo per noi ma anche per gli altri, per chi ha identità diverse. Penso ad esempio alla questione linguistica. Certo l'Italia non è il Canada, dove storicamente convivono due idiomi con pari dignità, ma è pur vero che nel nostro Paese esistono ben 70 minoranze linguistiche. E ciò significa che non siamo, come potrebbe superficialmente apparire, una monocultura. Siamo stati, e siamo ancora, un Paese di forte immigrazione». Proprio per rendere più uguali cittadini ed immigrati lei propose ne «I razzismi possibili» di ripensare il concetto di cittadinanza... «L'idea di cittadinanza oggi è molto meno, rigida che in passato e continua a modificarsi. Basti pensare che al momento in Italia, come in Europa, esistono tre livelli diversi di cittadinanza: i cittadini pieni; gli inseriti nel tessuto produttivo ma senza diritto di voto, come nel caso dei milioni di turchi presenti in Germania; gli esclusi ed i disperati. Pensare di escludere dall'idea di cittadinanza una sola di queste tre fasce negherebbe la realtà». In Germania l'Spd ed i Verdi hanno raggiunto un'intesa sulla proposta di rivedere al Bundestag la legge sulla cittadinanza, rendendo automatica la sua applicazione anche per i figli di immigrati legali. Condivide questa importazione? «Senza dubbio. Per la Germania si tratta di passo di grande importanza. Da anni in Germania i figli degli immigrati erano costretti a vivere ai margini della società senza poter godere di pali opportunità rispetto ai loro coetanei più tedeschi di loro solo perchè figli di tedeschi. Assegnare la cittadinanza in base allo "jus solis", cioè al luogo dove si nasce, è un concetto molto avanzato che distingue Paesi formatisi grazie agli immigrati, come ad esempio è il caso degù Usa». Sarebbe favorevole ad applicare lo «jus solis» anche in Italia, dove invece vige ancora lo «jus sanguinis» e la cittadinanza dei figli dipende dal passaporto dei genitori? «In Italia stiamo andando in questa direzione. Il dibattito, il confronto sono andati molto avanti. Per ora ci sono sul tappeto delle proposte interessanti come quella del ministro Livia Turco, che prevede al compimento del 18° anno di età la possibilità di optare per la cittadinanza di uno dei due genitori o per conservarle entrambe». Farà sua questa proposta? «Vede, la doppia cittadinanza riconosce un dato di fatto incontestabile: i cittadini sono mobili, si spostano, immigrano e tornano indietro. E' finito il periodo della staticità delle popolazioni. Oggi si appartiene a più mondi, non ad uno solo. E la legge deve consentire ad ognuno di avere la pari opportunità di poter tornare indietro». Lei in passato è stata molto critica nei confronti degli accordi di Schengen sulla libera circolazione in Europa. Li defini uno dei pilastri di una vera e propria «Fortezza» che escludeva i più... «E' vero, il termine escludere mi fa venire in mente i paesi come la Svizzera che durante l'ultima guerra mondiale rimandavano indietro gli ebrei perseguitati. O le frontiere bindate sullo Stretto di Gibilterra e al confine fra Usa e Messico. Ma oggi l'area di Schengen per l'Italia non è più una prospettiva, ma una realtà. Metterla in discussione porrebbe un grave problema politico. Dobbiamo raccogliere ed affrontare il problema causato dall'escludere gli altri nella nostra società senza mettere in discussione gli accordi internazionali ed europei di cui siamo parte». Maurizio Molinari 6ii Assegnare la cittadinanza in base al luogo dove si nasce è un concetto molto avanzato che distingue i Paesi formatisi grazie agli stranieri, come negli Stati Uniti mm FONTE: Il Sole 24 ore Le persone sono mobili, si spostano immigrano e poi tornano indietro E'flnito il periodo della staticità dei popoli j i| fi£ Sul tappeto la proposta che prevede al compimento dei 18 anni la possibilità di optare per la nazionalità di un genitore o entrambe■■ UNA SVOLTA Al PRIMI PASSI ANNO TOTALE NASCITE NATI DA STRANIERI % SUL TOTALE 1994 536.665 8028 1,5 1995 526.064 9051 1,7 1996 536.740 10.820 2,0 [1649 CULLE MULTIETNICHE LE NASCITE DEGLI STRANIERI NELLE GRANDI CITTA' [DATI 1997]* Ol298 MILANO BOLOGNA FIRENZE * ALMENO UN GENITORE STRANIERO TORINO GENOVA ROMA

Persone citate: Balbo, Laura Balbo, Livia Turco, Luigi Manconi, Maurizio Molinari