La «prova generale» del maturando premier di Paolo Guzzanti

La «prova generale» del maturando premier La «prova generale» del maturando premier Ri ICONOSCIUTO poi in Rocco Buttiglione un suo antico compagno, lo ha preso per la collottola e ne ha strapazzato il viso di affettuosi pizzicotti. In aula, all'inizio della seduta, la scena è stata rubata dalla povera ministra Balbo, quella col golfino per tutte le occasioni {e per l'occasione di ieri il golfino era giallo-zabaione) rimasta vergognosamente in piedi perché le poltrone da ministro erano esaurite, valendo la legge di chi primo arriva. Anche la Melandri, bella e veltroniana com'è, ha chiesto posto per sedersi: per lei tutti quei maschi maschilisti si sono alzati, alcuni deponendo persino la giacca in terra, a coprire la pozzanghera che non c'è. La sociologa che scrive in doppio con il Verde Manconi e che ora vigila sulle Pari Opportunità, è rimasta in piedi fino a quando Edo Ronchi, educato ambientalista, si è alzato per cedere il posto all'amareggiata signora: sospiri di sollievo sulle tribune, commenti in aula. Troppi ministri, poche sedie, questa è la verità. E infatti. Infatti, il ministro della Difesa Carlo Scognamiglio e la ministra sociale Livia Turco, consapevoli dell'infelice rapporto sedia/dicastero, hanno preferito disdire l'invito. Chi dice che sono andati a una scampagnata ai Castelli, chi a mangiare da Cencio alla Parolaccia, un esclusivo club di Trastevere. Altro elemento di distrazione vagamente eccentrica nel giorno in cui l'alunno D'Alema dava la maturità democratica nella storica giornata del 22 ottobre (ormai da anni dobbiamo subire decine, centinaia di evf^^«pri«^4&eo8e mai^yiste) era il dottor ingegner Romano Prodi, da Bologna. Questo illustre coltivatore di olive era ormai preda di una curiosa sindrome di identificazione con le vignette che lo hanno finora illustrato. Sicché con smorfie, boccucce e boccacce sottolineava o dissentiva da ciò che il maturando andava esponendo alla platea, oppure roteava i suoi begli occhi bruni ed era insomma sommamente irrequieto sembrandogli un brutto sogno da cui risvegliarsi, quella nuova posizione sui banchi degli altri alunni normali, privo dello scranno di primo ministro sul quale fino al nove ottobre si trovava e si trovava benissimo. Alzatosi in piedi per rispondere anzi all'ovazione chiamata dallo stesso D'Alema, il prode Prodi è apparso finalmente bello, eretto, il capitano di una nave già affondata che risponde con secchi gesti marinareschi - siamo in regata - agli altri capitani, alle ciurme, persino ai mozzi. Soltanto quei mascalzoni dell'opposizione, anziché commuoversi e sollevarsi unìsoni, ghignavano a bella posta, o si raccontavano storielle scollacciate e si davano di gomito. L'onorevole Silvio Berlusconi, trasformatosi in metronomo per uno strano tic del suo corpo abbandonato da una mente concentrata e svagata, tambureggiava le dita a tempo con la scansione oratoria del candidato primo ministro, abbandonandosi alla natura ondosa del discorso. Il candidato psta affronta on rifiuto di bilità in noi,» esto diàlogo e, collocata e di parlare (Aldo Moro) intanto non faceva che scusarsi: sau.gvd di averla fatta un po' grossa, ma ripeteva ossessivamente di non aver violato le regole e comunque apriva, spalancava porte al confronto, alla collaborazione, alla comune conoscenza. E rivolgendosi al leader di Forza Italia chiedeva: ma come, onorevole, non mi riconosce? Abbiamo fatto la Bicamerale insieme, abbiamo costruito, fatto, disfatto, riso e pianto insieme, abbiamo coltivato speranze, progetti, persino ideali. E adesso Cavaliere lei mi canticchia «Que reste-til?». Non posso crederlo. Io spero nel dialogo. Un dialogo aperto, vasto, profondo, tondo o quadrato non importa, ma I-con tutti. (Con lei,.-.onorevole Berlusconi, ma anche con Bossi, e la Lega. Come non ricordare la celebre serata delle sardine, quando io, l'onorevole Bossi e l'onorevole Buttiglione, nella squallida e disadorna casa romana del senatùr, progettammo il ribaltone mangiando pan carré ammuffito e le famose sardine sott'olio? Parlava con cuore nobile e volto aperto, l'onorevole candidato e maturando Massimo D'Alema. Ma i banchi leghisti erano quasi vuoti. C'era sì, come piantone, il Maroni che faceva scattare la biro su e giù, su e giù, su e giù. E accanto a lui un signore i polsini verdi, colletto verde, faccia verde, cravatta verde, naso verde, occhio verde. Era verde anche nell'animo, ma quanto al resto, non un celtico, non un kilt o una coperta scozzese, che so: un coro di montagna. Il deserto, percorso a passi lunghi e pensosi dall'onorevole Borghezio che si avvale anche della protezione del Wwf. Quanto a Bertinotti, quell'infame, lo aveste visto, ride¬ va. Ridacchiava. Prendeva appunti. Ma erano finti. Faceva pailiai>-f^ccette, cerchietti. E rideva' davanti all'esposizione del collega D'Alema che gli rimproverava, non foss'altro che per le forme, una certa maleducazione: ma come? tu fai questo casino, spacchi tutto, fai piangere Romano Prodi (la telecamera mostra l'ex presidente del Consiglio che si agita con microscatti nervosi), ti fai anche spedire nel gruppo misto con la riserva indiana, e poi non mi mandi una cartolina, una telefonata (che ti costava?, dice D'Alema) mentre le destre mi attaccavano? Però, anche per lui, se vuole tornare indietro, purché si ribecchi la Finanziaria-chenon-si-tocca, porte aperte. D'Alema, l'abbiamo detto, era ieri afflitto dalla raucedine tipica di chi ha fatto a botte urlando per una nottata. Ma aveva giustamente assunto il tono di chi ha un po' di mal di gola per un colpetto di freddo. Il candidato D'Alema non litiga, ragiona. Non affronta una turba di scalmanati che vogliono un posto da ministro, faccendo le tre di notte con orde di democristiani, socialisti, comunisti di due parrocchie e mezzo. No, nulla di tutto questo. Lui, semmai, aveva fatto un po' tardi per finire il celebre «Lo Zen e l'arte di comporre un governo», Cencelli editore. Il tono del maturando era insomma alto, composta la persona e di un certo decoro ciceroniano il suo dire. Ha creato una derivazione progressiva dell'hegelismo, complice Cossiga: tesi e antitesi (i duo, poli) se ne, stanno insieme al governo e aTsbwogowrrio, aspettando che le contraddizioni future scoppino. La dialettica in un solo gabinetto è anche una provocazione per i trotzkisti, che la vorrebbero esportata seguendo la loro nota linea entrista. Dunque il candidato ha prospettato una realtà che è tutta racchiusa in un governo che contiene in sé tutte le domande e tutte le possibili risposte, il passato e il presente, ma sempre con l'occhio inchiodato al futuro. La destra, sgangherata come sempre, illitterata e materiaIona, non capiva, lanciava aeroplanini di carta e incideva modeste oscenità sui banchi di scuola. Quando il presidente Violante ha suonato la campanella, la seduta è stata tolta con gran vociare e nel Transatlantico si respirava finalmente l'aria di una nuova età, illuminista e cattolica, conservatrice ma progressiva, con il senso dello Stato e della regione, europea ma nazionale, s'intende, in senso buono. Paolo Guzzanti Troppi ministri, poche sedie a Montecitorio Eppure mancavano la Turco e Scognamiglio La maggioranza plaude Gelo nel Polo Semideserti i banchi dei leghisti Il banco del governo ieri a Montecitorio A sinistra: l'intervento di Massimo D'Alema f «IMA PAGINA

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